Trump arricchito? No, perseguitato. Ecco cosa Gabanelli non dice

Con il suo ultimo Dataroom, perfino una grandissima giornalista come Milena Gabanelli ci offre un esempio lampante del giornalismo selettivo che porta avanti in maniera sistematica la narrazione del “Trump brutto e cattivo” omettendo fatti cruciali e sorvolando con nonchalance sugli scandali altrui. Numeri e fatti, però, dicono che la realtà è ben diversa da quella a senso unico raccontata ieri sera nello studio del TG LA7 insieme ad Enrico Mentana.

Trump dona 400.000 dollari l’anno: un gesto ignorato

Trump ha recentemente confermato che farà anche per i prossimi quattro anni ciò che fece durante il suo primo mandato: rinunciare allo stipendio presidenziale di 400.000 dollari annui, donandolo a enti pubblici come il Dipartimento della Salute, i Parchi Nazionali e il Dipartimento per gli Affari dei Veterani. Un gesto raro, condiviso solo da John F. Kennedy e Herbert Hoover, che dimostra un impegno concreto a non gravare sui contribuenti. Ogni trimestre, Trump annunciava pubblicamente le donazioni – come i 100.000 dollari al National Park Service nel 2017.


Un fatto pubblico e verificabile, ma che Gabanelli omette. Perché? Non si adatta alla narrazione del “miliardario senza scrupoli” che usa la politica per arricchirsi.

Un accanimento giudiziario senza eguali: 540 milioni di sanzioni

Trump non ha goduto di alcuna impunità, anzi: è stato il bersaglio di un accanimento giudiziario senza precedenti nella storia americana. I numeri parlano chiaro:

  • Stormy Daniels (New York): 34 capi d’imputazione per un pagamento di 130.000 dollari. Processo iniziato il 15 aprile 2024 e concluso il 30 maggio con condanna. Multe da 10.000 dollari e spese legali milionarie. Sentenza commutata il 10 gennaio 2025.
  • Frode civile (New York): Trump accusato di aver gonfiato i propri asset per 3 miliardi. Sentenza del 16 febbraio 2024: sanzione da 355 milioni (454 con interessi), cauzione da 175 milioni e divieto triennale di operare come dirigente.
  • E. Jean Carroll: due condanne per diffamazione e presunto abuso sessuale, basate su accuse di decenni fa, senza prove materiali. Totale: 88,3 milioni di dollari.
  • Russiagate: indagine da 32 milioni di dollari durata due anni, senza alcuna prova di collusione con la Russia. Ma per Trump, spese legali a sei zeri.
  • Elezioni 2020 e documenti classificati: 44 capi d’imputazione in due procedimenti federali, archiviati il 25 novembre 2024. Costi legali: decine di milioni.
  • Georgia: 8 capi d’imputazione per presunta interferenza elettorale. Caso sospeso il 19 dicembre 2024. Altre parcelle milionarie.

In tutto, oltre 225 procedimenti, 540 milioni di sanzioni, 100-150 milioni in spese legali.
Molti lo definiscono un tentativo sistematico di distruggerlo economicamente e politicamente. Gabanelli, però, suggerisce che Trump «si sia arricchito con la politica». Come si può parlare di arricchimento in mezzo a un assedio giudiziario di questa portata?

Imprenditore di successo: criptovalute e valore per tutti

Trump è un imprenditore affermato da decenni, con un patrimonio stimato in 3 miliardi di dollari già nel 2019 (fonte: Forbes). Dopo la presidenza, ha lanciato un progetto legato alle criptovalute che ha generato centinaia di milioni di dollari. Ma non solo per lui: migliaia di investitori ne hanno beneficiato. Un’iniziativa privata, legittima. Gabanelli la presenta come avidità personale. Noi la chiamiamo capacità di fare impresa nel rispetto delle regole. Perché non riconoscerlo?

