Il Consiglio dei Ministri del 4 maggio ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di amministrazione di enti pubblici e società, di termini legislativi e di iniziative di solidarietà sociale.
In questo decreto lungo ed articolato, è contenuta anche l’introduzione del limite di età a 70 anni per il pensionamento dei direttori delle Fondazioni lirico-sinfoniche.
Una previsione che ha scatenato clamore mediatico e polemiche, in particolare da parte del PD e di Alleanza Verdi e Sinistra.
Nella loro visione, questa norma darebbe il via all’occupazione della destra del servizio pubblico e sarebbe un decreto ad personam, degno di Putin e Medvedev.
Secondo le loro ricostruzioni, si tratterebbe di una manovra del Governo Meloni che avrebbe il solo ed unico obiettivo di spostare l’attuale AD della Rai Carlo Fuortes al San Carlo di Napoli.
In questa ottica, Stéphane Lissner, ad oggi sovrintendente della Fondazione Teatro di San Carlo, diventato 70enne lo scorso gennaio, dovrebbe lasciare la direzione a favore di Fuortes, che si dimetterebbe dal ruolo ricoperto in Rai con un anno anticipo.
In realtà, questo provvedimento ha davvero poco a che vedere con il futuro lavorativo dell’AD Rai.
Anzi, sarebbe stato molto meglio agire molto prima in questo senso: si tratta, infatti, di una norma volta ad eliminare una disparità di trattamento, che, oggi, esiste tra i direttori italiani e quelli stranieri, i quali, per quanto concerne il pensionamento, seguono la disciplina dei Paesi di provenienza, sebbene vengano retribuiti dalle casse dello Stato italiano.
Dunque, non c’è nessun decreto del governo volto a commissariare la Rai come parte dell’opposizione sostiene, sebbene l’azienda del servizio pubblico versi in una situazione economica, amministrativa e contenutistica davvero molto critica: infatti, lo scorso 26 maggio è stato proclamato da tutte le sigle sindacali lo sciopero generale – non accadeva da decenni – appoggiato anche dall’ADRAI, l’organizzazione che rappresenta i dirigenti.
Nonostante ciò, Fuortes non viene rimosso dal Governo Meloni: sceglierà lui – qualora gli si dovesse presentare un’altra opportunità – se lasciare ora il ruolo in Rai oppure attendere la scadenza del suo mandato.
Alla base delle sterili polemiche, pertanto, c’è solo una sinistra che, negli anni in cui è stata al Governo – spesso a prescindere dai consensi nel Paese reale – si è spartita tutte le poltrone disponibili degli enti pubblici non in base alle competenze, ma in base all’appartenenza ad una certa area politica e di pensiero, lottizzando anche la Rai.
Oggi, vorrebbe indebitamente continuare a farlo, nonostante il Parlamento ed il Governo abbiano tutt’altro colore e programma politico, reclamando una superiorità morale ed intellettuale, che consentirebbe loro di decidere sull’affidamento dei ruoli chiave dello Stato, a prescindere dai risultati elettorali conseguiti.