Ue, anche Parigi contro le regole green: il pericolo è perdere altra competitività

Uno dei temi sui cui l’Italia sta imponendo un cambio di paradigma all’Europa è quello ambientale. Il Green Deal ha rischiato di distruggere l’economia dei singoli Paesi europei: gli agricoltori hanno sofferto politiche folli che imponevano pesanti rallentamenti alla produzione e mettevano a rischio i prodotti locali di fronte alla concorrenza sleale estera. Allo stesso modo, l’automotive ha risentito dello stop ai motori termici dal 2035 imposto dall’Unione europea. Così l’Italia, da quando al governo è arrivato il centrodestra, ha protestato fortemente queste misure: a fine 2024, ha presentato, insieme ad Austria, Bulgaria e Polonia, il non-paper relativo alla revisione del Meccanismo di Adeguamento del Carbonio alle Frontiere, che prevede la tassazione delle importazioni da Paesi extra-UE con regolamentazioni climatiche meno rigorose. Una protesta a cui si è unita, seppur ancora timidamente, anche la Germania, con il cancelliere socialista Olaf Scholz che ha criticato l’incertezza delle politiche europee, che “sta causando una riduzione degli acquisti, danneggiando i produttori e la crescita della mobilità elettrica nel suo complesso. È quindi necessario fornire rapidamente chiarezza sul futuro orientamento dell’Unione europea riguardo alla mobilità elettrica”.

Malgrado ciò, uno dei perni su cui si è formata questa nuova Commissione europea nata nella seconda metà del 2024, è proprio la volontà di continuare a premere con convinzione su queste clausole. Uno dei motivi che portò Fratelli d’Italia a votare contro la rielezione di Ursula von der Leyen a presidente dell’esecutivo comunitario. Un’Europa probabilmente sorda davanti ai segnali che le vengono inviati dall’interno (è il caso dell’Italia) ma anche dall’esterno, con il no di Donald Trump alla prosecuzione degli accordi di Parigi sul clima.

Parigi dura contro l’Ue: “Bisogna semplificare”

Per la Commissione, però, continuano ad arrivare richieste di invertire la rotta. Dopo quella del socialista Scholz, è arrivata anche quella del governo francese, che di fatto ha domandato la sospensione di alcune clausole contenute nel Green Deal. Si chiede, in pratica, di sospendere la direttiva sulla due diligence, che impone alle aziende europee di rispettare l’ambiente e i diritti umani nelle loro sedi in tutto il mondo. Secondo il ministro francese agli Affari europei, Benjamin Haddad, “le nostre imprese hanno bisogno di semplificazione, non di ulteriori oneri amministrativi”. Una richiesta che unisce a quella inerente la Csrd, l’altra direttiva con cui l’Ue ha imposto alle aziende di rendicontare la propria sostenibilità ambientale e sociale. Insomma, le richieste sono molto semplici: l’Europa dovrebbe semplificare la vita alle sue aziende, e non complicarla. Dovrebbe smetterla di essere quel gigante burocratico che, con le sue clausole, mette in difficoltà le aziende e rallenta la loro produzione. Secondo Bloomberg, inoltre, Parigi ha preparato una relazione di 22 pagine in cui, con toni molto forti, chiede all’Ue di limitare le regole sulle emissioni. Regole che sono “mal adattate al nuovo contesto di esacerbata concorrenza internazionale e alle politiche non cooperative”.

È tempo di svegliarsi per l’Europa

Insomma, dopo la Germania, anche la Francia si unisce all’appello lanciato dall’Italia mesi e mesi fa. E non è certamente un caso se proprio Berlino e Parigi stanno affrontato crisi economiche e politiche senza precedenti negli ultimi decenni. E forse non è neppure un caso che questo appello di Parigi, che con Macron è stata attentissima nel seguire le direttive europee, arrivi in concomitanza con il ritorno di Trump alla Casa Bianca: la Francia e l’Europa intera – è questo forse la preoccupazione di fondo – non riuscirebbero a reggere la concorrenza di Paesi economicamente più forti e soprattutto non sottoposti alle stesse clausole vessatorie. Già la Cina sembra essere uno scoglio insormontabile per le aziende europee: dover competere anche con gli Stati Uniti potrebbe significare un harakiri per l’Unione. È tempo di svegliarsi per l’Europa.

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