“La Verità, Forse: L’approccio filosofico di Giancristiano Desiderio tra passione e metodo maieutico”

Giancristiano Desiderio, firma di numerose testate giornalistiche nazionali, tra cui il Corriere della Sera, nel suo saggio intitolato La verità, forse. Piccola enciclopedia del sapere filosofico dai Greci allo storicismo (Ed. Liberilibri), confeziona, con arte sartoriale, uno scritto prezioso, frutto di una passione e di un amore autentici per la pratica del filosofare. Uno studio che esibisce, in ogni suo singolo passaggio, un rigore procedurale d’impronta maieutica: un tentativo di liberare, e di ripulire, il giudizio, tanto proprio quanto altrui, da qualsivoglia pretesa dogmatica, totalitaria o necessitante tutele e legittimazioni provenienti da ambiti disciplinari altri.  Si tratta di una mediazione libera, potente e fragile nello stesso momento, giocata all’interno di possibilità e limiti storici, mettendo a tema due modelli alternativi e concorrenziali, cioè quello della “verità della necessità che nega, appunto, la libertà” e quello della “necessità della verità che per mettere in risalto la libertà creatrice dell’uomo pensa il concetto di verità come critica del potere”. 

L’autore respinge apertamente attribuzioni e definizioni ultime circa la natura della filosofia, ossia il desiderio e l’ambizione di attribuirle un grado di certezza assoluta, rendendola, di fatto, una copia sbiadita del procedere sistematico proprio dell’indagine scientifica moderna e contemporanea, assegnandole, di contro, un compito ben più nobile e urgente, cioè quello di stimolare l’umano al raggiungimento della propria autocoscienza, aprendosi al mondo nell’alterità. Un’autocoscienza, quindi, per nulla solipsistica e autoreferenziale, persino monadica, ma da intendersi, e da viversi, come una lenta, faticosa, e mai definitiva, contesa dialogica e dialettica con un essere che diviene incessantemente, costruendo relazioni e legami tra i molti (i singoli esseri) e l’uno che li abbraccia cronologicamente e spazialmente. Noi siamo il nostro non essere, abitando il non detto e avvertendo l’eco di decisioni passate, di uomini e pensieri, di idee e ossessioni, in grado di dare corpo e significato al dono della differenza: nella dipendenza, nella condizione di esseri distinti e determinati, si esercita l’unica libertà possibile e desiderabile, intendendo il “sapere, con buona pace degli ozi letterari, [quale] frutto della lotta e della conquista, come tutto ciò che di solido e duraturo si fa nella vita”. La filosofia, secondo l’autore, non deve confinarsi, più o meno consapevolmente e volontariamente, all’interno di accademie e università, lasciandosi assorbire dalle scienze sociali, condannandosi all’irrilevanza, snaturandosi, o tentando una fuga nel passato, cullando sogni e progetti metafisici e intellettualistici: urge sospettare della verità, del potere e del controllo, scommettendo su una nuova concezione dell’esistenza, “in cui l’uomo gioisce e patisce, secondo i casi della vita”, adoperandosi per “trasformar[la]  […] in opera ossia in qualcosa che sia  volenteroso e pensieroso, conoscitivo e collaborativo per la continuazione della creazione della vita umana”. 

Il saggio indica nello storicismo crociano e nella filosofia di Vico, nonché nella grande stagione dell’Umanesimo italiano, un proposito e un insegnamento decisivi, saldando vita e pensiero, filosofia e storia, conferendo ricchezza e senso al cammino compiuto da ognuno di noi, in un “continuo scendere nell’inferno e risalire al paradiso”. Non si tratta di fuggire dal mondo, agognandone un altro imperituro e perfetto, ma di introdurci nell’esperienza realizzando la “convincente scoperta che il senso del mondo è nel mondo stesso” e che “il senso della vita [risiede] nella vita stessa che chiede di essere vissuta e affrontata”. “La Vitalità”, pertanto, “non dà in modo immediato ma ha bisogno di essere creata, coltivata, voluta”, accettando di sporcarsi le mani, ammettendo l’esistenza del male, del falso, del brutto e dell’inutile, senza i quali la vita stessa verrebbe privata di bellezza, di verità e di ogni bene, da guadagnarsi nella lotta e nel contrasto, nell’inquietudine feconda e fertilissima, assegnando alla filosofia che affiora nella storia “la possibilità di redimersi”, generando saggezza e sapienza mediante “sacrifici, forza e passione”, attribuendo infine “alla vita stessa il senso di un’opera”.

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Luca Bugada
Luca Bugada
Luca Bugada, dottore magistrale in filosofia e in scienze storiche, insegnante, collabora con diverse testate giornalistiche e scientifiche, promuovendo cultura e memoria del sapere. "Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare" (Lucio Anneo Seneca)

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