Quando si dice che l’Italia non ha niente da invidiare dai cugini di oltralpe, ci si riferisce proprio a tutto, non solo al vino e ai formaggi, ma anche a uno spietato serial killer, soltanto che quello francese è noto in tutto il mondo, mentre quello italiano, più in ombra, ve lo presentiamo noi.
Tutto ha ufficialmente inizio il 16 novembre del 1932 alla stazione Napoli Centrale. Sul treno proveniente da Torino Porta Nuova sono rimaste abbandonate due valige di pelle, quasi nuove e di ottima fattura. Secondo alcuni viaggiatori, le avrebbe portate a bordo un ometto sui cinquanta, pelato ma con la barba e forse anche gli occhiali, comunque un tipo comune come ne girano tanti, che poi sarebbe sceso dal treno dimenticando il bagaglio. Ma proprio perché le valige sono di pregio, e almeno una delle due sembra piena da scoppiare, non vengo portate agli oggetti smarriti ma se ne occupa direttamente la polizia. Una volta in commissariato uno dei due bagagli – quello più pesante – viene aperto, e immaginate le facce dei presenti quando dall’interno, avvolto da vecchi giornali e compattato da abbondante segatura, scivola fuori il tronco di una donna. Né braccia, né gambe, né testa. Solo il tronco.
Siamo in piena epoca fascista, e tutti sanno quanto poco il Duce apprezzi le storiacce di cronaca, i delitti efferati, i macabri risvolti che, secondo lui, tendono a creare emulatori, deprimono anche l’umore del popolo, senza considerare la brutta figura che fanno fare all’Italia fuori dai confini nazionali. Così, fin dal primo istante, l’imperativo è risolvere il caso quanto prima, e assicurare il mostro che ha compiuto quello scempio alla giustizia. Partono indagini serrate che già il giorno dopo danno un riscontro importante: alla Stazione di Roma Termini, in un bagaglio anch’esso abbandonato e portato all’ufficio oggetti smarriti, vengono rinvenute le parti mancanti del corpo di Napoli. Ora il cadavere c’è tutto, ma l’assassino?
A parte una sommaria descrizione, spesso anche contraddittoria, la polizia ha poco su cui indagare. Se non fosse che qualche tempo dopo il ritrovamento del corpo, una giovane domestica, tale Olga, non si ritrovasse tra le mani un vecchio giornale del padrone e finisse per leggere un articolo sul cadavere della stazione. A mano a mano che va avanti nella lettura, Olga si persuade che la descrizione della vittima assomiglia parecchio a quella di una sua amica che da un po’ di tempo sembra sparita. Si tratterebbe di Paolina Gorietti, napoletana, domestica anche lei, quarant’anni e nubile ma con una gran voglia di mettere su famiglia. E tale era almeno la speranza, che Paolina aveva preso a leggere gli annunci sentimentali che un tempo comparivano su tutti i quotidiani, precursori dei vari Meetic, Tinder o Badoo.
Olga, convinta di essere nel giusto, parla con i fratelli di Paolina, anche loro in ansia per la parente che ormai non sentono da un po’, e insieme vanno alla polizia. Lì Olga racconta che Paolina era rimasta particolarmente colpita da un certo annuncio: “Pensionato, 450 lire mensili, conoscerebbe signorina con mezzi. Preferibilmente cameriera, scopo matrimonio”, e che vi aveva risposto. Poco tempo dopo una Paolina raggiante aveva comunicato a Olga di essere in partenza con l’uomo da poco conosciuto – e di cui faceva nome e cognome – per andare a dirigere una pensione che lui possedeva. Insieme si sarebbero recati a La Spezia, ma da allora nessuno aveva avuto più notizie della donna. A seguito di tante dettagliate informazioni, la Polizia arriva in breve tempo all’individuazione del seduttore anche perché, Cesare Serviatti, così si chiama, ce l’ha per metodo quello di contattare donne nubili e solo utilizzando gli annunci sentimentali dei quotidiani.
Cesare Serviatti è nato a Subiaco il 24 novembre 1880 da genitori ignoti, e per tirare avanti ha svolto un po’ tutti i mestieri prima di scoprire l’ultima attività, quella su cui si sentiva portato fin da bambino quando ogni volta che uccideva qualche piccolo animale, annunciava che da grande avrebbe fatto il boia. E così questo “boia” nostrano ha scoperto come fosse facile colpire e guadagnare con la parte più debole e meno protetta della società, donne sole, di basso reddito, prive di una vera istruzione e magari senza parenti.
La polizia piomba a casa di Serviatti mentre lui cenava con la moglie, e lo arresta. L’uomo non tenta nemmeno di difendersi: sa che se sono arrivati a lui significa che il suo gioco è stato scoperto.
Così, decide di confessare i suoi misfatti ed è un fiume di orrori quello che travolge gli inquirenti perché Serviatti con Paolina non era al suo primo omicidio. Cacciato in giovane età da un ospedale dove lavora come infermiere perché ha la mania di maltrattare i pazienti, prova a lavorare come macellaio fino a quando conosce la vedova benestante Pasqua Bartolini Tiraboschi, 42enne di Genova, con cui va a gestire una pensione a La Spezia prima di decidere di ammazzare la povera donna intascandone l’eredità. Anche la Tiraboschi viene fatta a pezzi, molto piccoli, però, dispersi direttamente nello scarico del palazzo e così nessuno se ne accorge. Dopo la Tiraboschi, è la volta di Bice Margarucci, il cui corpo decapitato viene rinvenuto il 3 novembre del ’30, sul litorale romano tra Ostia e Santa Marinella. La Margarucci era appena tornata dagli Stati Uniti, probabilmente con parecchio denaro, quando sempre grazie al solito annuncio, Cesare l’aveva abbordata, strangolata durante un rapporto sessuale, poi sezionata, infilata in una valigia e gettata a Tevere da ponte Garibaldi, da dove la corrente del fiume l’aveva condotta al mare, per poi far spiaggiare i poveri resti non lontano dall’estuario.
Non basta. Serviatti confessa anche altri omicidi – almeno quattro – ma su essi non vuole dare nessun particolare e non è possibile chiarire i fatti e addebitarli all’assassino, per quanto reo confesso. Il processo nei confronti di Cesare Serviatti si celebra dal 14 giugno 1933 nel tribunale di La Spezia. Serviatti viene condannato per furto e rapina nei confronti della Gorietti -alla quale aveva rubato 2 mila lire in contanti – oltre che per i tre delitti certi e confessati. L’8 luglio 1933 viene anche condannato all’ergastolo per gli omicidi di Bice Margarucci e Pasqua Bartolini Tiraboschi, e alla pena di morte per l’assassinio di Paolina Gorietti. I tre gradi di giudizio si risolvono rapidamente. Cesare Serviatti venne giustiziato il 13 ottobre 1933, alle 6:25 del mattino, mediante fucilazione alla schiena. Vittorio Emanuele III aveva respinto la grazia richiesta.