L’intervento dello Stato nei salvataggi bancari è tornato di gran moda. Ma non esisteva una procedura, definita a livello europeo, chiamata bail-in? sembra che non esista più perché il sistema politico italiano non è in grado di accettarne le conseguenze di una rigorosa applicazione. La motivazione ufficiale è che il bail-in “punisce ingiustamente” il piccolo obbligazionista, la motivazione vera invece, visto come stanno andando le cose, è che se si portassero le perdite a bilancio il capitale sociale si azzererebbe, sarebbe necessario far entrare altri azionisti e le attuali maggioranze azionarie (che girano quasi tutte attorno ai partiti, in particolare attraverso le “fondazioni bancarie” che essi controllano) perderebbero il controllo che da sempre esercitano sul sistema creditizio.
Se infatti ci pensiamo tutte le soluzioni sino ad ora prospettate da parte politica hanno questo comune denominatore: garantire che il sistema politico non perda il proprio antico controllo sul sistema bancario.
Se ci fosse stato bisogno di ulteriori conferme l’avremo ottenute guardando alle nuove nomine della Banca Popolare di Bari, reduce da un salvataggio che più che dello Stato, la vedrebbe passare in mano ai partiti politici.
La banca barese, dopo il salvataggio pubblico, da fine giugno è partecipata al 97% dal MedioCredito Centrale che, tramite Invitalia, fa capo al Mef. Occorreva quindi procedere rapidamente alla nomina dei nuovi organi sociali di Banca Popolare di Bari per dare immediata attuazione al piano industriale, come aveva suggerito lo stesso amministratore delegato di Mcc, Bernardo Mattarella. Ma qualcosa poi non deve essere andato per il verso auspicato e a fine agosto i commissari della banca hanno annullato l’assemblea di metà settembre, non essendo stata depositata – per motivi misteriosi – la lista dei nuovi amministratori.
Ecco che adesso, ad elezioni avvenute, spunta la rosa dei nomi candidati al consiglio di amministrazione; il prossimo 15 ottobre, infatti, si dovrà chiudere il periodo di commissariamento per tornare ad una gestione ordinaria dell’istituto. I candidati in totale sono 17. Sette fanno parte della lista presentata da Mediocredito Centrale, che attualmente detiene il 97% della banca barese. Si tratta dell’ex capo della Polizia e presidente di Leonardo Giovanni De Gennaro nel ruolo di presidente, l’ex vice dg di Mps Giampiero Bergami, già direttore generale e futuro amministratore delegato, Elena De Gennaro, chief financial officer di Mediocredito, la docente universitaria Paola Girdinio e i tre avvocati pugliesi Cinzia Capano, Roberto Fusco e Bartolomeo Cozzoli.
Gli altri dieci nomi sono stati proposti in due liste alternative. La prima, depositata da Giuseppe e Alessandra Carrieri, candida Domenico di Paola (presidente), Giuseppe Carrieri, Vittoria Giustiniani, Annamaria Bonomo e Umberto Ruggiero. La seconda proposta è opera di Ada Meterangelis e candida Pasquale Pilla (presidente), Matteo D’Auria, Mario De Bellis, Floriana Fortunato e Adele Ferraro.
Appare abbastanza scontato che a prevalere saranno nomi appartenenti alla prima lista, considerando il peso (97%) del proponente. In questa lista ci sono nomi molto vicini a Michele Emiliano: Cinzia Capano, infatti, è ex deputata del Partito Democratico ed in passato in Giunta con l’allora sindaco di Bari. Bartolomeo Cozzoli è invece un consigliere del ministro Francesco Boccia.
Ma non sarebbero forse servite figure al di sopra di ogni sospetto, senza alcun legame con la politica locale o nazionale e professionalmente adeguate? Non si rischia così l’ennesimo sperpero di denaro pubblico?
La maggiore popolare del Sud, diventata società per azioni, doveva nei progetti della politica diventare una grande banca al servizio della ripresa di tutto il Mezzogiorno. Purtroppo, dopo mesi di gestione straordinaria, i progetti sono ancora fermi sulla carta. L’evoluzione sperata verso un futuro autonomo e redditizio è solamente, come immaginavamo, nella carta, e adesso le possibili nuove nomine fanno fortemente dubitare che l’operazione vada a buon fine.
La storia del Monte dei Paschi di Siena non ci ha insegnato proprio niente.