I risultati dell’ultima tornata elettorale europea qui in Italia hanno messo in evidenza un’importante fatto, una tendenza che lascia ben sperare: l’Italia si avvia sempre a un sistema bipolare. Sistema che – attenzione (siamo già pronti alle accuse di fascismo) – non è nemico della democrazia, ma anzi è l’opposto: permette infatti di concentrare le istanze di più persone in una sola parte, concentrarle in un’unica parte così da avere maggiore riconoscimento e difesa. Far parte, insomma, di un grande schieramento, dotato di per sé di maggiore forza rispetto al pluripartitismo che invece abbiamo vissuto fino a poco tempo fa.
Il fallimento del campo largo
La nascita di un sistema bipolare avviene sotto la spinta corposa del centrodestra, che da anni riesce a comporre e formare una coalizione unica e a presentarsi unito alle elezioni, con un programma condiviso da rispettare e, come sta succedendo durante questa legislatura, da applicare quando si arriva a Palazzo Chigi. Dinnanzi a una così evidente unità di intenti, che corrobora la forza della coalizione (tutti partiti del centrodestra, dopo un anno e mezzo di governo, sono riusciti a vedere al rialzo il proprio consenso), la sinistra ha cercato di dare avvio a delle trattative per formare il cosiddetto campo largo: una accozzaglia di partiti e partiti, tra loro diversi, con pareri contrastanti e per questo litigiosi su tutto. E infatti il campo largo ha fallito ovunque abbia tentato di portare avanti l’esperimento. In Basilicata, in Abruzzo (dove il campo era larghissimo), ora anche in Piemonte, dove la sinistra aveva trovato l’accordo di PD, Verdi e Stati Uniti d’Europa. La questione è che non formandosi una coalizione omogenea, la litigiosità interna diventa molto elevata e i cittadini lo notano, forti anche e soprattutto dell’unica esperienza in cui un campo largo è riuscito ad andare al governo (non certo grazie a una vittoria popolare, ma tramite un accordo di palazzo, un inciucio): un annetto a guida della Nazione nel momento più complicato da gestire (la pandemia), una caterva di misure spot utili, negli intenti, soltanto a pubblicizzare il proprio partito, e poi ognuno per la sua strada.
Bipolarismo e premierato
Una nuova fase bipolare della Repubblica potrebbe risolvere tanti problemi. In primis, come detto, la dispersione di consenso tra piccoli partitini che, pure in un sistema elettorale solo in parte proporzionale e con soglia di sbarramento, rischiano di paralizzare decisioni importanti e maggioritarie grazie al loro veto. Ma non è soltanto la dispersione di consenso: è la dispersione di programmi, di idee, che troppo spesso vengono abbandonate in favore del facile consenso. Avere un sistema a due poli, al contrario, consentirebbe alla politica di portare avanti due proposte di Nazione, due proposte opposte sulle quali gli italiani dovranno basare la propria scelta. È quello che succede in Inghilterra e negli Stati Uniti da circa trecento anni: due fazioni che rappresentano larga parte della Nazione, che rappresentano intere categorie che andrebbero così a riconoscersi in uno schieramento ben preciso. E l’alternanza dei due schieramenti è l’essenza stessa della vita democratica: l’ipotetica elezione delle due parti per cinque anni (e senza interruzioni) permetterebbe un completo rispetto degli impegni contenuti nel programma scelto dai cittadini. Un sistema che andrebbe quindi a sposare bene la riforma del premierato, che consentirà al governo di turno di completare il proprio mandato. La democrazia, insomma, ne gioverebbe.