L’Europa sta andando pian piano a destra. Non una scelta proprio della classe dirigente che, con numeri risicati e in bilico fino alla fine, è riuscita a mantenere in vita lo status quo che detiene da anni, allargando, anziché diminuendo (come invece chiedevano gli elettori) la “maggioranza Ursula” verso sinistra, con l’ingresso dei Verdi, veri sconfitti della tornata elettorale. Lo spostamento verso destra è un obbligo dei numeri voluti dai cittadini: la possibilità, ne abbiamo trattato su questo giornale, che si vengano a creare delle coalizioni diverse da quella che regge la Commissione, con un maggiore peso delle destre, è tutt’altro che remota. Specialmente considerando il peso crescente dei giovani europei, che alle ultime elezioni hanno fortemente influenzato la crescita dei partiti di destra in giro per gli Stati membri. Una richiesta di cambiamento che non può non essere ascoltata. D’altronde, il fatto che lo stesso Consiglio europeo sia di fatto formato da un crescente numero di capi di Stato appartenenti al mondo della destra, dovrebbe far riflettere chi, a Bruxelles, pensa di utilizzare con le proprie regole le istituzioni comunitarie. Le dovute pressioni della destra sulla Commissione, dunque, saranno determinanti sui grandi temi.
Green in discussione
In fatto di immigrazione, a dire il vero, il cambiamento sta già avvenendo da mesi. Da quando, nel dettaglio, Giorgia Meloni, in qualità di Presidente del Consiglio italiano, è riuscita ad esportare oltre i confini europei la sua visione sulla gestione dei flussi e sulla difesa dei confini. Ma, tra i tanti altri grandi temi che l’Europa è chiamata ad affrontare, c’è quello dell’agricoltura, sulla quale l’Unione europea dovrebbe rimediare ai propri errori: anni di politiche sbagliate hanno costretto contadini e allevatori a vedere calare i loro ricavi, i loro risparmi, a vedere infruttuosi i propri investimenti. Per via di vere e proprie follie europee, come il Green Deal, il Farm to Fork e la Pac che, tra le tante cose che disciplinano, avrebbero voluto il rallentamento delle coltivazioni, rimboscando il continente come successe nell’alto Medioevo. Solo che lì, a quel tempo, le terre furono lasciate incolte per spopolamento, fame, povertà, epidemie e carestie, mentre oggi si farebbe per follia e derive ecologiste. Il Governo Meloni, assieme al ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, fu uno dei primi a denunciare la situazione di forte disagio vissuta dagli agricoltori.
Un primo passo
Ora un piccolo passo in avanti sta arrivando, con le 14 raccomandazioni contenute nel documento redatto dagli esperti guidati dal professor Peter Strohschneider: si legge, al suo interno, che l’Europa deve spingersi verso il “sostegno diretto agli agricoltori che ne hanno bisogno”, creando “un Fondo temporaneo e complementare alla Pac che acceleri la transizione verso la sostenibilità del settore agroalimentare europeo”. In pratica, si è compreso, se la Commissione farà sue tali raccomandazioni, che la transizione verde potrà avvenire soltanto se a misura d’uomo, e non solo a spese e a danni del consumatore (in questo caso, del produttore). Il che, appunto, inizia ad essere in linea con le intenzioni del Governo Meloni, che preme verso una transizione che non sia ideologica. Sostegno, poi, che dovrà essere non più in base agli ettari disponibili, ma in base a quanto viene coltivato e prodotto, al fine di “prevenire l’abbandono delle aziende agricole e contribuire a garantire agli agricoltori un reddito dignitoso, rivolgendosi a quelli più in difficoltà, in particolare alle aziende agricole piccole e miste, ai giovani agricoltori, ai nuovi operatori e alle aree soggette a vincoli naturali”. Una linea, insomma, che inizia ad essere diametralmente opposta alle politiche di Timmermans che contrastavano addirittura la produzione agricola europea ed esponevano, in questo modo, il continente alla concorrenza di altri Paesi del mondo non sottoposti a simili vincoli. Il cambio di passo è da imputare anche al crescente peso delle destre in Europa e certamente all’impegno quotidiano di chi, a Bruxelles, alza la voce per riconoscere ciò che ai cittadini spetta.
Speriamo che rinsaviscano, soprattutto i popolari ed allora se ne potrebbero vedere delle belle nelle votazioni!