Nel vertice a tre fissato per venerdì mattina alle ore 10 a Palazzo Chigi che vedrà incontrarsi i leader dei partiti di maggioranza, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani, la legge di bilancio ricoprirà un ruolo principale, anche se politicamente il grosso è stato fatto: da sciogliere ci sono prima i nodi sulle candidature alle Regioni o sulla Rai, mentre sulla legge finanziaria c’è già una chiara unità politica e di intenti: bisogna abbassare le tasse, bisogna assistere i redditi più bassi, bisogna riconfermare le misure vincenti degli scorsi anni, magari renderle strutturali, con l’obiettivo di allargare quanto più possibile anche a redditi più elevati. Servirebbero infatti altri 2,5 miliardi di euro per inglobare nel taglio del cuneo fiscale anche i redditi fino a 50-60mila euro all’anno che potrebbero vedere abbassarsi la loro aliquota Irpef. Dunque, il Governo Meloni lavora senza sosta sulla manovra, con gli uffici di via XX Settembre che non si sono mai fermati neppure durante la pausa estiva di agosto. È infatti importantissimo garantire di nuovo, per il terzo anno di fila, misure a sostegno delle fasce meno abbienti, sia sul lato della tassazione, sia in quanto a sostegno alle famiglie e alla natalità: da confermare ci sono i bonus mamme, che devono essere allargati anche alle madri con partite Iva.
Meno tasse
Interessante è la questione del taglio del cuneo fiscale: la misura costa intorno ai 10 miliardi di euro e così ingloberebbe poco meno della metà di tutta la legge finanziaria (il cui valore si stima intorno ai 23 miliardi di euro). A tale misura va sempre accostata quella dell’accorpamento delle aliquote Irpef, che per due anni consecutivi sono state ridotte da cinque a quattro nella prima legge finanziaria di questo governo, e da quattro a tre nell’ultimo bilancio, con conseguente adattamento dell’aliquota più bassa alla fascia più ricca di quelle accorpate. Un ulteriore taglio per l’aliquota al 35%, che trova applicazione per i redditi fino a 50mila euro, costa circa 1 miliardo per punto percentuale. Con la riduzione di due punti, l’obiettivo dell’esecutivo, si arriva a una spesa di 2/2,5 miliardi di euro. Per la reperibilità dei fondi, molto dipenderà dalla buona riuscita del concordato preventivo biennale, una delle misure introdotte dal Governo Meloni che mira a dare maggiore responsabilità al contribuente, costruendo un regime di anticipo fiscale di due anni sulla base degli ultimi redditi dichiarati, con la possibilità di non vedere tassati i possibili maggiori profitti fino al 30% in più di quanto previsto. Ma i suoi risultati saranno visibili soltanto ad ottobre.
A sostegno della famiglia
La famiglia, poi, è tra le priorità di questo esecutivo. C’è l’intenzione di riconfermare i tanti bonus ideati dall’esecutivo e di allargare quello destinato alle mamme lavoratrici con 2 o più figli, assunte con contratto a tempo indeterminato e che si estende fino al compimento del diciottesimo anno d’età del figlio minore. La misura, al momento, vale soltanto fino a dicembre: l’obiettivo, come detto, è allargarlo a tutte le professioni, e su questo è arrivata anche la rassicurazione di alcuni membri dell’esecutivo, quale il ministro del Lavoro Marina Calderone. La misura in effetti funziona: nei primi sei mesi del 2024, ne hanno beneficiato ben 627mila donne italiane, vale a dire circa l’80% delle possibili beneficiarie. Un modo, dunque, per stare al passo con la genitorialità e per permettere alle madri di continuare la loro carriera lavorativa. In totale per le famiglie dovrebbe essere prevista una spesa intorno al miliardo di euro, con altre ipotesi sul tavolo, come l’esclusione dal conteggio Isee dell’assegno unico universale, di cui stanno beneficiando circa 6 milioni di nuclei familiari. “Continueremo a lavorare – ha detto nei giorni scorsi Nicola Calandrini, presidente della V Commissione Bilancio – affinché misure come questa possano essere sempre più efficaci e accessibili, contribuendo a creare un ambiente più favorevole alla nascita e – ha concluso – alla crescita dei figli in Italia”.