Quell’inutile blaterare di patriarcato

Ormai lo schema con cui la sinistra e la pletora di giornali mainstream commentano il tema della violenza sulle donne è sempre lo stesso: brutale caso di cronaca; considerazioni alla buona sulle circostanze in cui il caso si è consumato; colpa attribuita al patriarcato e all’uomo bianco occidentale.

Addirittura, le attiviste di Non una di Meno sostengono convintamente che il governo di Giorgia Meloni sia un governo patriarcale, nonostante l’intensa attività svolta in poco più di due anni nella prevenzione e nel contrasto alla violenza di genere. 

Chiunque svolga un’analisi diversa della questione è guardato con sospetto e con sdegno. È accaduto, ad esempio, al ministro Valditara.

Tuttavia, come evidenzia Luca Ricolfi, le società occidentali non sono più caratterizzate dagli elementi tipici di quelle che, davvero, erano società patriarcali: la sottomissione dei figli al potere paterno, il matrimonio combinato e l’assoluta prevalenza dei doveri rispetto a qualsiasi diritto. 

Oggi, il padre – e, più in generale, la famiglia – hanno contorni evanescenti, per non dire inesistenti. Le figure autorevoli sono bistrattate e attaccate in ogni ambito della vita sociale: a casa, a scuola, all’università. Spuntano come funghi nuovi diritti da soddisfare e mai nuovi doveri a cui adempiere.

In questo contesto le donne continuano, purtroppo ancora con fatica, a compiere passi in avanti per rompere il soffitto di cristallo sopra le loro teste. Gli uomini, volenti o nolenti, sono costretti a confrontarsi con le loro conquiste e i loro successi. 

L’assenza di autorità e l’avanzare delle conquiste femminili ha, verosimilmente, contribuito a produrre uomini insicuri, invidiosi, egocentrici, possessivi, incapaci di affrontare i problemi o di accettare delle risposte negative. 

In estrema sintesi: questo ha prodotto uomini deboli. Sembrano in competizione con il genere femminile. Non sono alleati della donna che sostengono di amare, piuttosto costituiscono un limite alla sua crescita personale e professionale. 

Esemplificativo è il caso di Filippo Turetta: è stato definito come un ragazzo buono e tranquillo. Uno che non aveva mai dato problemi. Eppure ha pianificato nei dettagli l’omicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, che aveva deciso di lasciarlo, di avere più spazio per se stessa, di laurearsi prima e senza di lui, di cambiare città dopo gli studi. 

Ma i “femminicidi” e la violenza di genere globalmente considerata hanno poco a che vedere con il patriarcato. Invece, hanno molto a che vedere con il maschilismo, l’egocentrismo e con l’incapacità dell’uomo contemporaneo di gestire il rifiuto di una donna che, spesso, è più forte, più consapevole e più determinata di lui. 

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Federica Ciampa
Federica Ciampa
Romana classe 1995. Da sempre appassionata di politica, si laurea in Giurisprudenza. Dopo aver lavorato in diversi think tank legati al mondo della politica e delle istituzioni, attualmente fa parte dell'Ufficio Studi di Fratelli d'Italia.

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