Le toghe rosse criticano l’emendamento senza neppure leggerlo: figuraccia colossale davanti a Mattarella

Quando cattiva informazione e pregiudizio vanno di pari passo, il risultato è probabilmente una figuraccia colossale. La fretta di attaccare il centrodestra, la voglia di intervenire di nuovo sulla questione immigrazione, di cercare di influenzare ancora una volta le politiche contro l’immigrazione clandestina del Governo Meloni, hanno giocato un brutto scherzo ad alcuni giudici italiani, specialmente perché la figuraccia arriva su un fatto eclatante: i magistrati non hanno capito, ma plausibilmente non hanno neppure letto l’emendamento che hanno duramente criticato. Tanto duramente che, dopo le parole dell’Associazione Nazionale Magistrati e del suo presidente, tutti e 26 giudici delle Corti d’Appello italiane si sono rivolti nientemeno che al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella in persona, tramite una lettera per criticare l’emendamento dell’onorevole Sara Kelany al Decreto Flussi che, molto probabilmente, verrà votato oggi in Commissione e che, di fatto, dice totalmente l’opposto di ciò che i giudici pensavano.

Una critica per partito preso

Come riportato questa mattina dal Dubbio, i magistrati, che probabilmente si sono limitati a informarsi tramite siti d’informazione poco affidabili, hanno pensato che l’emendamento del deputato di Fratelli d’Italia nonché responsabile del dipartimento Immigrazione del partito, chiedesse il ripristino dei ricorsi contro il respingimento delle domande d’asilo in Corte d’Appello. L’ira dei giudici nella lettera: “La reintroduzione” del ricorso in secondo grado contro i “provvedimenti emessi dalle Commissioni territoriali costituirà un disastro annunciato per tutte le Corti di appello italiane” e “renderà irrealizzabili gli obiettivi del Pnrr”. Tuttavia, l’emendamento non prevede affatto questo, ma anzi il contrario, cioè proprio quello che i giudici auspicavano: il rispristino del ricorso in secondo grado è previsto attualmente dal Decreto Flussi e l’emendamento Kelany lo vuole eliminare proprio per le stesse ragioni di celerità e di snellimento dei processi e del carico di lavoro della magistratura. Nel comportamento dei giudici, che si sono rivolti addirittura a Mattarella, non c’è nulla di così diverso da qualsiasi partito di opposizione: si critica una legge anche senza conoscerla, quasi per partito preso, solo perché l’ha scritta la destra.

Ancora più grave, se si può, è che in realtà la confusione sull’emendamento era già stata ampiamente chiarita dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che dovrebbe essere un po’ il punto di riferimento dei magistrati nel governo. Al Corriere, il Guardasigilli aveva spiegato che “l’emendamento parlamentare prevede esattamente il contrario. Abbiamo tolto i reclami contro i provvedimenti delle sezioni specializzate, come chiedevano i loro presidenti. E l’eventuale devoluzione delle convalide può essere una maggiore garanzia giurisdizionale”. La stessa relatrice dell’emendamento, Sara Kelany, come riportato dal Giornale, aveva specificato che “spostare alle Corti d’Appello le competenze relative alle convalide dei trattenimenti serve per decongestionare il grande carico di lavoro delle sezioni specializzate, in modo da velocizzare le pratiche quotidiane”. Ma forse, come si suol dire, occhio non vede, cuore non duole. E accusare la maggioranza su una legge neppure letta né quantomeno approfondita su qualche altro sito d’informazione, sembrava la strada più semplice e diretta per arrivare all’obiettivo.

Fatto ancora più strano, poi, è nelle argomentazioni dell’Anm sull’emendamento, nella sua versione male interpretata: “Paradossalmente, rispetto agli intenti del governo che vorrebbe espellere dal nostro territorio quanti più migranti possibili, l’inserimento di un nuovo grado di un’impugnazione allungherà l’accertamento dello status dell’immigrato e determinerò il rischio di una permanenza maggiore in Italia di chi potrebbe non avere diritto a soggiornarvi”. In altre parole, volevano accusare il governo di ipocrisia ma la contraddizione reale è nei giudici che, da un momento all’altro, si sono ritrovati a fare il tifo per le tanto odiate procedure accelerate per l’analisi delle domande di protezione internazionale. Una confusione immensa partita, com’è ormai evidente, dal pregiudizio di certe toghe contro l’esecutivo.

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