Sinistre e liberal non riescono a rispettare chi non vota per loro

Il presidente USA Joe Biden è scivolato spesso in affermazioni tranchant e discutibili, riconducibili a varie forme di gaffe, e ciò è avvenuto anche prima che il Partito Democratico d’Oltreoceano si accorgesse di una sopraggiunta inadeguatezza dovuta all’età avanzata e provvedesse alla sostituzione con Kamala Harris. Pare comunque che quelle di Biden non siano solo frasi dal sen fuggite di un uomo anziano divenuto incapace di controllarsi a causa delle tante primavere alle spalle, perché forse il presidente dem è ben consapevole invece di ciò che dice e crede nel contenuto delle sue, diciamo così, topiche.

Certo, le posizioni forti o gli svarioni di Joe Biden provocano in ogni caso meno indignazione mediatica rispetto ad eventuali uscite politicamente scorrette di Donald Trump, il quale non deve poi fare e dire molto per ricevere la patente di estremista e fascista, ma del resto, è ben noto l’uso di pesi e misure differenti da parte dell’informazione mainstream, americana e occidentale in genere. Il presidente in carica dice talvolta delle cose terribili e l’ultima di queste ha riguardato gli elettori e i simpatizzanti di Trump, i quali, per l’attuale inquilino della Casa Bianca, sono letteralmente spazzatura. Persino Kamala Harris si è trovata costretta a prendere le distanze dal suo superiore e poi, lo stesso Joe Biden ha cercato di ridimensionare la boutade, ma una volta che la frittata è fatta non si può più tornare alle uova integre. Il candidato repubblicano ha reagito con ironia, che forse rappresenta l’arma migliore a pochissimi giorni dalle Presidenziali, facendosi riprendere a bordo di un camion della nettezza urbana.

Si dice che l’avvento di Trump e del trumpismo nella politica americana abbia polarizzato drasticamente lo scontro fra gli schieramenti negli Stati Uniti, e questo è per alcuni aspetti vero. La figura del tycoon è stata spesso, dal 2016 ad oggi, molto amata o molto odiata, senza troppe vie di mezzo, ma anche il Partito Democratico statunitense è parecchio cambiato perlomeno da una decina di anni a questa parte. Esso ha sempre rappresentato, naturalmente, l’alternativa liberal e, per dirla all’italiana, di centrosinistra al conservatorismo del Partito Repubblicano, in un radicato bipartitismo come quello USA, ma un tempo i dem si trovavano abbastanza lontani da integralismi ideologici e addirittura ospitavano una corrente, la Blue Dog Coalition, che se avesse operato in Italia si sarebbe posizionata nel campo del centrodestra, in opposizione agli ulivisti e piddini nostrani.

I Blue Dogs ancora albergano nello stesso partito di Biden, Barack Obama e Kamala Harris, ma si trovano ormai ridotti ai minimi termini perché l’avversario dei repubblicani pare avere via via abbracciato una sorta di massimalismo di sinistra che porta a giudicare i competitor e i loro sostenitori come nemici da spazzare via con strumenti più o meno leciti. Joe Biden è stato finora descritto come un esponente dell’ala moderata dei democratici, distinto da personaggi del partito tipo il senatore del Vermont Bernie Sanders o la giovane eletta presso la Camera dei Rappresentanti Alexandria Ocasio-Cortez, i quali non esitano a definirsi socialisti, (la parola socialismo costituisce una specie di tabù in America).

Eppure, sembra che il presidente si sia adattato a quello che è uno spostamento generalizzato a sinistra del Partito Democratico, che è diventato un poco più somigliante alle sinistre ideologiche e post-ideologiche di casa nostra. Gli ex comunisti italiani, magari non sempre del tutto ex, hanno mutuato la denominazione dal partito USA dell’Asinello, ma, invece di diventare loro più anglosassoni, sono gli anglosassoni ad essere divenuti un po’ italiani, in particolare, un po’ uguali agli eredi del PCI del nostro Paese. Gli elettori e i fans di Donald Trump sono spazzatura per Biden come essi erano deplorevoli anni fa per Hillary Clinton, (il marito Bill era più moderato ed attento), perciò, i democratici americani non considerano degni di rispetto coloro i quali votano per l’avversario, anche se rappresentano come minimo l’altra metà dell’America, che può pure trasformarsi in maggioranza fra qualche giorno.

È accettabile, nel turbinio della campagna elettorale, dire peste e corna del concorrente, ma schifare i cittadini che intendono appoggiare la sua proposta politica avvelena la democrazia, eppure, quantomeno per Biden e per larghi strati dell’establishment liberal, chi vuole The Donald alla Casa Bianca è meno americano degli altri ed è anche giusto, fra l’altro, usare i Tribunali per fermare il leader dell’America deteriore, viste le numerose inchieste a carico dell’ex presidente repubblicano. Ci vengono senz’altro in mente gli ex o post-comunisti italiani e i dem tricolori, i quali, oltre al ricorso illecito a determinate toghe amiche, hanno ritenuto in maniera costante, dagli anni di Silvio Berlusconi a quelli odierni di Giorgia Meloni, di presentare lo schieramento avversario come un cancro da estirpare anche attraverso soluzioni brutali e di scaricare fango e rabbia sulla base elettorale dell’altra parte.

Gli italiani che sostenevano Berlusconi alle urne, sebbene rappresentassero una maggioranza interclassista e interregionale, erano solo gli arricchiti della Brianza, i piccoli egoisti senza uno straccio di cultura e i lobotomizzati-rimbambiti dalle televisioni del Cav, e non è mai importato che presso le reti Mediaset abbiano lavorato schiere importanti di conduttori, giornalisti e personaggi dello spettacolo di sinistra. Gli elettori della destra di Giorgia Meloni, e pure della Lega di Matteo Salvini, sono presi da paure irrazionali, credono che tutto si risolva con muri e frontiere chiuse, vogliono azioni semplici per problemi complicati, e ovviamente, non possiedono un quoziente intellettivo più alto dei “commenda” e delle “sciure” che si spellavano le mani alle convention di Forza Italia. Tale concezione razzista ed elitaria della democrazia è stata respinta a più riprese in Italia, le ultime consultazioni Politiche, Amministrative ed Europee sono state eloquenti, e ci auguriamo che avvenga la stessa cosa fra pochissimo negli Stati Uniti d’America.

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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