“Fratelli d’Italia ha appena chiesto nella Commissione d’inchiesta sul Covid di audire l’amministratore della Jc electronics Italia e l’ex commissario Domenico Arcuri. Quanto sta emergendo in questi giorni sulla stampa è gravissimo. È necessario fare chiarezza sulla gestione della pandemia dell’allora governo Pd e M5S e in particolare della struttura commissariale guidata da Domenico Arcuri”. Agenzia battuta oggi, dodici novembre, alle ore 11.25. Lo avevamo scritto, ieri, che avremmo magari riparlato della vicenda che coinvolge la Jc electronics e l’ineffabile Domenico Arcuri, ma il susseguirsi degli eventi ci costringe a tornarci subito.
Anzi tutto, per ringraziare Alice Buonguerrieri, deputata di Fratelli d’Italia e capogruppo nella Commissione d’inchiesta sul Covid, protagonista dell’agenzia appena riportata. In secondo luogo, per fornire qualche elemento in più rispetto a quanto scritto ieri, ancora una volta sollecitati in tal senso dalle pagine de La Verità, che ha intervistato Dario Bianchi, fondatore e amministratore della Jc electronics.
Rapido riassunto: scatta l’emergenza Covid, il Governo è impreparato (lo era un po’ per tutto, in realtà), il piano pandemico non aggiornato, la soluzione è una serie di chiusure e limitazioni delle libertà senza precedenti e senza eguali in Europa. Ma servono dispositivi di protezione, in particolare mascherine. Ne servono tante e servono prima di subito. Jc electronics firma un contratto con il dipartimento di protezione civile di Palazzo Chigi per la fornitura di mascherine KN95. Con la nomina di Arcuri come Commissario per l’emergenza pandemica tale contratto viene trasferito alla nuova struttura commissariale. E qui iniziano i problemi. Prima della Jc electronics, a cui il contratto viene stracciato. Poi degli italiani, costretti dal Tribunale civile di Roma a pagare oltre 203 milioni di euro alla Jc electronics per le inadempienze di Arcuri.
Dei sospetti della Procura di Roma e del nucleo valutario della Guardia di Finanza sul perché il contratto in questione sia stato stracciato ne abbiamo già parlato ieri, oggi ne riparla anche Dario Bianchi. E ci dice, suffragando la tesi della Procura, di aver avuto il dubbio che la presenza della Jc electronics rappresentasse un problema per le forniture di mascherine mediate da Benotti, venuto a mancare lo scorso anno e per il quale, sinceramente, recitiamo una prece.
Due parole, però, possiamo ugualmente spenderle. Benotti salì alla ribalta della cronaca proprio per la maxi commessa di mascherine che gli fruttò un compenso di circa 12 milioni di euro per la mediazione effettuata. Giornalista e consulente ministeriale, già nella scorsa legislatura fu oggetto di interrogazioni parlamentari del gruppo di Fratelli d’Italia, che da sempre ha denunciato lo spreco di denaro pubblico attorno al Covid.
Giornalista e consulente, Benotti si inventò mediatore per l’acquisto di mascherine dalla Cina. Un’esperienza nel campo tutta da dimostrare, ma che evidentemente il commissario Arcuri ha ben valutato, tanto da far arrivare a dama la sua commessa da ben 800 milioni di pezzi, quella della commissione da 12 milioni di cui sopra. Come però ci racconta La Verità, nell’informativa della Guardia di Finanza si scrive che “le mascherine importate da Benotti presentavano delle criticità sia in fase di sdoganamento che in relazione all’autenticità delle certificazioni”. Ma Arcuri ci ha tenuto a farle arrivare tutte, nonostante certificazioni per lo meno dubbie. Chissà se poi le abbia utilizzate o abbia preferito farle provare agli italiani, con tutti i dubbi che potessero non essere a norma… Magari, se ne avrà voglia, e se avrà la dignità di raccontare la verità, ne potrà parlare alla Commissione d’inchiesta.
Non è tutto però. Nella stessa informativa della Guardia di Finanza si legge che “la scrupolosità seguita dalla struttura commissariale per le mascherine della Jc non sembrerebbe essersi registrata con gli acquisti in Cina delle mascherine fatte dalla stessa struttura con la mediazione del giornalista Rai Mario Benotti”. Tanto che Dario Bianchi racconta di aver subito ben 28 controlli, dall’Agenzia delle entrate alle Dogane, dalla Guardia di Finanza ai Carabinieri, tutti con esito positivo per la Jc electronics. Una scrupolosità incredibile, ma anche doverosa, per dei dispositivi che avrebbero dovuto tenerci al riparo dal pericoloso contagio. Peccato che la stessa scrupolosità non sia stata messa in campo sempre. O almeno non con tutti…
Di più. Se Benotti, come scritto anche nell’informativa della GdF, era un giornalista, la Jc electronics era invece una società che aveva dimestichezza nei rapporti commerciali con la Cina. Tanto che il contratto sottoscritto non prevedeva un limite alla fornitura di mascherine, che avrebbero potuto essere importate senza limitazioni. Mascherine che, a dispetto di quanto dichiarato da Arcuri per la revoca del contratto, avevano superato tutti i controlli, così come dimostrato dagli esami depositati agli atti del processo con cui si attesta incontrovertibilmente la rispondenza delle mascherine consegnate ai requisiti normativi, con tanto di timbro dell’ente certificatore. Mascherine quindi certificate, con dazi e Iva pagati, importate e stoccate, pronte all’uso. Con un unico difetto. Quello di essere d’ingombro ad altre mascherine, come messo in atti da Procura di Roma e GdF, che hanno avanzato la tesi secondo la quale “Arcuri avrebbe operato intenzionalmente per favorire un sistema di importazioni”, creando quindi “una sorta di esclusiva alle importazioni”.
Se lo dice il nucleo valutario della Guardi di Finanza e lo sottoscrive la Procura di Roma, perché noi dovremmo dubitarne? Perché dovrebbe dubitarne Mario Bianchi, che con la sua Jc electronics ha subito un danno enorme sia in termini economici (da lui stimato in circa 500 milioni di euro) che in termini di credibilità? Perché dovrebbero dubitarne gli italiani, a cui sono state propinate mascherine che, ricordiamo per voce della GdF, “presentavano delle criticità (…) in relazione all’autenticità delle certificazioni”?
Dubbi, tanti dubbi. Ma forse certezze, o quasi certezze, cha magari potranno diventare tali dopo il lavoro che sta svolgendo la Commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid. A cui, intanto, sono stati chiamati Dario Bianchi e Domenico Arcuri. Ognuno porterà la sua verità. Peccato solo che Arcuri non porti anche i 203 milioni che il Tribunale ha stabilito come risarcimento per le sue condotte verso Jc electronics. Li porteranno gli italiani, ognuno per la sua parte. Ad Arcuri invece il peso morale di quanto fatto. Non alleggerisce le tasche, forse, ma schiaccia la coscienza.
Facciamo un favore alla collettività, eliminiamo, chiaramente in senso metaforico, questi personaggi dalla nostra vita perché di danni ne hanno causati veramente tanti! Lui con i suoi sodali, ovvero, “Giuseppi” Conte e Roberto Speranza.