Non serve seguire con costanza la politica campana per sapere che Vincenzo De Luca, Presidente della Regione, non si è mai sentito, a quanto pare, parte integrante del mondo dem, tantomeno da quando Elly Schlein è stata letta a capo della segreteria. Lui che, durante le primarie, ha appoggiato lo sfidante Stefano Bonaccini, con annesso caso, scoppiato nella provincia di Caserta, di tessere – per così dire – “gonfiate”. L’amore tra Elly Schlein e Vincenzo De Luca, insomma, non è mai scoppiato e probabilmente non scoppierà mai. Ma quello che resta agli atti è la distanza, sempre più incolmabile, tra il governatore e il suo stesso partito. Anche perché la frattura tra amministrazione campana e segreteria nazionale era già piuttosto evidente in molte altre micro-tematiche, come la questione delle alleanze o la gestione dei rifiuti.
Sistema di potere
La settimana dei dem è finita così come era iniziata: con De Luca che, tra minacce e casi giudiziari, fa il bulletto con la segretaria, incapace di farsi rispettare e, malgrado qualche dichiarazione forte e, a tratti, scandalosa, non riesce a imporsi né a trovare un’alternativa. L’ira del salernitano era riesplosa quando dal Nazareno avevano lanciato delle vere e proprie bordate contro il governatore: tutto iniziato con il caso Alfieri, il “sindaco delle fritture di pesce” accusato di turbata libertà degli incanti e corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio nel suo comune, Capaccio Paestum. Fatto che aveva portato l’europarlamentare napoletano, Sandro Ruotolo, a parlare di “sistema di potere deluchiano”. Parole che sono passate un po’ in sordina, malgrado la loro gravità: è forse veramente la prima volta che dal Nazareno denunciano l’andamento della politica campana, con un termine forte qual è “sistema di potere”. E proprio come in tutte le classi, a scuola, c’è quell’amico che si atteggia a bulletto, così De Luca spaccia per oro colato i suoi voti e il suo esercito di amministratori locali – quelli che a febbraio scorso hanno sfilato per le strade di Roma cercando di invadere Palazzo Chigi protestando contro l’autonomia – proponendosi per il terzo mandato, con o senza il Pd: “Chi c’è c’è”.
Il lanciafiamme
Non ne hanno fatto una bella figura né lui (che è apparso soltanto come il classico politico che minaccia tutti, come fa Renzi) né il Pd (debole e agli sgoccioli). La frattura tra De Luca e il resto del partito è tale che, alla festa del Foglio organizzata a Firenze, il governatore è tornato ad armarsi di metaforici lanciafiamme e a sparare a zero sulla segretaria: “Schlein – ha detto – ha poco tempo davanti per cambiare il Pd, che ancora oggi ospita tutto ciò che è contro natura, ragione e decenza”, anche grazie a “un gruppo dirigente che nel 90% dei casi non rappresenta nulla né nei territori né nella società italiana”. Il fallimento del campo largo è un altro tema toccato da De Luca e motivo di rottura con il Nazareno: “Oggi il Pd è più isolato di due anni fa: i 5 Stelle hanno rivendicato una loro autonomia, Calenda sta per i fatti suoi, Renzi decide in autonomia. Quindi, con quale coalizione ci presentiamo?”. E invece il programma del Pd? Presenta dei vuoti “clamorosi”: “La sicurezza, un bene primario, le tematiche della scuola, perché in Italia si è perduto il principio di autorità, la giustizia. Non conosco alcuna proposta sul tema”. Un partito dunque che manca di “curiosità intellettuale” o di “intelligenza politica”. Il Pd non è pronto per essere l’alternativa del Paese: “Se mi chiede l’alternativa alla Meloni faccio fatica a rispondere”. È dunque guerra. È l’ennesimo grattacapo per il Nazareno. Come possono proporsi a capo di un campo largo se non riescono neppure a fare pace all’interno dello stesso partito?