Hunter e Joe Biden: uno scandalo sotto silenzio

Perché non citare Hunter Biden, che incassava fino a 1,2 milioni l’anno dalla società Burisma Holdings – sotto indagine in Ucraina – pur non avendo esperienza nel settore energetico? Nel luglio 2023, l’ex socio Devon Archer ha testimoniato al Congresso che Joe Biden, allora vice di Obama, era “il brand” che Hunter sfruttava per chiudere contratti. Archer ha descritto cene al Café Milano di Washington con oligarchi come Yelena Baturina (3,5 milioni versati a una società legata a Hunter) e Vadym Pozharsky di Burisma. Joe Biden era presente.

Nel 2013, durante un viaggio a Pechino, Joe incontrò Jonathan Li, futuro partner di Hunter in BHR Partners. Da quell’incontro, affari per milioni. Nel 2017, l’azienda cinese CEFC versò 3 milioni di dollari, di cui 1,06 finirono alla famiglia Biden. Tutto confermato da bonifici e email del laptop di Hunter, inizialmente censurato dai media.

Nel dicembre 2024, Joe Biden ha graziato suo figlio per reati fiscali e possesso illegale di armi. Un atto senza precedenti. Eppure, Joe Biden è stato incredibilmente citato da Gabanelli tra gli esempi virtuosi contrapposti a Trump.

Obama e Clinton: da debiti a milioni, senza domande

Barack Obama è passato da 3 a 40 milioni di dollari grazie a libri, conferenze e Netflix. I Clinton, partiti da debiti legali nel 2001, hanno raggiunto i 200 milioni in 15 anni, grazie a speech ben pagati e alla Clinton Foundation.

Tutto legittimo. Ma se la questione è l’arricchimento dopo la politica, perché indignarsi solo per Trump? Perché non applicare lo stesso rigore a tutti?

Clinton Foundation: donazioni sospette, nessuna inchiesta

Nel 2015, il Washington Post ha rivelato che la Clinton Foundation ricevette decine di milioni da governi come Arabia Saudita, Emirati Arabi e Algeria mentre Hillary era Segretario di Stato. Alcuni di questi donatori ottennero incontri diretti con lei, in violazione di un accordo etico. Email e documenti mostrano che questi incontri non erano casuali. Eppure, nessuna inchiesta. Forse è più facile attaccare superficialmente Trump anche perché scavare nei rapporti tra denaro, potere e Partito Democratico equivarrebbe a smascherare quella stessa narrazione a senso unico dando così ragione al “tiranno” Trump.

Libertà di stampa o propaganda finanziata?

Gabanelli accusa Trump di minacciare la libertà di stampa, riferendosi ai tagli ai fondi pubblici per NPR e PBS (oltre 100 milioni l’anno). Ma chi finanzia la stampa ha il diritto di chiedere equilibrio. PBS ha prodotto l’85% di copertura negativa per i repubblicani, contro il 54% positiva per i democratici. NPR ha ignorato lo scandalo Hunter Biden e smentito la teoria della fuga del Covid da laboratorio, oggi ritenuta plausibile da FBI e CIA. Trump non ha chiuso giornali né arrestato giornalisti: ha tagliato i fondi pubblici a chi fa attivismo con i soldi dei contribuenti. È censura o richiesta di pluralismo? 

Questa attitudine selettiva dei media mainstream, che si traduce in un’informazione a senso unico, è tra le principali cause del crescente disaffezionamento verso i mezzi d’informazione tradizionali. Sempre più persone, stanche di vedere la realtà distorta o parzialmente raccontata, si rivolgono a fonti alternative, a canali liberi e indipendenti, dove possano trovare punti di vista diversi, magari anche opposti, ma almeno autentici.

Non è un caso che giornali come La Voce del Patriota stiano crescendo in autorevolezza e numeri, mentre TV e quotidiani storici fatichino a trattenere il pubblico e a mantenere la propria credibilità.

La gente non è stupida: capisce quando le viene raccontata una storia già decisa in partenza. E ovviamente smette di fidarsi di chi, oltretutto, poi si meraviglia se milioni di persone «purtroppo» (Mentana dixit) votano per leader sgraditi. 

È la democrazia, bellezza.

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Alessandro Nardone
Alessandro Nardone
Consulente di marketing digitale, docente alla IATH Academy, è autore di 9 libri. È stato inviato di Vanity Fair alle elezioni USA dopo aver fatto il giro del mondo come Alex Anderson, il candidato fake alle presidenziali americane del 2016.

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