Uno dei punti di maggiore forza di questo governo sono le politiche per il lavoro. Che effettivamente – è sotto gli occhi di tutti – stanno funzionando: l’occupazione è record, si contano circa 24 milioni di lavoratori, mai così tanti da quando si parla di Italia. La precarietà è calata: nel secondo trimestre del 2024, secondo l’Istat, i dipendenti a tempo indeterminato sono cresciuto di 141mila unità, gli indipendenti di 38mila unità, più che compensando il calo dei dipendenti a termine, calati di 55mila unità. I disoccupati sono scesi ai minimi dal 2008, quando ancora l’Occidente non veniva investito dalle crisi finanziarie nate in America e in Europa, con un 6,5% che raffigura un modello più virtuoso di altri Paesi europei, come la Francia o la Finlandia. I salari stanno subendo un’inversione grazie al taglio delle tasse disposto nelle ultime leggi di Bilancio e che sarà riconfermato, se non allargato a fasce più abbienti della popolazione, nella prossima. Gli imprenditori hanno iniziato ad assumere giovani e donne grazie alle decontribuzioni, il Sud riparte dal lavoro, dagli investimenti, dagli incentivi speciali per il Meridione.
Gli operai, in questo contesto, stanno abbandonando la loro storica classificazione a sinistra, scegliendo, in numero sempre più corposo, di votare i partiti di destra, Fratelli d’Italia su tutti, dai quali si sentono maggiormente rappresentati e garantiti. Anche dall’estero si accorgono della nostra ascesa economica, the last but not the least Elon Musk che stanotte, consegnando il Global Citizen Award a Giorgia Meloni, ha detto che la premier “ha fatto un lavoro incredibile” e che “l’Italia sta registrando una crescita e un’occupazione record”. Insomma lo riconoscono proprio tutti, tranne la sinistra italiana.
Sinistra italiana isolata
I progressisti sono gli unici a non aver mai riconosciuto i risultati di questo governo e quanto bene viene fatto per l’Italia. I progressisti italiani, sia chiaro: precisazione doverosa, dal momento che all’estero sono ormai pochi gli esecutivi che ancora trattano con circospezione la destra conservatrice di Giorgia Meloni. Alcuni rapidi esempi: la von der Leyen che dialoga con la Meloni e affida all’Italia una vicepresidenza esecutiva nella sua commissione; Keir Starmer, il laburista appena diventato premier, che incontra la Meloni per sapere come fare a gestire i flussi migratori; la Germania di Scholz che fa marcia indietro sui migranti e cerca di seguire il modello italiano; la stampa internazionale, anche di area progressista, che riconosce in Meloni una leader affidabile. E mentre, dunque, anche i socialisti europei, con colpevole ritardo, ora guardano con ammirazione ai risultati e agli obiettivi del governo italiano, nei nostri confini la sinistra fa la guerra ai mulini al vento. E si chiede, poi, perché gli operai si stanno spostando man mano a destra.
Che casualità!
Portano avanti le stesse proposte da mesi, come il salario minimo o il Reddito di Cittadinanza, e si meravigliano se nessuno più li vota. E per quanto, politicamente, può essere compreso chi, dai banchi delle opposizioni, cerca il pelo nell’uovo e propone soltanto ora soluzioni a problemi irrisolti quando si era in maggioranza, non possono essere compresi quei rappresentanti dei lavoratori che si rifiutano ideologicamente di riconoscere gli ottimi risultati a livello economico e i benefici che ne derivano per il comparto del lavoro. Oggi il Giornale riporta i dati sul numero degli scioperi proclamati negli ultimi mesi: nel 2023 sono stati 1649, 1129 quelli poi effettuati, anche se i primi scioperi erano stati organizzati già pochissime settimane dopo l’insediamento del governo di centrodestra a Palazzo Chigi. Proteste molte delle quali, poi, avevano poco a che fare con il mondo del lavoro: proteste contro il premierato, contro l’autonomia, contro la guerra in Palestina. Ma non sarà che qualcuno usa i sindacati per fare politica? Il record si raggiunse con i governi Berlusconi II e III: furono 64 milioni le ore non lavorate. Gli scioperi, dunque, si infittiscono quando al governo c’è la destra. Che casualità!