Con lo scoppio, di nuovo, di violenze nelle maggiori città italiane, specialmente dopo il ritorno sulle pagine di cronaca e di politica dei giornali del caso Ramy, l’egiziano morto in un incidente al termine di un inseguimento partito dalla sua fuga a un posto di blocco, è tornata la solita retorica della sinistra. Una retorica che si compone di due elementi fondamentali: da una parte, la flebile se non assente voce a sostegno degli agenti delle forze dell’ordine, che quasi diventano bersaglio di un accanimento che imputa su di loro responsabilità oggettivamente eccessive nell’esercizio delle loro funzioni, che spesso consistono nel rischiare la vita per inseguire il matto o il fuorilegge di turno; dall’altra, una malcelata ed esagerata solidarizzazione con chi protesta di fatto contro lo Stato e quasi sempre facendosi beffe della legge e dell’ordine pubblico: violenza diffusa, lacrimogeni, lanci di ogni genere di oggetto che possa provocare agli agenti dell’antisommossa. Una sensibilità verso i facinorosi che si può spiegare soltanto in un modo: in sostanza, anche i facinorosi votano e dire qualcosa a loro favore può portare a un vantaggio elettorale. Almeno in teoria, perché vediamo da mesi che più la sinistra tenta di minimizzare e giustificare certe azioni, tanto più il centrodestra vola nei sondaggi, riuscendo a varcare perfino la soglia del 50%. Nel 2022, per intenderci, arrivò al 43%.
Il sindaco di Bologna invita i facinorosi al Comune
C’è un esempio lampante e riguarda Bologna. Il capoluogo emiliano non è stato esente da disordini ma, piuttosto che condannarli fermamente, il sindaco Matteo Lepore, in quota Pd, ha pensato bene di invitare al Comune quanti avessero partecipato alle violenze. Un modo per “parlarsi e capire cosa si vuole fare in questa città”: “Preoccupa – ha detto lo stesso Lepore – che qualcuno possa strumentalmente utilizzare ragazzi, anche giovanissimi, per battaglie politiche che possono sfociare nella violenza”. È come se Lepore, dunque, cerchi di comprendere quali disagi si nascondano dietro certi disordini, facendo finta di non sapere che si tratta semplicemente della solita alleanza tra pro-Pal, centri sociali, collettivi, studenti (spesso anche un po’ datati) ideologizzati, immigrati di prima e seconda generazione ai quali, quasi sempre, interessa più creare scompiglio e trovare lo scontro che la polizia piuttosto che cercare il dialogo. “Dobbiamo respingere ogni tentativo di strumentalizzazione” ha detto ancora, anche perché le piattaforme social, da perni della democrazia odierna, non piacciono più alla sinistra da quando Musk è sceso in campo con Trump e Zuckerberg ha rivelato le pressioni di Biden: “Non sono dei luoghi del libero pensiero, abbiamo il compito d prendere le distanze da quel modo di gestire la realtà e la verità”.
FdI: “Lavoriamo al fianco degli agenti”
A differenza dell’ambiguità di certi politici, che lavorano nelle Istituzioni e le rappresentano pur rimanendo freddi nei toni quando si tratta di condannare violenze contro le forze dell’ordine, chi insomma garantisce quelle stesse Istituzioni, Fratelli d’Italia ha scelto da che parte stare. Nelle ultime settimane, in tutta Italia, i rappresentanti territoriali del partito si sono recati in questure e caserme per esprimere la loro vicinanza al comparto. Ieri il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan, ha confermato tale posizione: “Continueremo a lavorare in Parlamento per assicurare loro la massima tutela rispetto agli atti di questi teppisti, a partire dal ddl Sicurezza che è in Commissione al Senato e che questi atti spingono ad approvare tempestivamente”. Infine, il partito di Giorgia Meloni ha dato il via alla raccolta firme con delle istanze nette: “Inasprimento delle pene per resistenza, violenza, minaccia e lesioni al pubblico ufficiale, creazione del Reato di rivolta in carcere, maggiori strumenti di difesa, maggiore tutela legale per le nostre Forze dell’Ordine”.