Migranti, il governo ferma la truffa dei permessi: status di rifugiato revocato per chi torna in patria

Nuovi sviluppi nella lotta del Governo Meloni contro truffatori e malintenzionati che speculano sui meccanismi dell’accoglienza. Il sistema scoperto dal Viminale è abbastanza semplice: il migrante giunge in Italia appellandosi alla Convenzione di Ginevra e alle condizioni per ricevere lo status di rifugiati, ossia essere perseguitato “per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche”. Una volta acquisito tale status che permette al migrante di accedere in Italia e di ricevere protezioni, questi poi decide di tornare in Patria, nel Paese in cui sostiene di essere perseguitato, per andare a trovare la famiglia o magari per passarvi le vacanze. Dunque, due sono le possibili spiegazioni: o i motivi che hanno spinto il migrante a fuggire e a ritenersi perseguitato sono cessati, oppure lo stesso ha compiuto una frode ai danni dello Stato italiano e dell’Unione europea sfruttando il garantismo occidentale e delle Nazioni Unite. In entrambi i casi, lo status di rifugiato non ha motivo di esistere e va ritirato.

Cessazioni e revoche contro i furbetti

Questo è la direttiva sulla quale si sta muovendo adesso l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, contro coloro che sfruttano i meccanismi di accoglienza. Nei primi mesi del 2024, da gennaio fino a luglio, sono stati scovati 305 rifugiati che erano soliti tornare in patria. E il cambio di passo nei controlli rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente è sostanziale: erano appena 29, il balzo in avanti registrato è del 952%. D’altronde, la cessazione dello status di rifugiato non è soltanto un atto di coerenza e di lealtà verso il popolo italiano, che non merita di essere preso per i fondelli da immigrati a cui piacerebbe raggirare le nostre leggi. Ma è anche un istituto previsto dalla stessa Convenzione di Ginevra, qualora cadano i presupposti per ritenersi perseguitato in patria. Accanto alla cessazione, è possibile anche la revoca, se il rifugiato si macchia di reati gravi e contro l’ordine pubblico: nei primi sette mesi di quest’anno, questo istituto è stato utilizzato già 145 volte. In tutto, sono in corso più di 1500 procedimenti per la cessazione o la revoca dello status di rifugiati (1400 in più rispetto allo scorso anno). Si svolgeranno attraverso un iter che coinvolge anche l’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati.

Kelany: “Tolleranza zero per chi si fa beffa delle regole”

“I dati del ministero dell’Interno sulla cessazione del permesso di soggiorno per 305 stranieri che si erano dichiarati perseguitati nel Paese d’origine, salvo poi tornarvi senza alcun problema da ‘turisti’, indica la serietà con cui questo esecutivo sta affrontando il problema dell’immigrazione irregolare”: così Sara Kelany, deputata di Fratelli d’Italia e responsabile del dipartimento immigrazione del partito, sottolineando come si tratti di “un incremento sostanziale che dimostra come oggi al Viminale si facciano controlli approfonditi sull’applicazione del diritto di asilo. Evidentemente – ha aggiunto Kelany – con i governi precedenti le pratiche di cessazione venivano lasciate nel cassetto”. Unito a questo lavoro, il governo ha anche accelerato i procedimenti di esame delle domande d’asilo. Le richieste esaminate sono aumentate del 61% rispetto al 2023, ma è diminuita la frequenza con cui veniva concesso lo status di rifugiato, con un aumento del numero dei dinieghi di circa il 10% rispetto allo scorso anno. Per l’onorevole Kelany, si tratta di un “cambio di rotta” che “conferma – ha detto – la linea di fermezza del governo Meloni sull’immigrazione irregolare: accoglienza e tutele per i veri rifugiati, tolleranza zero per chi – ha concluso – si fa beffa delle regole”.

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