“Invecchia, Meloni, al cospetto di una donna ancora nei suoi trent’anni che non origina dal comunismo come lei dal fascismo”. Tuonano così le arroganti parole di Concita De Gregorio, ospitate ovviamente da Repubblica.
“Una giovane di questo tempo: non figlia politica di, non madre, fino all’altro giorno non iscritta al partito che guida, non eterosessuale, niente di tutto quel che rassicura i conservatori e molto di quel che manca a chi vorrebbe cambiare la rotta della storia”.
Leggendo la cieca arringa della De Gregorio spiccano tutto quello che la Schlein “non è”. “Non è una politica”, “non è una madre”, non è eterosessuale”.
Una grossolana apologia del nulla, figlia di un nichilismo sciocco e distruttivo che si compiace immeritatamente di se stesso, senza alcun merito, e che guarda con ammirazione la dissoluzione dei legami naturali e sociali, sollevando ormai solo la bandiera dell’alienazione dell’essere umano dal contesto biologico di nascita.
Del resto la Schlein ha dato finalmente un corpo (giovane) all’ideologia tanto cara alla sinistra, un tempo operaia, proletaria e anticapitalista, che negli anni ha dismesso le vesti di paladina dei diritti sociali per occuparsi esclusivamente dei diritti civili, trastullandosi sempre più su questioni epifenomeniche, predicate ad una società che vorrebbe sempre più fluida, incitando alla dissoluzione dei vincoli naturali, della famiglia, di ogni appartenenza alla nostra cultura, nel più assoluto disprezzo per le tradizioni e senza nessun senso di appartenenza. L’unico valore risiede allora nel più radicale individualismo libertario.
Una sinistra che ha rinunciato da tempo alla rivoluzione sociale ed economica e alla lotta di classe per esercitare il suo ruolo nella sfera dell’etica libertaria, dei costumi e dell’orientamento sessuale.
In effetti con la sua arringa la De Gregori marca brillantemente la netta differenza tra Schlein e Meloni: vorrebbe tacciare la Premier di arretratezza politica di pensiero, ma evidentemente ignora che la Schlein, anche nella sua apologia, rappresenta per noi l’avversario ideale, configurandosi a pieno titolo come l’antitesi di ciò che siamo e pensiamo. E a differenza di Concita De Gregori non lo diciamo né per rabbia né per disprezzo, ma per semplice constatazione.
Poco ci importa se la sinistra liquidi con sarcasmo i nostri valori con la frase “Dio, patria e famiglia”. Perché noi di quei valori andiamo fieri, come siamo rispettosi delle nostre tradizioni in un’epoca segnata dalla velocità come la nostra, in cui abbiamo bisogno di punti fermi che sfidano la precarietà.
Lasciamo volentieri alla sinistra le battaglie per sostenere gli uteri in affitto, la legalizzazione della droga e tutte le campagne ideologiche espressioni di élites borghesi, del popolo Lgbt e del mondo della finanza che si riunisce a Davos.
CI scuseranno gli intellettuali progressisti ma a noi, pur concedendo il beneficio del dubbio alla nuova arrivata consideriamo il Pd una forza politica senza ideologia e senza classi di riferimento, il cui unico tratto identitario, recentemente, sono state le primarie.