Taglio del cuneo fiscale e riforma Irpef saranno strutturali, compariranno in pratica in ogni manovra di Bilancio. È un altro traguardo raggiunto dal Governo Meloni, presente nel Piano strutturale di Bilancio che ora, secondo le nuove clausole del Patto di Stabilità, deve essere consegnato dall’esecutivo alla Commissione europea, sostituendo così la vecchia Nota di aggiornamento del Def di ottobre. Nel piano, come riportato anche dai maggiori quotidiani finanziari, è contenuta la conferma delle due misure per cinque anni: piano che, una volta consegnato alla Commissione europea, non potrà essere più modificato se non in caso di cambio di esecutivo.
Il passo in avanti
Così, il Governo Meloni ha riconfermato le due misure cardine delle ultime leggi di Bilancio, che tanto hanno giovato ai cittadini italiani, specialmente ai redditi più bassi, determinando un aumento oltre i 100 euro al mese. Tra le tempeste di un’informazione che all’ordine del giorno ne spara di nuove sulle possibili clausole contenute nella prossima finanziaria, tanto da far reagire la stessa premier Giorgia Meloni che in un video insieme al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti faceva notare il paradosso delle “ricostruzioni su una legge di Bilancio che dobbiamo ancora scrivere”, mai era stato messa in dubbio la riconferma delle due misure. Ma ora il passo in avanti: taglio del cuneo e riforma Irpef sono strutturali.
Verso l’allargamento
Questa, dunque, la principale notizia in merito all’incontro di ieri tra governo e sindacati, Confindustria e parti sociali. Notizia che, ovviamente, ha lasciato soddisfatti i rappresentanti sindacali, dall’Ugl alla Cisl, fino alla Uil. E non poteva essere altrimenti: il taglio del cuneo fiscale e contributivo comporta una riduzione delle tasse del 7% per i redditi fino a 25mila euro e del 6% per i redditi fino a 35mila euro, ma potrebbe allargarsi, come più volte annunciato dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo, anche a redditi più alti, fino a 60mila euro. Per fare ciò, occorreranno tra i 2,5 miliardi e i 4 miliardi di euro: 2,5 miliardi serviranno per abbassare l’aliquota dei redditi fino a 50mila euro dal 25% al 33%, mentre altri 4 serviranno per abbassare l’aliquota dei redditi fino a 60mila. Chi, poi, guadagna più 60mila euro, vedrà applicarsi l’aliquota al 43% che attualmente è utilizzata per chi guadagna più di 50mila euro.
Riforma Irpef e pensioni
Anche la riforma dell’Irpef è stata resa strutturale: una riforma che ha permesso di avvicinarsi all’obiettivo della flat tax contenuto nel programma di governo, riducendo gli scaglioni a tre (nella prima legge di Bilancio passarono dai cinque originari a quattro, nella seconda poi passarono a tre), applicando le aliquote più basse. Nel nuovo piano, poi, è contenuta anche un’ulteriore misura: la rivalutazione piena delle pensioni all’inflazione. Così facendo, dunque, le pensioni saranno rivalutate al 100% per quelle fino a 4 volte il minimo (che il governo ha già provveduto ad aumentare, oltre i 600 euro), al 90% per le pensioni da quattro a cinque volte la minima e al 75% per le pensioni da sei volte in su.
Sindacati soddisfatti
Altro tema trattato, come riporta il Messaggero, è la sanità, per la quale è già previsto un incremento della spesa: dipenderà dalla crescita del Pil che, secondo i dati forniti dall’Istat, sembra promettere bene, rispettando ampiamente le previsioni contenute nel Def e avvicinandosi all’ambita soglia dell’1% auspicata ad aprile dagli uffici di via XX Settembre. Notizie che hanno lasciato soddisfatti i rappresentanti delle varie sigle sindacali: Giancarlo Sbarra della Cisl ha detto che “accogliamo con favore lo sforzo del Governo nel delineare una traiettoria di rientro prudente e responsabile”.