All’interno della burocrazia Ue e dei suoi derivati politici e giornalistici ci si gonfia il petto di boria ma al di fuori si sghignazza e la si addita con ludibrio per il flop micidiale sui vaccini. Che è un flop di metodo: è quello tipico della Ue, che applica in tutti i settori: dirigismo burocratico più pensiero tecnocratico più coercizione delle nazioni e della sovranità. Nell’editoriale del 19 marzo il “Wall Street Journal” scrive che “sarà difficile superare un fiasco cosi evidente come quello della Unione Europea sui vaccini: protezionismo, mercantilismo, inettitudine burocrazia , mancanza di capacità politica” , mentre per John Forsyth sul “Times” dello stesso giorno, il disastro von Der Leyen dimostra che la UE “ che si vende come una istituzione fondata sulle regole” è capace di “violarle e di non rispettarle durante le crisi”. E il Times non è mai stato un quotiamo pro brexit!.
Cosi come non lo è mai stato anzi, il “Financial Times”, : dove però Philip Stevens il 18 marzo scrive che la ricerca di linee di produzioni nazionali sul vaccino, la “sovranità vaccinale” sbandierata da governi Ue (buon ultimo il nostro), rischia di far saltare in aria la globalizzazione. Insomma, logica aristotelica alla mano, non si può essere, come dicono Macron e Draghi, al tempo stesso sovrani e globalisti, a meno di non voler giocare alle tre carte.
E infatti, spiega Andrew Lilico sul “Telegraph” del 19 marzo, “il sorgere del nazionalismo vaccinale” dimostra che Uk ha fatto bene non solo a scegliere la strada della produzione autoctona ma, ancor prima, a scegliere quella dell’uscita dalla UE. E in ogni caso, aggiunge Anne Elisabeth Moutet sempre sul “Telegraph” del 15 marzo Merkel e Macron pagheranno un duro prezzo per il loro fallimento. Insomma, per la stampa conservatrice anglosassone non v’è ombra di dubbio che la guerra ad Astra Zaneca sia stata condotta in nome dell’Impero tedesco ma che lo scontro tra vassalli valvassori e i missi dominici sia condotta sulla pelle e sulla vita dei cittadini (dalla Grecia in su del resto). Ma la misura è talmente colma che persino il solitamente europeista “Figaro” scrive , con il geopolista Jean Loup Bellamy, che “il fiasco Astra Zeneca rivela il fallimento della coppia franco tedesca” (21 marzo). Un fallimento anche sul piano della immigrazione, come sempre. E il governo inglese, che deve fare fronte ai barconi gentilmente mandati da Macron nella Manica, è “duro” secondo l’opinione di sinistra ma in realtà, scrive un editoriale del “Telegraph” del 20 marzo, il solo “compassionevole e umano”. “Rafforzare le frontiere”, un “approccio filosoficamente conservatore”, è quella maggiormente “etico”, perché permette di distinguere “migranti economici da richiedenti asilo”: cosa che l’approccio “hearts to hearts” della sinistra e dei globalisti non consenteanzi produce l’aumento della criminalità.
Per questa ragione, scrive l’ex ministro Tory Sajid David sempre sul “Telegraph” dello stesso giorno, un paese sovrano non può accettare che la Corte sui diritti umani della Ue interferisca sulle politiche migratorie e addirittura si permetta di “controllare le nostre frontiere”. Insomma da qualsiasi parte la si guardi, da un punto di vista conservatore la Ue attuale risulta un pessimo affare per la sicurezza e la vita dei cittadini e delle nazioni. In attesa della prossima debacle.
Almeno una cosa buona il virus l’ha fatta, ha scombussolato tutti progetti mondialisti e globalisti di questi burocrati, e quando le cose vanno male, volano i piatti tra loro, è solo questione di tempo e ne vedremo delle belle.