Contagi sempre in aumento, reparti in tilt, sistema sanitario in ginocchio, misure sempre più stringenti per evitare ulteriori contagi, ma improvvisamente gli italiani sentono la necessità impellente di uscire, di fare sport, di andare a correre, di uscire con il cane. Come le prime margherite di primavera l’Italia, invece di mettersi in trincea, riscopre la voglia di uscire, di abbracciarsi, di fare l’aperitivo.
Prima erano i giovani, che incoscienti del pericolo, gironzolavano spavaldi nell’ora dello spritz, adesso, con la stessa irresponsabilità proseguono su questa linea gli italiani che contestano le restrizioni, che spulciano il decreto per capire ciò che è concesso e ciò che gli viene “ingiustamente” tolto, chi non aveva il cane adesso se lo prende solo per aver la scusa di portarlo a passeggiare. Tutti a chiedere dove poter scaricare e stampare le autocertificazioni perché ovviamente hanno tutti un sacrosanto motivo per uscire: chi il parente malato, chi il farmaco salvavita in farmacia, chi il cane con la cistite.
Stamani sui social era una protesta continua, come se a nulla fosse servito l’enorme sforzo di centinaia di medici, infermieri, operatori sanitari che per oltre due settimane ininterrottamente hanno prestato servizio a flussi inarrestabili di pazienti che ora dopo ora hanno prima riempito i pronto soccorso e poi i reparti di terapia intensiva. Perché il virus «peggiora in modo veloce e drastico», hanno spiegato in tutte le lingue gli esperti, e soprattutto si diffonde molto velocemente.
I risultati delle simulazioni fatte per la Fondazione David Hume (www.fondazionehume.it), sono allarmanti: con gli attuali tassi di propagazione, se il virus non verrà rallentato drasticamente, potrebbero esserci centinaia di migliaia di decessi in pochi mesi. E comunque nella migliore delle ipotesi l’escalation dei contagi porterà all’impossibilità di assicurare per tutti la terapia intensiva. Per chi ancora non lo avesse capito le terapie intensive sono il luogo all’interno degli ospedali in cui viene garantito il supporto delle funzioni vitali a pazienti in situazioni gravi, non solo per il Covid-19. In pratica se collasserà il sistema sanitario i medici non riuscirebbero a salvare la vita neppure a chi finisce in coma etilico o a chi fa incidenti stradali, per fare un esempio.
Facciamo un calcolo veloce. In Italia ci sono circa 5000 posti totali in terapia intensiva. Da fonti mediche apprendiamo che il 10% circa dei malati finisce in terapia intensiva, va da sè che se i malati diventassero 50000 avremo già abbondantemente finito i posti in terapia intensiva in tutto il Paese, dal momento che si deve tener conto anche dei malati gravi che nel frattempo si aggiungeranno: incidenti stradali, malati gravi etc.
Ad oggi in Italia sono già stati superati i 10mila casi…
E non nascondiamo la nostra incapacità di rispettare i divieti con la scusa dell’economia, perché continuando ad aggirare o interpretare i divieti prolungheremo solo questa agonia.
Cosa non vi è ancora chiaro di quello che virologi ed esperti, ormai tutti di parere concorde, vi spiegano ogni giorno? Siete capaci di fare qualche rinuncia per il bene comune? Tornerà il tempo della normalità, ci vuole solo pazienza e collaborazione.
Concludo con le recenti dichiarazioni del sociologo Luca Ricolfi: “Se ci fermiamo per un paio di mesi e ci occupiamo solo di salvare la pelle, forse potremmo uscirne con una semplice recessione, più o meno come nel 2008. Se invece ci intestardiamo a far ripartire l’ economia subito, e questo – come è elementare prevedere – anziché frenare il virus aiuta la sua circolazione, potrebbe essere la catastrofe. Che a quel punto non si misura sui punti di pil perduti ma, come in guerra, sul numero di morti”.