L’articolo 1 del disegno di legge sul premierato è stato approvato al Senato. Il primo di un lungo iter legislativo che vedrà passare il testo da una Camera all’altra due volte, prima dell’eventuale ma probabile referendum che richiamerà tutto il popolo italiano alla urne per decidere le sorti della propria Nazione. Iter già lungo di per sé, dunque, e come giusto che sia, dalla previsione costituzionale della procedura aggravata per le modifiche della Costituzione. Iter che però viene rallentato da un ostruzionismo senza sosta delle opposizioni, che fin dall’inizio hanno promesso un contrasto netto alla riforma, rifiutando qualsiasi tentativo di dialogo a cui il centrodestra si era aperto. Opposizione fortissima, tanto da portare la segretaria del PD Elly Schlein a invitare i suoi uomini a oppugnare anche “con i corpi” il ddl. Così una miriade di emendamenti sono stati proposti e durante ogni discussione siamo costretti ad assistere a lunghissimi interventi che altro scopo non se non quelli di rallentare l’iter di approvazione, fare polemica e “buttarla in caciara”.
Oggi osannati, ieri ripudiati
L’approvazione di ogni articolo del ddl, da oggi in poi, sarà così: proteste su proteste, contestazioni su contestazioni, a volte frutto di un sano ragionamento politico, ma nella maggior parte dei casi semplici occasioni per gettare fumo negli occhi dell’elettorato. L’articolo 1 riguarda i senatori a vita, o meglio la loro abolizione. E su questo, è stato già detto e fatto abbastanza. La tesi della sinistra a difesa di questa “indispensabile” figura del nostro ordinamento, si basa sulla sua nomina presidenziale: sarebbe, infatti, uno di quei poteri del Capo dello Stato che la riforma, secondo la sinistra, andrebbe ad eliminare. E a poco importa se tra quelle poltrone si nasconde qualcuno (più di qualcuno) che fino a poco tempo prima aveva osteggiato il ruolo dei senatori a vita, deridendoli, persino cercando celatamente di far avvicinare (per chi crede nella scaramanzia) il giorno della loro morte, salvo poi ricredersi ad anni di distanza perché quei cinque illustri rappresentati della Repubblica furono fondamentali nel salvataggio del governo di riferimento tramite il voto di fiducia.
Polemiche su polemiche
Quale potrebbe essere una soluzione compromissoria? “L’emendamento che ho presentato – ha detto la senatrice a vita Elena Cattaneo intervenendo in Aula – prevede che i voti dei senatori a vita non siano computati nei voti di fiducia, e questo per allontanare l’ombra di politicizzazione di chi svolge questo ruolo”. Il riferimento della Cattaneo è a una proposta di legge risalente al 2021 e firmata da Ignazio La Russa e da Alberto Balboni. “Personalmente credo che in un clima diverso non modificherei la mia opinione”, la risposta del Presidente del Senato, che ha fatto indignare qualcuno. Polemiche riguardo La Russa anche su altre sue parole: “Una volta che abbiamo l’onore di poterla ascoltare, prosegua pure”, avrebbe detto presiedendo l’aula alla Cattaneo. Tutti da sinistra lo contestano, ma lui spiega: “Non era ironico, era deferente, se non riuscite a capire la differenza peggio per voi”. Come detto, la buttano in caciara. Disordine che si aggrava riguardo un presunto vaffa partito dal ministro Casellati verso l’opposizione, ma lei nega tutto. Si prova tutto, insomma, pur di celare il vero argomento centrale del dibattito: il premierato.
Ridare importanza al voto popolare
Alla fine, però, l’articolo uno ha ottenuto il sì del Senato. I senatori a vita, se l’iter legislativo andrà fino in fondo, non esisteranno più. Elena Cattaneo, Liliana Segre, Mario Monti, Carlo Rubbia e Renzo Piano saranno con tutta probabilità gli ultimi a ricoprire tale carica. Una carica che aveva un senso nell’Ottocento, nello Statuto Albertino, quando l’ingerenza monarchica sul Parlamento era ancora forte; che poteva essere accettata nel Novecento, come retaggio di una tradizione consolidata; che non può essere proposta oggi, in un periodo in cui le Camere e le Istituzioni vivono una continua delegittimazione democratica. Il voto del popolo sembra contare sempre meno e il premierato, con l’elezione diretta del capo del governo, vuole ovviare a questo problema. E il primo passo per farlo è eliminare quelle figure che non sono scelte direttamente dal popolo. La sinistra ha invece chiesto di aumentare il numero dei senatori a vita, da cinque a dieci: hanno paura del voto.