Si dovrebbe effettivamente parlare dell’assegno unico, una misura che si è rivelata effettivamente utile per le famiglie italiane, non certo per i motivi per i quali la sinistra l’ha portata agli onori della cronaca. Con una bufala colossale lanciata da Repubblica, senza alcun riferimento alla realtà, senza alcuna base veritiera su cui poggiarsi, il quotidiano si è inventato di sana pianta che il Governo Meloni sarebbe pronto a eliminare totalmente la misura all’interno della prossima legge di Bilancio. Legge di Bilancio che verrà ultimata a dicembre e che per ora ha di certo soltanto l’innumerevole sfilza di ipotesi dalle quali è accompagnata. Si conosce l’indirizzo politico del governo, che è quello di una minore tassazione, di una maggiore vicinanza ai redditi medio-bassi e di un maggiore sostegno per le famiglie. Ma, in concreto, nulla ancora di sicuro: da quale fonte Repubblica abbia attinto una notizia data così per certa, ancora non si sa. Accusa peraltro molto strana, perché rivolta a un esecutivo che ha aumentato già diverse volte l’ammontare del sussidio. Ma i riflettori sull’assegno unico, piuttosto che inventandosi una fake news bella e buona, sarebbe giusto accenderli per altri motivi: non per il presunto taglio dell’esecutivo che la premier Meloni e il ministro Roccella hanno assicurato non esserci, ma per la procedura d’infrazione ingiusta lanciata da Bruxelles nei confronti dell’Italia. Che è un male non per il governo, ma per tutta la Nazione: questo la sinistra dovrebbe tentare di capire.
L’ingiusta procedura
L’Unione europea infatti si è scagliata contro la misura, deferendo l’Italia alla Corte di giustizia europea, perché “nel marzo 2022 l’Italia ha introdotto un nuovo regime di assegni familiari per figli a carico, in base al quale i lavoratori che risiedono in Italia per almeno 2 anni o i cui figli non risiedono in Italia non possono beneficiare della prestazione”. Una decisione giusta: se non vivi in Italia, non accedi al sussidio, non andrai a sperperare i soldi dei contribuenti altrove. E invece per l’Unione europea non è così, volendo difendere la posizione dei lavoratori mobili e degli stranieri. Una tale decisione ammazzerebbe la misura, non solo perché non avrebbe più senso (sarebbe un incentivo alla natalità fuori dall’Italia), ma anche perché affosserebbe i conti dello Stato, un po’ come successe con il Reddito di Cittadinanza, per il quale furono imposti pochi e facilmente scavalcabili limiti di percezione. Oggi sei milioni di famiglie accedono alla misura, per una spesa totale di circa 20 miliardi di euro. I nuovi beneficiari, secondo delle stime, potrebbero essere 1 milione. E a quel punto, sarebbero due le possibili vie d’uscita: o si allarga ulteriormente una spesa già difficile da aumentare (e nonostante questo, il Governo Meloni ci è già riuscita nei mesi scorsi) oppure abbassare per tutti gli importi di una misura ottima per chi ha figli ma comunque non ancora abbastanza alta per incentivare le giovani coppie ad avere dei figli.
La sinistra va contro gli interessi italiani
Piuttosto che sproloquiare, insomma, la sinistra potrebbe unirsi in questo battaglia giusta contro una decisione, che giusta non è, dell’Unione europea. Giorgia Meloni ha inviato a “diffidare dalle ricostruzioni” di certi giornali, mentre il ministro Roccella ha chiesto ancora la sinistra a difendere gli interessi italiani in Europa: “Sulle contestazioni dell’Europa all’assegno unico abbiamo chiesto più volte a tutte le forze politiche di esprimersi, abbiamo chiesto unità nella difesa di questo strumento”, ma i risultati sono stati nulli. Ovviamente alla sinistra piace che l’Unione europea diffidi l’Italia. E chissenefrega se a subire gli effetti delle ingiuste decisioni della Ue saranno, ancora una volta, i cittadini. L’importante è avere qualcosa di buono a cui appigliarsi, giusto?
Il pensiero espresso dai burocrati europei potrebbe anche essere giusto. A patto che ci sia reciprocità con gli altri Paesi: l’Europa vuole che l’assegno unico valga anche per i lavoratori stranieri? Certamente, ma per quei lavoratori i cui Paesi di appartenenza abbiano nel loro ordinamento un Legge equivalente al nostro Assegno Unico e abbiano stilato con l’Italia un accordo di reciproco riconoscimento della misura tra i loro e i nostri cittadini.
Si badi bene: non può esserci reciprocità se un qualcosa pari al nostro Assegno Unico non esiste nell’altro ordinamento…