Non sono bastati gli all-in della sinistra, l’inserimento di tutti quei nomi che avrebbero dovuto scuotere gli animi dei più “integralisti”, scocciati dalle politiche troppo “centriste” (che centriste non sono, anzi…) del Partito Democratico. Nomi quali Ilaria Salis, Souzan Fatayer, Christian Raimo. E non sono bastati neppure quei nomi inseriti nelle liste per radunare i vecchi amanti dei “grandi” intellettuali. Nomi quali sono Lucia Annunziata e Sandro Ruotolo. Nulla.
Tutto inutile: Meloni trionfa ancora
Il PD, che pure è riuscito a crescere grazie al brusco, improvviso e quasi del tutto inaspettato del Movimento Cinque Stelle, ha invece fallito in quello che era principalmente il suo intento: sconfiggere la destra dietro le urne e dare il benservito a Giorgia Meloni, rinchiuderla in un cerchio fatto di pochi consensi e alto astensionismo al fine di costringerla alle dimissioni. Un po’ come successo a Macron che, dopo la stra-vittoria del partito di destra della Le Pen, Rassemblement National, è stato costretto a lasciare l’Eliseo. Ma possiamo dire che laddove Macron cade, Meloni vince. Una sorta di uno contro uno annunciato già prima del voto, dai sondaggi che davano l’ECR, presieduto dal nostro Presidente del Consiglio, in parità con Renew Europe, il gruppo europeo fondato proprio da Macron. Renew, dopo il voto, dovrebbe restare il terzo gruppo del Parlamento europeo, ma con una perdita di circa 20 seggi mentre Fratelli d’Italia diventerebbe il terzo partito con il maggior numero di rappresentanti all’interno dell’assemblea.
E il centrodestra cresce ancora
Quella dell’8 e del 9 giugno è stata anche l’occasione per una vera e propria dimostrazione di forza da parte delle destra italiana. Una destra che, nonostante quasi due anni di governo, che solitamente non permette di fare eccessiva propaganda populistica e che porta ad abbassare in breve tempo i consensi dei partiti più “popolari” (si veda il caso del Movimento Cinque Stelle che perse il suo 33% in pochissimi mesi), è riuscita non solo a mantenere stabili le sue preferenze, ma anche a rafforzarle: Fratelli d’Italia ha sfiorato il 29%, aumentando di tre punti percentuali il suo risultato alle politiche del settembre 2022. Così pure Forza Italia e Lega, entrambi poco sotto il 10%. La loro unione supera abbondantemente il 44% raggiunto due anni fa. E questo, è facile da spiegare: il Governo Meloni viene giudicato sulla base di fatti certi, azioni concrete messe in campo in favore dei cittadini, e non mera propaganda elettorale.
Meloni: “Risultato più importante di due anni fa”
Si spiegano bene allora le parole con le quali Giorgia Meloni si è presentata alla Nazione nella sua prima dichiarazione dopo l’esito del voto: “Ci siamo visti due anni fa ed era una bella notte. Questa per me è più bella di due anni fa. Perché due anni fa era una scommessa basata sulla speranza, tanta gente aveva creduto in noi, tante persone speravano che noi potessimo essere. Dopo quasi due anni di governo, nella peggiore situazione possibile, quelle stesse persone ci hanno detto: “Non speriamo che voi siate, voi siete”. E questo ha un valore per me, personalmente, enorme”. Tutto il valore del voto è che è basato su un operato, quello di questi primi due anni, che effettivamente è piaciuto alle persone: Fratelli d’Italia non è più considerato una “meteora” che da un momento all’altro sarebbe stata capace di schiantarsi. Fratelli d’Italia è diventato un partito di cui fidarsi, che lavora non per la sua immagine ma per il bene della Nazione. Questo, evidentemente, è stato capito dagli elettori: “Nel caso nostro, ci hanno visto arrivare, ma non sono stati in grado di fermarci”.