Franceschini e la chiave da 15mila euro: era del Ministero, lui la portò a casa. “La restituisco”

Una chiave d’oro da 15mila euro varca casa tua e neppure conosci il suo valore. La depositi lì, esposta sugli scaffali pieni di libri e un po’ impolverati, tra l’odore tipico dei saloni poco utilizzati e di solito riservati agli ospiti e la luce soffusa di una lampada accesa per la lettura serale. Poi accendi il Tg e scopri che quella chiave, nonostante avesse le iniziali in bassorilievo del tuo nome, non sono tue, ma sono un dono rivolto alla tua carica e, per legge, dovevano essere depositate nel tuo ufficio non appena le ricevesti. Il fatto si fa grave quando diciamo che l’ufficio in questione è il Ministero della Cultura, mentre l’interessato è Dario Franceschini, a guida del dicastero dal 2014 al 2022, sotto i governi Letta, Renzi, Gentiloni, Conte II e Draghi, con una piccola pausa nel 2018/2019.

La chiave

La chiave, invece, è una onorificenza con la quale il sindaco di Pompei omaggia i ministri della Cultura. Si tratta, come si legge nella determina riportata dal Foglio, di un’opera realizzata “a mano, del peso di circa 150 grammi, riportante sull’impugnatura lo stemma della città e sul pettine le iniziale dell’onorevole Dario Franceschini”. Il suo successore, Gennaro Sangiuliano l’aveva consegnata al ministero. Franceschini no, se l’è portata a casa, in violazione del dpcm del 20 dicembre 2007 che, appunto, disciplina i “doni di cortesia ricevuti dai componenti del Governo”. Quel dono doveva finire nelle teche del ministero, e non di casa Franceschini.

Speranzon: “Fare chiarezza”

Nel vortice di informazioni false e accuse (con risposta dell’interessato) verso Sangiuliano, chi intorno a Franceschini si è precipitato a chiarire che, proprio come il suo successore, il dem non sapesse del valore dell’opera: “L’ha conservata a casa con altri riconoscimenti simbolici di nessun valore economico”. Capito l’errore, Franceschini “ha subito mandato una pec all’ufficio del Cerimoniale di Stato per comunicare l’intenzione di restituirla”. Raffaele Speranzon, vicepresidente vicario di Fratelli d’Italia al Senato, si è fatto sentire sull’accaduto: “Mentre la sinistra continua ad agitarsi inutilmente col gossip sul ministro Sangiuliano – ha detto Speranzon –, dalle notizie emerse dai giornali apprendiamo che l’ex ministro Franceschini avrebbe portato a casa la chiave d’oro di Pompei del valore di 15mila euro, e in questo caso si tratterebbe di un reato gravissimo, altro che chiacchiere al vento. Questo è l’unico, autentico scandalo che emergerebbe dalla vicenda riguardante il ministro Sangiuliano, un fatto che se trovasse riscontri è di inaudita gravità e sul quale riteniamo il sen. Franceschini debba immediatamente fare chiarezza. A tal proposito – ha aggiunto – presenterò un’interrogazione sia per chiarire se la chiave d’oro sia nella disponibilità di Franceschini e soprattutto se Franceschini fosse abituato a portarsi a casa i regali ministeriali”. È poi arrivata la risposta dell’ex ministro: “Non ho nulla da nascondere – ha spiegato –, non ho depositato le chiavi di Pompei al ministero ritenendole un’onorificenza assegnata alla persona, non un dono di rappresentanza di cui al “dpcm 20 dicembre 2007”, e ritenendolo un oggetto di scarso valore”.

Le ultime su Franceschini

Tutto è bene ciò che finisce bene. Franceschini aveva portato a casa delle chiavi non sue da 15mila euro, ma ha fatto un passo indietro e ha spiegato che rinuncerà all’opera. Su di lui, tuttavia, incombono ancora alcuni casi, come quello dei due film di Ginevra Elkann, registra cinematografica che ha usufruito di finanziamenti pubblici emanati a suo favore proprio dal dicastero guidato da Franceschini per un ammontare di 3 milioni di euro, a fronte di un guadagno complessivo di 130mila euro. E ciò, quando invece lo stesso Franceschini rifiutò di finanziare il film, poi campione di incassi, “C’è ancora un domani” di Paola Cortellesi; e, per di più, con un colpo di coda, Repubblica tentò di incolpare Sangiuliano e la Meloni, che all’epoca del finanziamento non erano ancora neppure in carica. Franceschini era poi finito sui giornali anche per il presunto conflitto d‘interessi incombente sulla moglie e su finanziamenti pubblici rivolti alla sua società, rivelandosi poi un nulla di fatto. In ogni modo, anche a due anni dalla fine del suo incarico, Franceschini sa come far parlare ancora di sé.

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