L’Eliseo trasformato in un bunker

Il presidente francese Emmanuel Macron, nel suo messaggio televisivo alla Nazione, ha fatto capire che in Francia può succedere di tutto tranne che vi sia una sua uscita di scena anticipata rispetto alla scadenza naturale del mandato presidenziale. Macron afferma di avere ricevuto democraticamente l’incarico dagli elettori e di volerlo onorare sino alla fine, capiti quel che capiti. Non ci piove che il capo di Stato d’oltralpe abbia varcato l’ingresso dell’Eliseo tramite le regole della democrazia e che nella maggior parte dei casi l’elezione diretta di un presidente, la Francia è una Repubblica semipresidenziale, permetta di rispettare le scadenze, ma l’ormai ex enfant prodige di Parigi dovrebbe anzitutto prendere atto di un caos politico scaturito proprio dalle sue mosse e almeno fare mea culpa con umiltà, poi, farebbe bene a non ignorare che ben il 59 per cento dei francesi voglia le sue dimissioni, come riporta un sondaggio di Le Figaro.

Invece, il presidente non si ritiene colpevole di alcunché, lo ha detto con chiarezza in televisione, e scarica ogni responsabilità per la nuova crisi politica apertasi sulla sinistra di Jean-Luc Mélenchon e sulla destra di Marine Le Pen, gli estremisti e gli anti-repubblicani secondo l’Eliseo. Certo, il Governo del gollista dei Républicains Michel Barnier è stato sfiduciato da un voto congiunto del partito di sinistra estrema di Mélenchon, La France Insoumise, e del Rassemblement National di Marine Le Pen, ma la caduta dell’esecutivo Barnier è stata solo la spia di una grave situazione politica che si trascina dal giorno dopo del secondo turno delle elezioni legislative francesi. Ci sono voluti 50 giorni per formare un governo durato poi meno di 100. Emmanuel Macron sta pagando la scellerata decisione di sbarrare la strada alle Legislative all’avanzata elettorale del Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella, con i noti patti di desistenza stretti proprio con la sinistra del tribuno rosso Mélenchon, che oggi l’inquilino dell’Eliseo definisce come estremista e anti-repubblicana.

Grazie alla perversione macroniana mirata a fermare a tutti i costi il successo elettorale del RN, altrettanto democratico come la conquista dell’Eliseo da parte del presidente, il Nuovo Fronte Popolare, la coalizione di sinistra capeggiata da La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, è diventato la prima forza politica di Francia pur non avendo conquistato la maggioranza assoluta per poter formare un governo tutto suo. Perciò, è normale che Mélenchon e compagni vogliano dire la loro e non sottostare alle indicazioni del presidente Macron sebbene siano stati miracolati proprio da lui. Tuttavia, il problema serio è che nessuno possa fare da solo per costituire un esecutivo, né i primi, né i secondi, nemmeno i terzi o quarti arrivati alle Legislative e serve dare vita ad una coalizione, ma, se non è stato per nulla facile giungere al governo Barnier, non sarà agevole, da lunedì prossimo in poi, neppure ricercarne una formula sostitutiva. Per mettere i bastoni fra le ruote dei conservatori di Marine Le Pen, che non potranno comunque essere ostacolati alle prossime Presidenziali, si è contribuito a generare un risultato elettorale caotico e il tutti contro tutti. Les Républicains, i neogollisti insomma, possono pure accettare di sostenere un nuovo premier che non sia espressione del loro partito, ma rifiutano di appoggiare primi ministri compromessi con l’estrema sinistra di Mélenchon e maggioranze influenzate da La France Insoumise, mentre i socialisti vorrebbero essere della partita per il prossimo governo, facendo peraltro arrabbiare più della metà del Nuovo Fronte Popolare, ma premettono di non poter votare per un altro premier della destra gollista com’era Michel Barnier.

Intanto, non solo Emmanuel Macron paga per i propri errori, ma è tutta la Francia a subire le scempiaggini politiche di un presidente che ha preferito pensare a manovre di piccolo cabotaggio a discapito dell’interesse nazionale della République. Una Nazione spesso tronfia con la storica “grandeur”, e talvolta affetta da ridicoli snobismi anti-italiani, sta ospitando a Parigi 50 capi di Stato esteri, fra i quali il nostro Sergio Mattarella, Donald Trump e Volodymyr Zelensky, per la cerimonia di riapertura della cattedrale di Notre-Dame, e si ritrova avvolta da una buia crisi politica ed istituzionale. Con un presidente che ha trasformato l’Eliseo, in cui hanno soggiornato uomini del calibro di Charles de Gaulle e Georges Pompidou, in un bunker, metaforico, assediato dalla opinione pubblica francese, quasi come i dittatori prossimi al collasso politico, quasi come Saddam Hussein e i suoi gerarchi che in televisione, con le truppe americane già presenti in alcuni quartieri di Baghdad, assicuravano di avere tutto sotto controllo. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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