Lo dice chiaramente Giorgia Meloni a chi parla di rapporti andati a male tra il Governo italiano e la Commissione europea, tra lei e Ursula von der Leyen: “No, non vedo ripercussioni negative per l’Italia, non ritengo che i rapporti con la Commissione europea stiano peggiorando”. Il presunto disaccordo sarebbe nato dall’annuale rapporto sullo Stato di diritto pubblicato dalla Commissione europea e che sottolinea sull’Italia alcune criticità, soprattutto in merito alla libertà di stampa e alla gestione della televisione pubblica. Quello che c’è tuttavia da sapere è che l’Italia non è nuova a certi richiami e, specialmente, che il rapporto prende spunto anche da fonti, citandole, apertamente di parte, da siti di informazione e giornali notoriamente schierati a sinistra. E dunque tutto ciò rende difficile ritenere la firma della Commissione europea una garanzia di obiettività. Si tratta, dunque, di un rapporto utile a comprendere lo stato dell’informazione, della giustizia, dei diritti in un singolo Paese, anche il livello del dibattito politico, ma non va certo preso come assoluta verità. E non ci sarebbe bisogno neppure di spiegarlo, se non fosse che quegli stessi “professionisti dell’informazione” che hanno contribuito alla stesura del rapporto, hanno alzato un polverone con pochi precedenti, un dibattito, ovviamente politico, che prendeva il rapporto dell’Unione europea come assoluta verità, come la più obiettiva della fonti.
Rapporto strumentalizzato
È stato questo il pretesto che ha portato alla ferma risposta di Giorgia Meloni a certe letture totalmente politiche del rapporto, in una lettera alla Commissione. E anche in questo caso non ci sarebbe bisogno di spiegare che coloro ai quali era diretta la missiva, non erano altro che quei stakeholders di cui sopra. “La Commissione europea non è il mio diretto interlocutore, ma chi strumentalizza quel rapporto”, ha detto Giorgia Meloni, rispondendo stavolta alle critiche sorte in merito alla sua risposta. E ha continuato, decisa, nel sottolineare la valenza fortemente politica della strumentalizzazione: “Conosco il tentativo di cercare il soccorso esterno da parte di una sinistra in Italia che evidentemente è molto dispiaciuta di non poter utilizzare, per esempio, il servizio pubblico come fosse una sezione di partito. Però su questo non posso aiutare proprio perché credo nella libertà di informazione e di stampa”. Caso chiuso, accuse rispedite al mittente. Ricapitolando: non c’è nessuna frizione con la Commissione europea, nel merito delle questioni sollevate dal rapporto la risposta c’è stata eccome, l’Italia continua a essere un Paese sicuro e garante di tutti i diritti, anche quello di informazione. Resta agli atti, allora, soltanto il tentativo maldestro di attaccare il governo da parte di una sinistra che non si limita a criticare, ma strumentalizza, cercando addirittura l’aiuto da (fuori) casa.
Spauracchi a cui non crede più nessuno
E intanto, proprio per non far mancare niente, arriva un altro report, questa volta cofinanziato dall’Unione europea e firmato dal consorzio Media Freedom Rapid Response. Anche qui la stessa pappardella: “La libertà dei media in Italia è in costante declino negli ultimi anni, segnata da attacchi e violazioni senza precedenti, spesso avviati da funzionari pubblici nel tentativo di mettere a tacere le voci critiche. L’interferenza politica nei media pubblici e l’uso sistematico dell’intimidazione legale contro i giornalisti da parte di attori politici hanno a lungo definito il rapporto media-politica in Italia. Tuttavia, queste dinamiche hanno raggiunto livelli allarmanti negli ultimi due anni”. Sembra quasi la descrizione dell’Unione Sovietica. Ma poi si scopre, anche abbastanza facilmente, che tra le fonti di questo rapporto, compaiono firme dei maggiori giornali della sinistra italiana, da Repubblica al Fatto Quotidiano, dal Domani a La Stampa. E si scopre pure che questi quotidiani hanno affidato la loro narrazione del report agli stessi giornalisti che hanno collaborato con il consorzio. Insomma, tutta una struttura che se la canta e se la suona. Creano allarmi e li raccontano. Spauracchi a cui non crede più nessuno.