Olimpiadi, l’incontro tra Macron e Khelif e il cambio improvviso del Cio per favorire le teorie woke

Imane Khelif non è una totale sconosciuta. Forse in Italia la sua condizione ha destato scalpore soltanto ora che, alle Olimpiadi di Parigi, ha incontrato sul ring l’italiana Angela Carini, riservandole un paio di cazzotti in faccia, quanto basta per il ritiro in circa 40 secondi, e per farle dire: “Fa malissimo”. All’estero, però, l’algerina era già nota. Tutta colpa dei social, i cui algoritmi fanno tornare alla ribalta della cronaca un video in cui la pugile, nel 2022, venne presentata nientepopodimeno che ad Emmanuel Macron. Il presidente francese appariva entusiasta nell’incontrare la giovane, pronunciando alcune parole che a molti suonano, adesso, come una predizione: “Faccio il tifo per te” le disse nel 2022, esprimendo la speranza di vederla alle “sue” Olimpiadi due anni dopo, apparendo visibilmente affascinato per la storia dell’atleta.

Ambasciatore Unicef

Nata da una famiglia povera, Khelif ha fatto valere il proprio talento per arrivare ai livelli raggiunti oggi. Ma quello che colpisce il mondo woke è la sua natura intersex, cioè il suo alto livello di testosterone che le conferisce una certa vicinanza al mondo maschile. E la Carini ne sa qualcosa. Khelif ha colpito così tanto che l’Unicef l’ha resa ambasciatrice per l’Algeria. Un ruolo di pacificazione, che, si legge sul sito ufficiale dell’agenzia Onu, viene riservato a “persone scelte per la loro notorietà, affidabilità, professionalità e credibilità, disponibili a donare parte del proprio tempo per coinvolgere l’opinione pubblica sui temi dei diritti dell’infanzia”. Ma anche l’Onu, dopo l’incontro, è stata capace di cadere in un controsenso bello e buono: perché se da un lato la Khelif resta ambasciatrice Unicef, dall’altra la sua presenza alle Olimpiadi nelle categorie femminile è stata criticata da Reem Alsalem, relatrice sulla violenza contro le donne. “Angela Carini – ha scritto – ha giustamente seguito il suo istinto e dato priorità alla sua sicurezza fisica. Ma lei e le altre atlete non avrebbero dovuto essere esposte a questa violenza fisica e psicologica basata sul loro sesso“.

Il cambio del Cio

Ma sulla Khelif c’è da raccontare un altro episodio curioso. La pugile algerina era stata squalificata dai campionati del mondo a Nuova Delhi, in India, lo scorso anno proprio perché non aveva superato la cosiddetta “verifica del sesso“: il suo elevato livello di testosterone, in pratica, non era risultato idoneo per permettere all’algerina di competere tra le donne. Si preferì, insomma, non cedere alle derive woke ed equalitaria che consentirebbero a chiunque di cambiare sesso in base all’umore della giornata, in base a un sentimento anche passeggero. Si preferì, dunque, preservare l’incolumità delle altre atlete. Quest’anno a Parigi non è stato così, come pure ci si poteva aspettare. Ma non è solo una questione di cedere alla deriva woke: il Comitato Olimpico Internazionale, infatti, in occasione delle Olimpiadi parigine, si è liberato dell’Iba, l’International Boxe Association, colpevole della squalifica di Khelif in India. Al suo posto, il Cio ha preferito creare dal nulla un ente regolatore interno, il Paris 2024 Boxing Unit. Forse un modo per controllare meglio regolamento e partecipanti? Forse un modo per incidere, quasi con valenza simbolica, in uno degli sport in cui il divario fisico e naturale tra uomo e donna è maggiore?

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