Abbiamo sempre sostenuto, anche su queste colonne, che la vera questione sull’immigrazione non ruota intorno all’umanità del governo di turno, che sceglie chi e come far entrare le persone in Italia e in Europa. La vera decisione si basa su quale impatto sociale i vari esecutivi vogliono che abbia l’ingresso di migranti. In altre parole, oltre alla questione economica, aprire o chiudere i porti ha degli effetti sostanziali nella vita sociale di una Nazione. Dunque, un’immigrazione ragionata e controllata può essere un valore aggiunto sia per il popolo ospitante che per l’immigrato stesso, può portare a un’integrazione positiva del rifugiato nel nuovo contesto sociale in cui si ritrova ad abitare. Al contrario, la mancanza, anche solo meramente strutturale, dei mezzi idonei per gestire flussi così numerosi di persone provenienti dal Sud globale, porta a una condizione di precarietà tale da essere percepita come intolleranza. E da qui tutti i problemi riguardo alla mancata integrazione e all’astio nutrito contro i nostri valori.
A Soligen l’attentatore era un richiedente asilo
La strage di Soligen, in Germania, ci ricorda proprio come anni di immigrazione senza sosta e falsamente buonista siano un pericolo per la nostra società, per l’ordine pubblico generale che probabilmente ci porteremo avanti ancora per lungo tempo, soprattutto se il resto dell’Europa non seguirà la strategia voluta dal Governo Meloni in fatto di immigrazione, che limita gli ingressi illegali e combatte i trafficanti di esseri umani. L’attentatore di Solingen, cittadina tedesca in cui si stava tenendo una festa in piazza, ha ucciso tre persone e ne ha ferite altre otto con il suo coltello. Si tratta di un siriano, richiedente asilo. E come lui, tanti altri si sono macchiati di crimini del genere, come l’uomo che uccise due svedesi a Bruxelles o quello che colpì alla testa con un martello un turista tedesco a Parigi, sotto il ponte di Bir Hakeim. O ancora si ricordi quanto capitò a Philippos, giovane con origini greco-polacche che venne pestato a morte in Germania da una banda di musulmani soltanto perché indossava un crocifisso al collo. Il movente è sempre e solo uno: l’odio, spesso dei fondamentalisti islamici, verso la nostra cultura, le nostre tradizioni, il nostro credo, il nostro impianto di società, civile e democratica. L’obiettivo è rivendicare i fratelli musulmani, portare avanti la guerra santa al di fuori dei confini dei Paesi islamici, lottare in favore della Palestina e di Hamas.
L’unica alternativa
Sulla Verità di questa mattina, un articolo di Maurizio Belpietro dimostra la fallacia delle politiche ultra-immigrazioniste in Germania, sempre più spesso epicentro degli attentati più sanguinari ai danni di europei e cristiani. E questo perché, oltre ad aver fatto entrare nei propri confini fondamentalisti islamici, i tedeschi hanno agevolato l’ingresso in Germania (e dunque in Europa) di numerosi criminali. Il dato viene fornito dal Bundeskriminalamt, in un rapporto che contiene i numeri sulla criminalità secondo la polizia tedesca: con un aumento dei reati del 5,5%, ben il 34,4% di essi è stato commesso da persone che non avevano la cittadinanza tedesca. Ed è difficile non ricollegare questi dati a motivazioni politiche, ma è altrettanto difficile pensare che tutti i cittadini dei Paesi in difficoltà siano dei criminali. C’è dunque l’ombra di superpotenze nemiche che inviano verso l’Europa le parti “peggiori” delle varie popolazioni per destabilizzarla. Ed è difficile pure non trovare collegamenti, come detto, con l’impossibilità di provvedere a una corretta integrazione. Sbagliato, forse, è proprio l’approccio dei governi di sinistra nei confronti dell’integrazione: si viene accusati di razzismo quando si ricorda che la vera integrazione deve mirare a inserire l’immigrato nella cultura e nello stile di vita della maggioranza della popolazione. Ma questa è l’unica alternativa per non avere, in un futuro abbastanza vicino, intere fasce della popolazione totalmente distaccate dalla nostra società.