L’onda lunga della rivoluzione conservatrice europea sembra aver trovato un nuovo protagonista a Est. In Romania, il leader di AUR George Simion ha ottenuto oltre il 40% dei voti al primo turno delle presidenziali, scompaginando gli equilibri tradizionali e affermandosi come interprete di un sentimento diffuso di insofferenza verso l’establishment tecnocratico europeo. Il suo successo non è un episodio isolato, ma si inserisce nel più ampio processo di crescita delle forze sovraniste e identitarie che attraversa il continente e che ha nell’ECR (Conservatori e Riformisti Europei) uno dei suoi principali riferimenti politici.
Ne abbiamo parlato con l’onorevole Nicola Procaccini, copresidente del gruppo ECR al Parlamento europeo, per comprendere il significato politico di questo risultato, il rapporto tra Romania e Unione Europea, le sfide comuni con l’Italia sul piano economico, culturale e migratorio, e il ruolo che la libertà di espressione deve tornare ad avere in una democrazia realmente pluralista.
Onorevole Procaccini, George Simion ha ottenuto oltre il 40% dei voti al primo turno delle presidenziali rumene, segnando un successo significativo. Come interpreta questo risultato nel contesto della rivoluzione conservatrice europea promossa dall’ECR?
Il risultato ottenuto da George Simion è un chiaro segnale del vento nuovo che soffia in Europa. Ritengo che questo successo vada inquadrato come parte integrante della più ampia rivoluzione conservatrice che sta attraversando il continente. Da tempo noi conservatori denunciamo i limiti di un’Europa burocratica, centralista e distante dai cittadini. L’ascesa di forze come quella guidata da Simion testimonia la voglia di cambiamento e la ricerca di un’Europa delle nazioni, dove identità, sicurezza e benessere non siano in contrasto con la cooperazione europea, ma ne siano il fondamento, garantendo più partecipazione, meno tecnocrazia, più orgoglio nazionale e meno omologazione ideologica. George Simion ha saputo intercettare queste esigenze.
Noi conservatori abbiamo la nostra identità politica, siamo una destra moderata nei toni ma ferma nei principi e credo non sia un caso che, dovunque ci siano elezioni in Europa, i valori conservatori si vadano sempre più affermando. Insieme ad Italia e Repubblica Ceca, la recente nomina di Bart De Wever a primo ministro ha fatto del Belgio la terza nazione UE con un premier espresso da un partito membro del gruppo dei Conservatori e Riformisti (ECR) al Parlamento Europeo. Si tratta di un risultato storico, che racconta della crescita dei Conservatori anche al Consiglio europeo.
Dopo i Popolari, ora l’ECR è il secondo gruppo politico più rappresentato nel Consiglio insieme ai Socialisti, mentre ci sono ministri conservatori nelle compagini governative di Bulgaria, Finlandia e Svezia. Rappresentiamo una tradizione, un’identità, una cifra politica ben definita e in molti parti dell’Europa si guarda a noi peralimentare la speranza del ritorno dell’UE alla sua aspirazione originale: un’alleanza di popoli fratelli e non un asfissiante super stato centralista. Unmodello confederale, dove le nazioni non scompaiono, anzi, sono decisive, fondamentali nella loro libertà e sovranità che devono essere salvaguardate
I media mainstream descrivono Simion come una minaccia per l’UE e la NATO, nonostante il suo ampio consenso popolare. Come risponde a queste critiche e quali azioni concrete potrebbe intraprendere una sua presidenza per rafforzare la sovranità della Romania all’interno dell’Alleanza Atlantica?
Questa narrazione da parte di certi media mainstream è ormai diventata un riflesso automatico ogni volta che una figura politica non allineata al pensiero unico ottiene il sostegno popolare. George Simion non è una minaccia per l’Unione Europea né per la NATO. I colleghi del partito AUR, guidato da Simion, fanno parte del Gruppo dei Conservatori al Parlamento europeo. Che include decine di deputati europei che militano in partiti già al governo delle rispettive nazioni.
Insomma, rappresentiamo un movimento politico che può essere certamente definito “di destra”, ma nient’affatto “di estrema destra” o addirittura “di ultra destra”. Simion ha ribadito che non ha alcuna intenzione di uscire dall’UE, ma puntualmente viene descritto sui giornali italiani come un “hooligan” anti-europeo. Ha anche spiegato che l’appartenenza della Romania alla Nato è vitale per la sua sopravvivenza, eppure viene etichettato come anti-Nato e dunque filo russo. Non c’è nulla di antieuropeo o antioccidentale in questo. Una presidenza Simion potrebbe contribuire in modo più concreto alla sicurezza regionale nel quadro della NATO, con particolare attenzione al Mar Nero e al controllo sui flussi migratori alla frontiera orientale.
