Dopo la caduta senza precedenti osservata nel 2020, l’economia italiana registra un poderoso rimbalzo con una previsione di crescita del PIL a un tasso del +6.3% nel 2021, ma nonostante questo dato positivo, sulla nostra economia incombe il rischio inflazione, un rischio davvero da non sottovalutare che rappresenta la più grande incognita per l’anno appena iniziato.
Le previsioni di Banca d’Italia indicano nel 2022 un tasso di inflazione medio del 2,8%, in aumento rispetto alle previsioni di novembre della Commissione europea. A novembre 2021 l’indice armonizzato dei prezzi al consumo in Italia sale al 3,9%, di cui oltre due terzi (3 punti) derivano dai beni energetici. Un numero che non si vedeva dal 2008.
Sulla base delle tariffe approvate nei giorni scorsi dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, tra il 1° aprile 2021 e il 31 marzo 2022 per le famiglie tipo il prezzo dell’energia elettrica sale del 68% rispetto ai 12 mesi precedenti, mentre quello del gas sale del 64%. E sale anche il prezzo di benzina e carburanti: già nel 2021 il prezzo medio di gasolio e benzina era salito del 13,3% rispetto all’anno precedente. Con le tendenze dei prezzi appena descritte, confrontandole con i dati Istat sulla spesa delle famiglie degli anni precedenti, viene stimato un impatto di 22,4 miliardi di euro su base annua (+35,9%) che grava sulle famiglie italiane per la maggiore spesa per elettricità, gas e carburanti, imponendo una riduzione della spesa per altri beni e servizi.
Certo la nostra inflazione è più contenuta rispetto agli altri paesi europei, ma i motivi di preoccupazione non mancano, perché il ritorno del carovita influenza anche i nostri risparmi. Per intendersi, se lasciassimo 10mila euro sul conto corrente, dopo un anno di inflazione al 4% avremmo bruciato circa 400 euro del capitale. Formalmente sull’estratto conto continueremo a leggere la stessa cifra, ma sostanzialmente con quei soldi potremo comprare meno servizi e beni.
E c’è di più. Finora, per accelerare l’uscita dalla crisi, le Banche Centrali hanno mantenuto bassi i tassi di interesse. Se il trend dovesse invertirsi per spegnere la fiammata inflazionistica, rischierebbero i paesi più indebitati, Italia in testa. Ci sarebbe così un effetto negativo su mutui e prestiti e dovremmo pagare un conto salatissimo per finanziare il debito pubblico, sottraendo risorse per investimenti e crescita.