L’obiettivo del governo è semplicemente quello di evitare che i giudici, nelle loro decisioni, facciano prevalere le loro convinzioni personali, la loro ideologia. Il governo vuole semplicemente che vengano applicati i suoi decreti, approvato dal Parlamento in rappresentanza del popolo italiano, secondo delle prerogative e delle scelte che sono puramente politiche: la scelta dei Paesi sicuri è politica e spetta al governo – l’ha detto la Corte di Cassazione –, le scelte in fatto di immigrazione sono politiche e spettano a chi detiene il potere esecutivo. Alla magistratura spetta valutare soltanto nel singolo caso se il migrante corre un oggettivo rischio nell’essere rimpatriato. Ma liberare tutti i 43 clandestini provenienti da Paesi sicuri (Bangladesh ed Egitto), non sembra essere il frutto di un’accurata selezione ad personam.
Anche l’Europa segue la linea del governo italiano
La magistratura finora è riuscita ad avere la meglio su tutti i tentativi del governo di rivendicare – la Cassazione dice a ragione – la legittimità di tali decisioni. Le toghe rosse hanno ignorato ad esempio che la lista dei Paesi sicuri è stata innalzata, dopo approvazione del Parlamento, ad atto avente forza di legge, come pure, con l’alibi di aspettare la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, stanno ignorando la stessa sentenza della Corte di Cassazione che ha rimesso nelle mani dell’esecutivo la competenza di decidere sui Paesi sicuri. E hanno abilmente sviato la decisione di innalzare la decisione sui trattenimenti alle Corti d’appello. Una decisione che venne presa a fine anno, che fu spiegata così in una nostra intervista da Sara Kelany, deputato di Fratelli d’Italia, responsabile del dipartimento Immigrazione e firmataria proprio dell’emendamento che introduceva questa novità: “Con questo emendamento, sostanzialmente stabiliamo che per le convalide dei trattenimenti la competenza non è più delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, ma invece diventa della Corte d’appello in composizione monocratica. Questo per due ragioni: uno, perché sgraviamo sostanzialmente le sezioni specializzate in materia di immigrazione di una delle tante competenze che posseggono e facciamo sì che si possa velocizzare il lavoro delle pratiche quotidiane; poi, innalziamo ad un giudice superiore – perché ricordo che i consiglieri di Corte d’appello sono giudici di maggiore anzianità e di maggiore esperienza – la cognizione rispetto ad una materia che tratta anche di diritti umani”.
Ma le toghe rosse sono riuscite ad avere la meglio. Come? I giudici delle sezioni specializzate in immigrazione, i primi che hanno ignorato la lista dei Paesi sicuri, sono stati stranamente “assunti” nelle Corti d’appello e ora, allo stesso modo, decidono sui trattenimenti come mesi fa. Da fonti parlamentari ancora da confermare, ci sarebbe quindi la volontà di bloccare questo processo, per evitare che i giudici delle sezioni specializzate siano trasferiti nelle Corti d’appello. Una soluzione che sarebbe comunque in attesa della sentenza definitiva della Corte di Giustizia dell’Unione europea, che dovrebbe arrivare a fine febbraio. In merito, l’apertura della Corte di Cassazione e le tendenze ormai chiare della Commissione europea sembrano dare ragione al governo italiano: l’intenzione, alla fine, sarà quella di unificare le legislazioni e predisporre una lista dei Paesi sicuri comune a tutti gli Stati membri. E a quel punto qualsiasi tentativo di ideologizzare il tema dell’immigrazione da parte delle toghe rosse, sarà completamente vano.