Il dimissionario o dimissionato amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares non ha forse fatto del bene al gruppo industriale automobilistico da lui finora guidato, ma in compenso ha unito la politica italiana da Fratelli d’Italia a Alleanza Verdi e Sinistra di Nicola Fratoianni. Tutti, destra, sinistra e Movimento 5 Stelle, hanno celato a fatica un certo sollievo derivante dall’uscita di scena dell’AD di origini portoghesi e all’unisono hanno invitato John Elkann a presentarsi al più presto in Parlamento per riferire in merito al futuro di Stellantis i cui siti produttivi italiani, Pomigliano d’Arco e Torino-Mirafiori in primo luogo, stanno vivendo un momento molto difficile fra massicci cali degli ordini, cassa integrazione e tanti stop and go. Certo, PD, M5S e qualche sindacalista si sono sentiti in dovere di attribuire alcune colpe anche al Governo Meloni che sarebbe insensibile, secondo loro, verso quanto sta accadendo agli stabilimenti italiani di Stellantis. Fanno finta di dimenticare, lor signori, i numerosi scontri avvenuti fra il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e proprio l’AD Carlos Tavares. È indubbio, in ogni caso, che Tavares non mancherà proprio a nessuno in Italia perché gli errori commessi dall’artefice della fusione di PSA e FCA del 2020, che ha dato vita all’odierno gruppo Stellantis, sono stati tanti e pure il livello di sfacciataggine del manager si è rivelato essere piuttosto ampio. La sua linea, in mezzo ad altri svarioni, è stata quella di insistere a Mirafiori con la produzione di un veicolo totalmente elettrico che ha ricevuto solo rifiuti da parte della potenziale clientela, in Italia e altrove, e il sito torinese è andato in cortocircuito. Più si va avanti dal punto di vista temporale e più si dovrebbe migliorare anche in intuito ed intelligenza, tuttavia, l’evoluzione non sempre si concretizza. Più di trent’anni fa se un modello di automobile non riscuoteva immediato successo, ne veniva fermata la produzione in maniera abbastanza celere e ricordiamo, per fare qualche esempio di cui è possibile citare il nome, trattandosi di auto eliminate dal listino tantissimi anni fa, le bruttarelle e sfortunate Alfa Romeo Arna e Fiat Duna. Altresì, per cercare di mantenere in piedi la produzione di un’auto votata all’insuccesso, Tavares ha chiesto soldi al Governo, e se erano già assai discutibili i finanziamenti dello Stato a favore della Fiat di Gianni Agnelli, la quale era quantomeno un’azienda italiana, gli eventuali aiuti pubblici odierni versati nelle casse di un gruppo che di italiano ha ormai poco, finirebbero naturalmente per alimentare un dibattito ancora più serrato. L’operato di Carlos Tavares viene pertanto criticato a ragion veduta e il consiglio di amministrazione di Stellantis ha in buona sostanza spinto l’AD a rassegnare le dimissioni, ma questa vicenda è anche il segnale di una vasta crisi che investe tutta l’industria automobilistica europea e altri colossi del Vecchio Continente come Volkswagen dove vengono minacciati scioperi massicci e mai visti prima. Anzitutto, la cecità di certa politica continentale, insieme alla mancata opposizione delle Case produttrici, sta conducendo in una brutta situazione l’automotive europeo. La pretesa dirigistica e folle secondo la quale dal 2035 sarebbe vietato costruire in Europa veicoli alimentati a benzina e diesel, ha portato l’industria del settore a pianificare un futuro di mobilità solo elettrica e a puntare già da ora più ad autovetture a batteria che a combustione, con perdite enormi per ogni unità prodotta, che rimane spesso invenduta a causa degli alti prezzi di vendita e della ancora scarsa praticità delle e-car. Un disastro notevole che riguarda solo il nostro continente perché tanto in Nord America quanto in Asia si prefigura una coesistenza di auto termiche con veicoli elettrici, quindi, la Commissione europea e un certo establishment UE tornino presto con i piedi per terra siccome è già tardi. Oltre ai danni presenti e futuri inferti dalla lobby green, la globalizzazione e le grandi fusioni come quella che ha generato Stellantis, non sono state sempre un toccasana. Le principali industrie europee vendono meno perché tendono a produrre modelli uniformi sia nella qualità che nel prezzo, purtroppo sempre al rialzo anche per veicoli utilitari e commerciali. Paradossalmente o forse no, in un’epoca meno, per così dire, global vi era più possibilità di scelta per il consumatore. Intanto, le automobili avevano una identità e vi era differenza fra un prodotto tedesco e uno costruito in Francia o in Italia, tutti con pregi e limiti. Inoltre, era chiara la distinzione fra auto utilitarie, berline medie e vetture di pregio, e relativi prezzi di vendita e costi di gestione. Non possiamo tornare alla Fiat 128, ma alcuni manager contemporanei farebbero bene a non dimenticare del tutto gli insegnamenti dei loro predecessori.