“Una rosa per Norma Cossetto” questo il nome dell’iniziativa che coinvolgerà più di centoventi comuni italiani il prossimo cinque ottobre; sarà celebrata in un luogo dedicato alla giovane studentessa istriana o in una via o piazza intitolata ai Martiri delle Foibe o, qualora non ci fossero altri luoghi adatti, presso il monumento ai caduti, attraverso un gesto delicato e gentile, quello del posare una rosa, per commemorare l’assurdo martirio di una giovane italiana in un momento in cui l’impegno e l’italianità sembrano fuori moda e sviliti il suo esempio ha portato 120 città a in piazza, davanti a tutti e per tutti a ricordare.
Violentata, seviziata e gettata in una foiba dai partigiani comunisti il 5 ottobre 1943.
Il progetto di Silvano Olmi e Maurizio Federici è stato presentato in conferenza stampa alla Camera il primo ottobre insieme a Emanuele Merlino, vicepresidente del “Comitato 10 febbraio”, agli Onorevoli Luca De Carlo (FdI), Massimiliano Panizzut (Lega), Guido Germano Pettarin (Forza Italia), al Presidente dell’ANS Gaetano Ruocco, la Medaglia d’oro al merito civile Ermenegildo Rossi e la Vicepresidente nazionale dell’ANVGD Donatella Schurzel.
“Asciugare la polemica ideologica”, come ricorda Merlino, è essenziale affinché la giustizia prevarichi le parti; tuttavia non è certo verso la pacificazione che si muove chi, ancora oggi, giudica Norma come “icona della destra”, o chi, come l’ Amministrazione Comunale di Padova, sul ricordo dei martiri delle Foibe, parla di “utilizzo xenofobo della storia”, né tantomeno chi, come la preside del Liceo Classico di Gorizia frequentato da Norma come spiega l’On. Pettarin, si rifiuta di apporre una targa in suo ricordo nell’istituto. Come se gli stupri, le sevizie subite, le sue lacrime inascoltate, il pianto ignorato, il dolore sbeffeggiato dai suoi aguzzini non ne avessero già bastevolmente offeso la carne. Ora la paura e l’odio ideologico mistificano la realtà, usando una narrazione non solo offensiva, ma anche storicamente imprecisa. Mentre il calvario da lei subìto avrebbe dovuto imporre a tutte le forze politiche – e a tutti gli Italiani – una denuncia durissima, un profondo rispetto tale da non sminuire, o ancor peggio negare, il Suo sacrificio estremo e l’indecente sopruso sofferto. In questo quadro si inserisce la necessità sempre più impellente di un sentimento condiviso per commemorare una vittima nazionale, che non merita di essere ascritta e relegata ad una sola fazione, giacché il suo gesto è così grande da imporsi alla memoria storica della Nazione intera. Uno spiraglio di luce è provenuto in questo senso dal messaggio dell’On. Deborah Serracchiani – per via di impegni istituzionali non presente alla conferenza -, nel quale si afferma che “ oggi Norma Cossetto appartiene all’Italia intera, non a qualcuno” ed incoraggia nei giovani “un amor patrio consapevole, fatto di orgoglio e non di rancore”. Già nel dopoguerra, il Rettore dell’Università di Padova, su proposta di Concetto Marchesi e del Consiglio della Facoltà di Lettere e Filosofia, conferiva la laurea ad honorem a Norma Cossetto: “Caduta per la difesa della libertà.” L’8 febbraio 2005 Le veniva concessa la Medaglia d’oro al merito civile dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Il 10 febbraio 2011, l’Università degli Studi di Padova e il Comune di Padova scoprirono nel Cortile Littorio del Palazzo del Bo’ una targa commemorativa.
Tuttavia, molto ancora è da fare in onore di questa giovane istriana e per il rispetto delle vittime delle Foibe e dell’esodo giuliano-dalmata; tra le intenzioni una proposta di legge per revocare le onorificenze a Tito (ad oggi è Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana), infittire gli accordi bilaterali con la Croazia e la Slovenia per identificare con dignitosi pannelli i luoghi in cui furono infoibati molti italiani e per incoraggiare il bilinguismo nelle zone di confine. Un gesto sicuramente semplice ma estremamente incisivo sarebbe, poi, quello di intitolare una strada, una scuola, un giardino a Norma Cossetto nelle città in cui ancora manca, per meglio assimilare la sua figura alla nostra identità, anche attraverso la toponomastica.
Nel ricordarla varrebbe la pena di abbandonarsi allo stesso amore per la vita che guidava Norma, una ragazza come tante che nel ’43 praticava pallacanestro, tiro con l’arco e si stava laureando. Una giovane colma di sogni, speranze, ardore bruciante. Se solo avessimo solo un grano del suo immenso coraggio sapremmo vivere davvero in un presente in cui spesso attraverso il sentimentalismo si confonde il bene col male, il giusto con lo sbagliato. Proprio con lo sguardo fisso alla sua chiarezza, alla sua strenua volontà di rimanere coerente che, con sforzo, dobbiamo andare oltre alla tristezza ed al compianto. Una figura adamantina, così è stata definita dal giornalista Silvano Olmi, che, come una madre tramuta la sofferenza del parto in Vita, ha lasciato del suo tormento e del suo patire un patrimonio di Amore.
Una studentessa, un’insegnante, un’istriana, un’italiana capace oltre il tempo e lo spazio di essere esempio e generatrice di vita.
In un momento in cui l’impegno e l’italianità sembrano fuori moda e sviliti il suo esempio ha portato 120 città a in piazza, davanti a tutti e per tutti a ricordare.