Le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene entrano a far parte del patrimonio Unesco. A deciderlo all’unanimità il Comitato composto da 21 stati che si è appena riunito a Baku nella sua 43esima edizione.
Quello dell’Unesco non è stato un riconoscimento ottenuto con facilità. Dietro ci sono stati anni di duro lavoro, merito degli amministratori locali e dei produttori che hanno reso possibile questo premio. Giorgia Meloni si è congratulata per il risultato ottenuto che rappresenta una vittoria per tutta l’Italia per un riconoscimento che non ha eguali nel mondo. “La qualità e la tipicità del nostro patrimonio paesaggistico e dei nostri prodotti sono stati ancora una volta riconosciuti per il loro grande valore. È una vittoria dell’Italia e l’ennesimo riconoscimento del Made in Italy che non ha eguali nel mondo.”
L’ Italia può contare su molti «tesori» già iscritti nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco: l’Opera dei pupi (2008), il Canto a tenore (2008), la Dieta mediterranea (2010) l’Arte del violino a Cremona (2012), le macchine a spalla per la processione (2013) e la vite ad alberello di Pantelleria (2014), l’«arte dei pizzaioli napoletani (2017), la Falconeria, iniziativa cui l’Italia partecipa assieme ad altri 17 Paesi e dal novembre 2018 l’«Arte dei muretti a secco». Molti altri ancora sono i riconoscimenti e l’Italia infatti resta al primo posto con 55 siti patrimonio dell’umanità, ma viene raggiunta dalla Cina. I cinesi infatti si sono guadagnati due riconoscimenti in più: si tratta delle rovine archeologiche della città di Liangzhu e delle riserve ornitologiche degli Uccelli Migratori situate lungo la costa del Golfo di Bohai nel Mare Giallo. Primi dunque, ma in coabitazione.
Il plauso per il riconoscimento Unesco è stato ritenuto un successo da tutti i rappresentati politici italiani. Tuttavia è bene ricordare che il più grande tesoro della nostra Italia consiste proprio nella biodiversità. Nella produzione di grande varietà di grani, di uve che ci consentono di produrre la più grande offerta di vini possibile, con gusti che si differenziano tantissimo da Nord a Sud. La monocoltura del prosecco va benissimo in un senso, ma che non diventi un esempio di coltura agricola, proprio per lo sfruttamento intensivo che si fa di queste colline.
Quindi ben vengano i riconoscimenti che portano turismo, investitori ed esportazioni, ma mai dimenticare chi siamo e la storia della nostra cultura enogastronomica a favore di una rincorsa ad una gara senza senso. Perché è vero che la Cina ci raggiunge in quanto a riconoscimenti, ma anche superandoci o doppiandoci non sarà mai bella e preziosa quanto la nostra piccola stupenda Italia. Non siamo noi a dirlo, si tratta di un fatto oggettivo.
Non resta che congratularsi con chi è riuscito a portare a casa questo risultato, sperando che si continui ad ottenere riconoscimenti preservando, e perché no premiando, la stessa biodiversità che in Italia resistiamo a conservare. Molto lavoro c’è ancora da fare, per non farsi “fregare” prodotti tipici da altri paesi magari aggirando le regole.
Grande battaglia fu fatta dalla stessa Giorgia Meloni per i formaggi italiani. Fu l’unica ad accusare il silenzio assordante dei politici italiani quando si lasciò che Lactalis diventasse dei francesi. Operazione che la leader di Fratelli d’Italia considerò totalmente suicida. Anche il problema del prezzo del latte dei pastori sardi, tornato alla ribalta durante la campagna elettorale, era già da mesi nell’agenda politica di fratelli d’Italia.
Il made in Italy va tutelato, ma non si tratta di slogan, ci vuole grande lavoro da parte di tutti.