Quasi non fa più notizia che l’Italia sia per il resto dei Paesi europei un modello da emulare, che quanto fatto di buono dal Governo Meloni viene esattamente seguito da altri governi del continente, anche se di colore politico differente. Resta però una dimostrazione chiara di come l’Italia stia seguendo la direzione corretta e, soprattutto, di come, in virtù dei suoi ottimi risultati, sia riuscita ad aprire gli occhi a mezza Europa su pericoli da evitare e linee guida da seguire.
L’Europa si desta dall’ideologia no-border
Il modello Italia riguarda specialmente l’immigrazione, e in merito i buoni risultati non sono affatto pochi: dal calo drastico degli sbarchi nel giro di un anno alla rinata cooperazione internazionale con i Paesi del Nord Africa, dal calo delle morti in mare nella tratta del Mediterraneo centrale (quella che unisce Italia, Malta, Tunisia e Libia) al decremento del business dei trafficanti di esseri umani e delle mafie a cui si ricollegano. Keir Starmer, boicottato il Piano Ruanda formulato dal suo predecessore Rishi Sunak, è arrivato a Roma, nelle scorse settimane, per studiare con Meloni una nuova strategia per l’immigrazione e prevedendo un nuovo accordo tra Gran Bretagna ed Estonia sul modello dell’intesa tra Italia e Albania. La Germania, allo stesso modo, chiude i confini e annuncia il pugno duro contro l’incursione dei migranti e il loro ingresso illegale, riprendendo a modello proprio il Piando Ruanda di Sunak. È un’Europa che, sotto impellente necessità e dietro l’esempio del Governo Meloni, si desta dalla sua ideologia no-border e capisce che un’alternativa, alla mera gestione dei flussi, è possibile nonché necessaria.
“Quello che conta sono i risultati”
Anche la Francia, adesso, si aggiunge alla lista di Paesi che “copiano” l’Italia. Il nuovo governo di Michel Barnier ha aperto le vedute verso una strategia anti-immigrazionista, in completa rottura con il recente passato del Paese, affossato dall’ideologia macroniana. Se non è stato creato un ministero ad hoc sull’immigrazione, cosa che invece si ebbe sotto la presidenza di Sarkozy, il ministro dell’Interno Bruno Retailleau ha inoltrato ai prefetti francesi due circolari per una riduzione dell’immigrazione, illegale ma anche legale. Il modello italiano da seguire è quello degli accordi con i Paesi nord-africani, come ha fatto trapelare Le Monde: il titolare dell’Interno, infatti, avrebbe già pronta una strategia per entrare in contatto con questi Paesi e aprire una nuova fase di cooperazione virtuosa tra Stati. Inoltre, sarebbe già pronta una task force italo-francese con base a Ventimiglia, come annunciato al G7 dei ministri dell’Interno della scorsa settimana svoltosi in provincia di Avellino. “Quello che conta sono i risultati” avrebbe detto ai prefetti francesi.
È dunque solo l’ultimo caso di uno Stato europeo che segue la strategia italiana, quella di Giorgia Meloni e di un centrodestra che fin dal suo insediamento a Palazzo Chigi ha lavorato affinché i confini italiani tornassero sicuri, nel rispetto delle nostre leggi. Poche settimane fa, dato l’incremento folle degli sbarchi, specialmente verso le Isole Canarie, il presidente spagnolo Pedro Sanchez ha aperto una fase di dialogo con i Paesi del Nord Africa. Sembra dunque finito il periodo in cui Paesi esteri finanziavano Ong per allontanare dai propri confini il rischio di un boom di sbarchi addossando oneri e colpe all’Italia. Fallita la strategia, anche i più forti sostenitori delle teorie no-border, aspri oppositori delle politiche anti-immigrazioniste della destra europea e di Fratelli d’Italia, sono costretti a tornare indietro, a fare dietrofront e a sposare la strategia del governo italiano.