Migranti, altro sgambetto dei giudici: le toghe rosse “assunte” alla Corte d’appello

La sinistra l’aveva rinominato in modo provocatorio “emendamento Musk” quello che, nel dl Flussi, aveva apportato importanti novità sulle procedure che la giustizia avrebbe dovuto seguire in fatto di convalida di trattenimenti. Ce ne aveva parlato, in un’intervista esclusiva de La Voce del Patriota, Sara Kelany, deputato di Fratelli d’Italia e responsabile del dipartimento Immigrazione del partito: “Sostanzialmente – spiegò la relatrice del dl e firmataria dell’emendamento – stabiliamo che per le convalide dei trattenimenti la competenza non è più delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, ma invece diventa della Corte d’appello in composizione monocratica”. Questa scelta avvenne per due ragioni: la prima, per liberare le sezioni specializzate in materia di immigrazione da “una delle tante competenze che posseggono”, facendo sì che “si possa velocizzare il lavoro delle pratiche quotidiane”. Inoltre, si scelse di innalzare a un organo superiore “la cognizione rispetto ad una materia che tratta anche di diritti umani”, quindi una materia più elevata e complessa.

Il lavoro contro i giudici ideologizzati

Un lavoro che andava di pari passo con il dl Paesi sicuri, che fu inglobato nel dl Flussi, innalzando la famosa lista stilata dal governo da un decreto interministeriale a un decreto legge, dunque un atto avente forza di legge ergo più difficile da evitare con sentenze, per così dire, fantasiose. Insomma, in un colpo solo si rifilavano due batoste alle toghe rosse, che spesso infestavano le sezioni specializzate in immigrazione: non potevano più scegliere di propria iniziativa sul trattenimento dei clandestini, in primis perché sarebbe diventato di competenza delle Corti d’appello, in secondo luogo perché la lista dei Paesi sicuri impediva ai giudici di fare di testa propria. In soccorso, è arrivata anche la sentenza della Corte di Cassazione, molto chiara: il giudice non può contrastare le disposizioni della lista in generale, ma soltanto nel caso concreto quando ne sussistono le motivazioni. Negli altri casi, quindi nella maggioranza di essi, dovrà attenersi alle disposizioni del governo. Sempre in attesa delle prossime disposizioni della Commissione europea, che ha annunciato di velocizzare i lavori per stilare una lista di Paesi sicuri valevole per tutti gli Stati membri, aumentandone ancora di più il rango e la difficoltà di evitarla.

Il ritorno delle toghe rosse

Spalle al muro, però, i magistrati se ne sono inventata un’altra, proprio al ridosso del Natale. Lo scoop è stato lanciato da Repubblica: Giuseppe Meliadò, presidente della Corte di appello di Roma, avrebbe “assunto” quattro giudici appartenenti alle sezioni specializzate in immigrazione, motivando la scelta con la mancanza di personale date le nuove competenze che il governo ha affidato alla Corte d’appello stessa. Corte “impossibilitata a far fronte con i suoi attuali organici a queste nuove competenze che determinano una vera e propria situazione di emergenza per l’ufficio”. E il fatto più rilevante è che si ritroveranno a decidere dei trattenimenti gli stessi giudici che, quindi, avevano impedito per primi l’arrivo di clandestini nei centri costruiti in Albania. Tra questi, c’è anche il magistrato che commentò in maniera tutt’altro che benevola una foto che ritraeva Giorgia Meloni con sua figlia Ginevra. La premier scriveva: “Ricorda quello che ti ho detto, non sarà la rabbia a darti la forza di andare avanti né l’ambizione o l’ego e l’invidia. Solo l’amore può darti l’energia che serve a non abbassare mai la testa, a non smarrirti, a non preferire le scorciatoie”. E il giudice commentò: “Ah, non sono la rabbia, l’ego, l’ambizione e l’invidia a muoverla? Sentendola parlare con quel vocione rabbioso mi sembrava l’opposto, ma mi sarò sbagliata…”.

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