Non si tratta di mettere in discussione le alleanze, ma di renderle più equilibrate, rispettose e utili per i popoli che rappresentano. Definirei quello di Simion un “eurorealismo”, che cerca di conciliare l’appartenenza all’Occidente con la riaffermazione della centralità dell’interesse nazionale romeno.
L’annullamento delle elezioni di novembre in Romania ha sollevato preoccupazioni sulla tenuta democratica del Paese. A fronte di quanto sta accadendo anche in Francia e Germania, quali strumenti proponete per garantire l’integrità dei processi elettorali e democratici in futuro?
L’annullamento delle elezioni in Romania è un segnale estremamente preoccupante. Ha rappresentato una pericolosa eccezione alla democrazia in Europa. Non vorrei che la demonizzazione di Simion sia prodromica ad una nuova decisione in questo senso. Cancellare la democrazia per difendere la democrazia, sarebbe un errore tragico.
Come gruppo ECR siamo per l’adozione a livello europeo di standard minimi vincolanti per garantire la regolarità dei processi elettorali in tutti gli Stati membri. Questo include azioni e strumenti come la trasparenza assoluta nel finanziamento delle campagne elettorali e la tutela del pluralismo politico e della par condicio nei media pubblici. Vanno inoltre riviste quelle procedure d’emergenza, a cui si tenta di fare ricorso ed usarle allo scopo posticipare o manipolare il voto democratico.
È giunto il momento di dire con chiarezza che l’Unione Europea non può essere inflessibile con alcuni Stati quando si tratta di ‘stato di diritto’, e cieca con altri quando la deriva colpisce governi graditi all’establishment. L’integrità democratica va difesa ovunque e con gli stessi criteri.
Se eletto, Simion si unirebbe a Giorgia Meloni nel Consiglio Europeo, rafforzando significativamente la presenza dei conservatori. In che modo Italia e Romania potrebbero collaborare per promuovere politiche che tutelino le economie nazionali e valorizzino l’identità dei popoli europei?
Questo rappresenterebbe un passo strategico verso il consolidamento di un asse conservatore che metta al centro l’interesse dei popoli europei. Italia e Romania, pur con storie diverse, condividono valori profondi: radici cristiane, rispetto per la sovranità nazionale, attaccamento alla famiglia, alla comunità e alla dignità del lavoro.
Su questi pilastri si può costruire una cooperazione virtuosa. Insieme, possiamo promuovere politiche economiche che tutelino le imprese locali, difendano il lavoro dalle logiche del mercato globale incontrollato e contrastino la concorrenza sleale da parte di attori esterni all’UE. In ambito agricolo, energetico e industriale, Italia e Romania possono battersi per una maggiore flessibilità normativa e per fondi europei che vadano davvero a sostegno dei territori. In generale, si può agire per richiedere maggiore flessibilità nei vincoli di bilancio e nei Piani di Ripresa (PNRR), con particolare attenzione ai settori strategici: energia, agricoltura, industria manifatturiera.
Inoltre, possiamo farci promotori di una nuova agenda culturale europea che superi l’omologazione ideologica e valorizzi le identità nazionali, le lingue, le tradizioni, la libertà educativa e il diritto dei popoli a decidere sul proprio destino. In altre parole: più Europa delle nazioni, meno Europa dei burocrati
L’immigrazione irregolare continua a preoccupare molti cittadini europei. Quali iniziative concrete proponete per affrontare questa sfida, e come potrebbe Simion rafforzare l’enorme lavoro di Giorgia Meloni per politiche dell’UE serie e rigorose in materia di sicurezza e controllo delle frontiere?
L’immigrazione non deve essere una fatalità, ma una questione da governare nel rispetto della legge e della volontà dei cittadini. Giorgia Meloni ha aperto una strada, ottenendo risultati importanti anche grazie ai rapporti con Paesi africani e con le istituzioni europee. Con Simion, quel lavoro potrà contare su un alleato convinto e determinato e rafforzare l’azione di Meloni portando l’asse conservatore più a Est, rappresentando un importante alleato nel trasformare la politica migratoria dell’UE da una gestione emergenziale a una strategia di prevenzione e controllo condivisi.
