Qui si fa la nuova Europa: il discorso di Meloni a Pescara è lo spartiacque dell’Unione europea

Sarà l’Europa dei patrioti e dei conservatori. I sondaggi parlano di un’ascesa dei partiti di destra in Europa come mai era stata registrata. Il vento sta cambiando, l’Europa dei burocrati e dei banchieri, da miraggio, potrebbe diventare realtà in pochi mesi. E l’Italia, e Fratelli d’Italia, segnano la retta via da seguire all’indomani del voto. La Conferenza programmatica conclusasi ieri a Pescara è in questo senso una sorta di spartiacque per l’Italia, che sta tornando protagonista in Europa, e per l’intero Continente, che potrebbe superare il trentennale predominio dell’alleanza tra socialisti, complici delle derive woke e green, e popolari, che troppo spesso hanno lasciato carta bianca ai colleghi di sinistra.

La nuova Europa deve virare a destra

Giorgia Meloni, nel suo intervento durato circa un’ora, ha tracciato la direzione da seguire per l’intera Europa nei prossimi anni. Lo ha fatto da leader, scendendo in campo con serietà, dando dimostrazione di alcuni fondamentali concetti: che le vittorie si ottengono sul campo, mettendoci la faccia in prima persona; che i risultati conseguiti non spetteranno per sempre di diritto, ma servirà mettersi continuamente in gioco e continuare a lavorare per meritarseli; che la destra ha fame di veder cambiare, migliorare, il mondo che i Padri ci hanno lasciato e che noi lasceremo alle generazioni prossime. Per questo, quel discorso è uno spartiacque, aprendo una nuova epoca per l’Europa, più vicina alla sua concezione di unione dei popoli, legati da comuni radici giudaico-cristiane. E per farlo, sarà indispensabile rispettare la regola fondamentale che Fratelli d’Italia ha sempre applicato: mai con la sinistra. Giorgia Meloni, dal palco di Pescara, l’ha ribadito con forza: “Quando noi diciamo ‘mai con la sinistra’ non stiamo utilizzando uno slogan buono da campagna elettorale ma da buttare il giorno dopo, parliamo di qualcosa che è nel nostro DNA. Vale a Roma e vale a Bruxelles, non ci interessa stare con tutti o dove stanno tutti”. Mai con chi porta avanti le teorie woke: è una questione di DNA. Anche perché, a credere nell’Europa unita non furono certo i comunisti o i socialisti: “Sessantasette anni fa, quando nel 1957 il Trattato di Roma istituiva la Comunità Economica Europea, comunisti e socialisti si schieravano contro mentre a votare a favore, insieme a democristiani, liberali e repubblicani, c’erano i parlamentari del Movimento Sociale Italiano”.

Europa di Stati nazionali

L’Europa che ora la destra vuole ricostruire è quella che ispirò la sua nascita: un’unione di Stati, di Nazioni, di popoli. Sotto il concetto espresso da Charles De Gaulle e riportato da Giorgia Meloni nel suo intervento a Pescara: “Non ci può essere altra Europa che quella degli Stati nazionali; tutto il resto è mito, discorsi, sovrastrutture”. Il nocciolo della questione: l’Unione europea deve iniziare ad essere meno forte con i deboli e meno debole con i forti. La nuova Europa deve lasciar governare i suoi Stati membri, smettendola di imporre ridicole condizioni da rispettare tradendo quel principio del ibero commercio e dell’iniziativa economica su cui dichiara di fondarsi. Ma, al tempo stesso, deve riuscire a diventare di nuovo determinante in campo internazionale, deve riuscire ad avere autonomia nel settore della politica estera e di difesa: “È evidente che finora non è stato così. Ci siamo cullati nella speranza che anche dopo il crollo del muro di Berlino qualcun altro si sarebbe fatto carico di garantire la nostra sicurezza e oggi capiamo che non può funzionare perché rischiamo di trovarci in balia di decisioni prese altrove”. Dunque, come l’Italia è tornata protagonista in Europa, così l’Europa dovrà abbandonare quella strana politica di neutralità che altro non ha ottenuto che il suo depotenziamento. Le parole usate da Giorgia Meloni a Pescara sono uno spartiacque per l’intero Continente, basi sostanziali della strategia che l’Europa del futuro dovrà mettere in campo. Alea iacta est.

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