Geopolitica del vaccino: la Ue ne esce anche qui a pezzi

Esordisce oggi una nuova rubrica “Il mondo dei conservatori” dove Marco Gervasoni renderà conto dei dibattiti interni all’area conservatrice al di fuori d’Italia.

All’interno della burocrazia Ue e dei suoi derivati politici e giornalistici ci si gonfia il petto di boria ma al di fuori si sghignazza e la si addita con ludibrio per il flop micidiale sui vaccini. Che è un flop di metodo: è quello tipico della Ue, che applica in tutti i settori: dirigismo burocratico più pensiero tecnocratico più coercizione delle nazioni e della sovranità.  Nell’editoriale del 19 marzo il “Wall Street Journal” scrive che “sarà difficile superare un fiasco cosi evidente come quello della Unione Europea sui vaccini: protezionismo, mercantilismo, inettitudine burocrazia , mancanza di capacità politica” , mentre per John Forsyth sul “Times” dello stesso giorno, il disastro von Der Leyen dimostra che la UE “ che si vende come una istituzione fondata sulle regole”  è capace di “violarle e di non rispettarle durante le crisi”. E il Times non è mai stato un quotiamo pro brexit!.

Cosi come non lo è mai stato anzi, il “Financial Times”, : dove però Philip Stevens il 18 marzo scrive che la ricerca di linee di produzioni nazionali sul vaccino, la “sovranità vaccinale” sbandierata da governi Ue (buon ultimo il nostro), rischia di far saltare in aria la globalizzazione. Insomma, logica aristotelica alla mano, non si può essere, come dicono Macron e Draghi, al tempo stesso sovrani e globalisti, a meno di non voler giocare alle tre carte.

E infatti, spiega Andrew Lilico sul “Telegraph”  del 19 marzo, “il sorgere del nazionalismo vaccinale” dimostra che Uk ha fatto bene non solo a scegliere la strada della produzione autoctona ma, ancor prima, a scegliere quella dell’uscita dalla UE. E in ogni caso, aggiunge Anne Elisabeth Moutet sempre sul “Telegraph” del 15 marzo  Merkel e Macron pagheranno un duro prezzo per il loro fallimento. Insomma, per la stampa conservatrice anglosassone non v’è ombra di dubbio che la guerra ad Astra Zaneca sia stata condotta in nome dell’Impero tedesco ma che lo scontro tra vassalli  valvassori e i missi dominici sia condotta sulla pelle e sulla vita dei cittadini (dalla Grecia in su del resto). Ma la misura è talmente colma che persino il solitamente europeista “Figaro” scrive , con il geopolista Jean Loup Bellamy, che “il fiasco Astra Zeneca rivela il fallimento della coppia franco tedesca” (21 marzo). Un fallimento anche sul piano della immigrazione, come sempre. E il governo inglese, che deve fare fronte ai barconi gentilmente mandati da Macron nella Manica, è “duro” secondo l’opinione  di sinistra ma in realtà, scrive  un editoriale del  “Telegraph” del 20 marzo, il solo “compassionevole e umano”. “Rafforzare le frontiere”, un “approccio filosoficamente conservatore”, è quella maggiormente “etico”, perché permette di distinguere “migranti economici da richiedenti asilo”: cosa che l’approccio “hearts to hearts” della sinistra e dei globalisti non consenteanzi produce l’aumento della criminalità.

Per questa ragione, scrive l’ex ministro Tory Sajid David sempre sul “Telegraph” dello stesso giorno, un paese sovrano non può accettare che la Corte sui diritti umani della Ue interferisca sulle politiche migratorie e addirittura si permetta di “controllare le nostre frontiere”. Insomma da qualsiasi parte la si guardi, da un punto di vista conservatore la Ue attuale risulta un pessimo affare per la sicurezza e la vita dei cittadini e delle nazioni. In attesa della prossima debacle.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.
Marco Gervasoni
Marco Gervasoni
Marco Gervasoni (Milano, 1968) è professore ordinario di Storia contemporanea all’Università degli Studi del Molise, editorialista de “Il Giornale”, membro del Comitato scientifico della Fondazione Fare Futuro. Autore di numerose monografie, ha da ultimo curato l’Edizione italiana delle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia di Edmund Burke (Giubilei Regnani) e lavora a un libro sul conservatorismo.

1 commento

  1. Almeno una cosa buona il virus l’ha fatta, ha scombussolato tutti progetti mondialisti e globalisti di questi burocrati, e quando le cose vanno male, volano i piatti tra loro, è solo questione di tempo e ne vedremo delle belle.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Leggi anche

Articoli correlati