I governi conservatori, come quello guidato da Giorgia Meloni, hanno finalmente riportato al centro dell’agenda europea la necessità di coniugare umanità e fermezza, solidarietà e controllo. L’eventuale elezione di George Simion rappresenterebbe un rafforzamento decisivo per questa battaglia per governare e non subire il fenomeno migratorio, che si basa su alcuni elementi fondamentali:
- il pieno controllo delle frontiere esterne, con il sostegno a missioni di rimpatrio efficaci e coordinate;
- accordi vincolanti con i Paesi di origine e transito, per fermare le partenze e aumentare i rimpatri;
- chiusura delle rotte del traffico di esseri umani, anche con misure di deterrenza in mare e controlli più severi alle ONG che operano fuori da ogni cornice giuridica trasparente;
- collaborazione con gli stessi Stati di origine e transito dei migranti per garantire il diritto a non emigrare, attraverso un’azione coordinata come è il caso del “Piano Mattei per l’Africa”;
- promuovere il diritto dei popoli a decidere chi entra nei loro confini, valorizzando l’integrazione responsabile e opponendosi a immigrazione incontrollata.
Italia e Romania condividono valori patriottici e una forte identità culturale. Quali progetti bilaterali potrebbero essere sviluppati per rafforzare i legami tra i due Paesi e promuovere una visione di Europa basata sulla cooperazione tra nazioni sovrane?
Italia e Romania, oltre a legami economici e storici, condividono valori e radici cristiane e una forte identità culturale, ma anche il valore della famiglia e la consapevolezza che l’Europa deve tornare ad essere una comunità di nazioni libere, non un progetto ideologico centralizzato.. In un’Europa che rischia di uniformare le diversità nazionali, un’alleanza bilaterale tra Roma e Bucarest potrebbe dare impulso a un modello di cooperazione tra nazioni sovrane e solidali.
Nel campo della cultura e istruzione, ad esempio, con collaborazione in ambito scolastico e universitario e un Forum culturale italo-rumeno per valorizzare l’eredità culturale condivisa. In ambito economico, promozione di poli industriali e infrastrutturali comuni, specialmente nei settori agroalimentare, energetico e manifatturiero, facilitando investimenti incrociati tra PMI italiane e rumene. Importante anche la collaborazione per la difesa dei confini e cooperazione per la sicurezza, mentre in ambito NATO l’Italia e la Romania possono essere protagoniste di una strategia condivisa per la sicurezza del Mar Nero e del Mediterraneo, a tutela della stabilità europea.
Simion ha denunciato tentativi di censura nei confronti di voci non allineate al pensiero dominante. Come intendete tutelare la libertà di espressione e garantire che il dibattito politico rimanga aperto e pluralista all’interno dell’Unione Europea?
La denuncia di George Simion riflette una crescente preoccupazione in tutta Europa: quella di un restringimento del dibattito democratico, spesso sotto forma di controllo dei media, pressione sulle piattaforme digitali o stigmatizzazione di posizioni sovraniste e conservatrici. Le denunce di George Simion sulla censura verso le voci non allineate non sono episodi isolati: sono il sintomo di una deriva pericolosa che colpisce oggi l’intera Unione Europea. Quando il pluralismo è sacrificato in nome di una presunta ‘correttezza’ ideologica, la democrazia si svuota e la fiducia dei cittadini crolla. Noi conservatori riteniamo inaccettabile che esista un pensiero unico imposto dai media pubblici e da grandi piattaforme digitali, mentre chi propone visioni alternative venga sistematicamente etichettato come ‘estremista’, ‘populista’ o addirittura ‘antidemocratico’.
Per questo, ci battiamo per un’Europa dove la libertà di parola non sia un privilegio, ma un diritto effettivo per tutti, anche attraverso iniziative concrete, come un osservatorio indipendente sul pluralismo nei media pubblici; una maggiore trasparenza e controllo sulle piattaforme digitali, affinché gli algoritmi e le politiche di moderazione non penalizzino contenuti sulla base di orientamenti politici o culturali non conformi al mainstream. Ma penso anche alla tutela degli spazi accademici e scolastici, oggi sempre più colpiti da forme di intimidazione culturale e cancel culture, affinché restino luoghi di libertà intellettuale e confronto autentico. In un’Europa dove il dissenso viene spesso etichettato come “disinformazione”, garantire spazi di confronto onesto e aperto è una priorità strategica.