Migranti, altra sentenza rossa. Ma l’accordo con Tirana continua a fare bene

Ogni giorno la bagarre della magistratura, o meglio del suo ramo più politicizzato, contro le libere scelte di un governo sovrano, il Governo Meloni, si rafforza di nuovi episodi. Ieri, dopo la notizia lanciata dal Giornale, avevamo parlato della decisione della Cassazione di Roma che, ancora prima che scoppiasse il caso giuridico e mediatico sull’accordo con l’Albania, aveva spiegato ai giudici di tutta Italia che deve essere il governo a scegliere quali sono i Paesi sicuri da inserire nella lista e che i singoli magistrati sono tenuti a rispettarla, potendo derogarvi soltanto nel caso concreto, apportando fonti e prove affidabili riguardo il pericolo corso dal singolo migrante in questione nel caso in cui venisse rimpatriato. È dunque chiaro che il principio della territorialità, quello secondo cui uno Stato può essere dichiarato sicuro solo se l’intero suo territorio lo è, nato da una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea e al quale le toghe rosse si appellano, va certamente rispettato, ma deve farlo soprattutto il governo, come in effetti è già avvenuto, avendo già recepito la sentenza ed eliminando dalla lista Paesi che non potevano essere definiti sicuri secondo tali indicazioni. Se ne deduce, dunque, che ai giudici non spetta il diritto di decidere quali sono i Paesi in cui è possibile rimpatriare i clandestini ma soltanto di derogare alla lista in via eccezionale, come detto, per comprovati pericoli del migrante. Rebus sic stantibus, non dovrebbe sorgere nessun conflitto tra la norma europea e quella nazionale, altro quesito fatto pervenire dai magistrati tramite il rinvio alla Corte europea.

Alcuni giudici vorrebbero decidere in solitaria

Un nuovo caso. Questa volta il protagonista è (di nuovo) il tribunale di Palermo, che ha sospeso il giudizio di convalida del trattenimento di due migranti provenienti da Senegal e Ghana, rinviando il caso alla Corte europea, come già fatto precedentemente dal tribunale di Bologna. I due migranti, ovviamente, sono tornati in libertà. Nella sentenza, i giudici di Palermo si appellano alla sentenza europea: “Così come la Corte di Giustizia ha ritenuto non sia possibile designare un Paese sicuro se le condizioni di sicurezza non sono rispettate per alcune parti del territorio (indipendentemente dalla circostanza se il richiedente alleghi o meno di provenire dalla parte del territorio “non sicura”), allo stesso modo non sembra consentito designare un Paese sicuro se tale non lo è per alcune categorie, e questo anche se il migrante non dichiari e non dimostri di essere fragile”. La richiesta fatta pervenire ai giudici comunitari è di spiegare se “un Paese terzo sia definito di origine sicuro qualora, in tale Paese, vi siano una o più categorie di persone per le quali non siano soddisfatte le condizioni sostanziali di tale designazione”.

Una scelta che, si capisce, se venisse confermata, allargherebbe non di poco la discrezionalità dei giudici e il loro potere di decidere, arbitrariamente, se espellere o accogliere un migrante, riducendo potenzialmente il numero di rimpatri a zero. Si vorrebbe, in sostanza, decidere di non trattenere un clandestino anche se non dichiara di appartenere alle categorie perseguitate nei Paesi sicuri, che è un po’ quello che è successo fino ad ora: il tribunale di Roma ha infatti deciso di non inviare in Albania dodici tra bengalesi e egiziani, tutti reputati di sana pianta, senza neppure un’audizione, a migliaia di chilometri di distanza in mezzo al Mediterraneo, dissidenti politici, membri della comunità Lgbt o migranti climatici.

Arrivano gli effetti positivi: i migranti si identificano

Il Governo, tuttavia, non resta a guardare. Dopo aver innalzato il rango della lista dei Paesi sicuri, ergendola a fonte primaria e dunque più difficile da ignorare, continua nella sua politica dura nei confronti dell’immigrazione clandestina. L’accordo con l’Albania è la soluzione migliore per allontanare i migranti dalle nostre coste e abbattere il rischio di fuga dopo l’approdo sulle nostre coste. Verso Gjader, è notizia di ieri, sono direzionati altri 8 migranti. E se i numeri possono sembrare poca cosa, in realtà l’effetto dell’accordo è più si sta facendo sentire concretamente anche su altri aspetti: in primis, come detto, per scongiurare partenze che hanno il solo scopo di eludere le leggi italiani e, in secondo luogo, perché si tende a obbligare il migrante a presentarsi in Italia in regola. Si è avuto, in effetti, un aumento considerevole dei migranti arrivati in Italia con i propri documenti per scongiurare il loro trasporto in Albania, in modo tale da rendere più facile la loro identificazione alle autorità italiane, semplificando dunque la valutazione della domanda di asilo. Effetti positivi di un accordo ingiustamente criticato e oppugnato da chi non desidera certe svolte.

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