A tratti, sembra che l’unica giustizia a funzionare celermente sia quella specializzata in immigrazione, diventata all’improvviso punta di diamante della magistratura italiana. In tempi record, ad esempio, la giudice Silvia Albano ha negato il trattenimento degli egiziani e dei bengalesi (12 in tutto) che stavano per essere trasportati in Albania, nei due centri costruiti in virtù dell’accordo siglato con Tirana lo scorso anno. Senza neppure aver ascoltato i diretti interessati, che erano nel bel mezzo del Mediterraneo, il tribunale di Roma emise dodici decreti nel giro di pochi minuti per rispedirli in Italia. Decreti, per altro, in fotocopia, facendo pensare a una certa pianificazione del fatto.
Tempi quattro volte più lunghi per le separazioni
Insomma, i tribunali sono prontissimi a giudicare sui migranti, ma meno pronti quando le materie sono diverse e non strumentalizzabili. Inutile sottolineare quanto cavilli giudiziari e lungaggini burocratiche siano un favore per i bossi mafiosi che la fanno franca troppo spesso. Libero, stamattina, dà i numeri sui tempi che lo stesso tribunale di Roma impiega per fissare la prima udienza di separazione giudiziale, in ambito del diritto di famiglia: 365 giorni, contro i 90 previsti dalla legge. E non può non essere considerato un problema il quadruplicarsi dei tempi di attesa per una sentenza che riguarda, quasi la totalità delle volte, non solo la vita di una coppia litigiosa, ma anche la vita dei figli della stessa, il cui interesse dovrebbe essere prioritario rispetto a tutti gli altri. Un anno in attesa di una sentenza, che stride con le poche ore con cui la sezione specializzata in immigrazione dello stesso tribunale ha deciso sul (mancato) trattenimento dei dodici clandestini. La differenza è anche nell’organico: 27 per la sezione immigrazione, 14 per la sezione famiglia. E valutando la complessità e la delicatezza dei temi da affrontare, frammista all’enorme mole di casi da esaminare, si arriva a sottolineare un certo e ingiusto squilibrio. C’è dell’altro: Il Messaggero sostiene che la sezione famiglia non ha avuto nessun ampliamento dell’organico negli ultimi anni, la sezione immigrazione ha beneficiato di dieci nuovi giudici.
In Lussemburgo i giudici sospendono la causa di Bologna
Intanto, continua la bagarre sui Paesi sicuri. I giudici politicizzati sono stati prontissimi anche a rinviare i giudizi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea. Emblematico il caso del tribunale di Bologna, la cui commissione territoriale aveva risposto negativamente alla richiesta di protezione internazionale presentata da un cittadino bengalese. Il motivo era molto semplice: il Bangladesh compare nella lista dei Paesi sicuri stilata dal governo e il richiedente non appartiene a nessuna delle categorie fragili che meritano tutela. Ergo, il clandestino può essere rimpatriato. Solo che, al contrario di quanto disposto dalla legge, il giudice del tribunale di Bologna Marco Gattuso ha richiamato l’attenzione dei colleghi del Lussemburgo chiedendo chiarimenti sui Paesi sicuri, su quale fosse il parametro da poter utilizzare e quale normativa fosse da utilizzare in caso di contrasto tra quella italiana e quella comunitaria. Ai nostri microfoni, Sara Kelany, deputato di Fratelli d’Italia e responsabile del dipartimento Immigrazione del partito, ha spiegato che “siamo consci e consapevoli del fatto che c’è questo ricorso relativo alle procedure accelerate di frontiera. Attenderemo quelle che saranno le determinazioni della Corte di giustizia, certi del fatto di aver introdotto queste procedure esattamente così come previste dalla normativa europea”. La lista dei Paesi sicuri è stata innalzata, da decreto interministeriale, a norma di rango primario, “anche in conseguenza delle continue disapplicazioni da parte dei giudici dei tribunali delle sezioni specializzate”. In Lussemburgo, intanto, i giudici hanno sospeso il loro giudizio sul caso rinviato dal tribunale di Bologna, in attesa della pronuncia su altre cause simili pervenute da altri tribunali italiani. Domani, invece, la maggioranza voterà in Aula di dl Flussi, nel quale è confluito anche il dl Paesi sicuri.