Il disegno di legge, in discussione alla Camera, sull’autonomia differenziata per le regioni a statuto ordinario, ai sensi dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, provvede alla definizione dei principi generali per l’attribuzione alle regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, nonché alle modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato ed una Regione, nel rispetto delle prerogative e dei regolamenti parlamentari.
Il dispositivo richiama il rispetto dell’unità nazionale e si pone la finalità di rimuovere discriminazioni e disparità di accesso ai servizi essenziali sul territorio. Senza tralasciare il rispetto dei principi di unità giuridica ed economica, di coesione economica, sociale e territoriale, anche con riferimento all’insularità, nonché dei princìpi di indivisibilità e autonomia. L’attuazione del principio di decentramento amministrativo risulta centrale nel provvedimento al il fine di favorire la semplificazione e l’accelerazione delle procedure, la responsabilità, la trasparenza e la distribuzione delle competenze idonea ad assicurare il pieno rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e del principio solidaristico.
Con la proposta di legge si stabilisce in principio che l’attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme di autonomia, con riguardo a materie o ambiti di materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti equamente su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (i cosiddetti LEP) di cui all’articolo 117, primo comma, lettera m), della Costituzione, ivi inclusi quelli connessi alle funzioni fondamentali degli Enti locali, e nel rispetto dei principi sanciti dall’articolo 119 della Costituzione. Tali livelli indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi i predetti diritti su tutto il territorio nazionale e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale.
Le finalità del Disegno di Legge sono chiare ed in tema di Trasporto Pubblico Locale vien da pensare che questo sia il momento migliore per affrontare il delicato tema della riforma del settore.
In verità l’Autorità di Regolazione dei Trasporti, con Delibera n. 64/2024, ha concluso il procedimento di revisione della Delibera n. 154/2019, aggiornando le misure regolatorie relative alle procedure di affidamento dei servizi di TPL su strada (autobus, metropolitane, tram, filobus) e per ferrovia. L’aggiornamento, come ha reso noto l’ART, si è reso necessario anche in attuazione del d.lgs. 201/2022 sui Servizi Pubblici Locali, adottato nell’ambito della Legge sulla concorrenza 2021, che prevede nuovi adempimenti applicabili ai servizi di TPL (come ad esempio, la motivazione rafforzata nel caso di affidamenti cd “in house”).
Il provvedimento deliberato dall’Autorità aggiorna le modalità di svolgimento delle procedure di affidamento dei servizi in oggetto (tramite gara, affidamento diretto e in house) ed i criteri per la nomina delle commissioni giudicatrici, rafforzando la trasparenza, favorendo meccanismi di incentivazione al miglioramento della qualità del servizio, nonché un’equa allocazione dei rischi tra il soggetto affidante e l’impresa aggiudicataria, anche nell’ottica di una corretta determinazione delle compensazioni pubbliche.
La riforma del settore in sostanza è nel pieno della sua “gestazione” (la nuova Delibera dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti pone l’avvio per una sua completa strutturazione) ma ancora deve recepire importanti indicazioni che prendono le mosse da un nuovo approccio alla gestione dei servizi, in linea con le indicazioni del PNRR e del nuovo Testo Unico dei Servizi Pubblici Locali poc’anzi richiamato:
- rafforzare e diffondere il ricorso al principio della concorrenza nei contratti di servizio pubblico locale, in particolare per i trasporti pubblici locali;
- limitare gli affidamenti diretti imponendo alle amministrazioni locali di giustificare eventuali scostamenti dalle procedure di gara attraverso la cosiddetta “motivazione rafforzata”;
- prevedere la corretta regolamentazione dei contratti di servizio pubblico;
- prevedere norme e meccanismi di aggregazione che incentivino le unioni tra Comuni volte a ridurre il numero di enti e di amministrazioni aggiudicatrici, collegandoli ad ambiti territoriali ottimali e a bacini e livelli adeguati di servizi di trasporto pubblico locale e regionale;
- definire i servizi pubblici sulla base dei criteri del diritto dell’UE, stabilire i principi generali di prestazione, regolamentazione e gestione dei servizi pubblici locali;
- separare chiaramente le funzioni di regolamentazione e controllo e la gestione dei contratti di servizio pubblico;
- garantire che le amministrazioni locali giustifichino l’aumento della partecipazione pubblica in società per l’in house providing;
- prevedere un’adeguata compensazione dei contratti di servizio pubblico, sulla base di costi controllati da regolatori indipendenti (ART per i trasporti).
Tali aspetti, oggi, non trovano collocazione nei dispositivi normativi e la riforma del settore dovrà interessare certamente anche i criteri di finanziamento dello Stato alle Regioni, così come già affrontato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati.
La Commissione Europea, con l’ormai superato Regolamento 1370/2007, individua i servizi minimi come quegli «obblighi di servizio pubblico intesi a garantire frequenza, qualità, regolarità per il trasporto sicuro a costi ragionevoli di elevata qualità». Per cui in Italia vige ancora l’approccio del “trasferimento storico” della ripartizione dei contributi alle Regioni. È palesemente comprovato che questo approccio non è più percorribile dopo che la delega alle stesse Regioni, soltanto nel triennio 2020-2022, ha prodotto ingenti sprechi di risorse, per circa 15 Mld di Euro.
I tempi sono ormai maturi per promuovere il concetto dei “Livelli Essenziali di Trasporto”, ovvero prestazioni e servizi che l’amministrazione pubblica è tenuta a fornire a tutti i cittadini in ragione del rispetto di quel diritto alla mobilità richiamato più volte nella Costituzione italiana (art. 1, primo comma, articoli 2, 3, 4, 16, 33 e 34), sulla base dei “Livelli Essenziale di Prestazione” (LEP), ovvero quelli che l’articolo 117 della Costituzione individua a garanzia di tutto il territorio nazionale e la cui definizione spetta esclusivamente allo Stato ma la cui realizzazione compete, oltre che allo stesso Stato, ai diversi enti territoriali, comprese le Regioni.
I Livelli Essenziali di Trasporto devono avere uno scopo ben preciso ed essere focalizzati attraverso un concetto di trasporto pubblico concepito a condizioni accessibili per tutti, integrativo alla mobilità privata anche con forme diverse dalle soluzioni tradizionali, per recarsi sul luogo di lavoro o per raggiungere l’istituzione scolastica o universitaria o sanitaria oppure anche di svago (visto che la mobilità occasionale in questi ultimi anni ha superato di gran lunga quella sistematica).
Una visione innovativa della mobilità collettiva a supporto di un nuovo concetto di regolazione della spesa pubblica. Per cui il «LET» ha tutte le carte in regola per fornire la base di discussione per la nuova riorganizzazione dell’ex “Fondo nazionale trasporti”, e la relativa ripartizione alle Regioni ed alle provincie autonome, attraverso l’impiego di specifici indicatori che terranno conto dei principali items del settore quali le caratteristiche del territorio e dell’economia, la demografia e la domanda di mobilità, oltre ai parametri caratteristici dell’offerta di trasporto ed in minima parte della spesa storica.
La riforma del TPL è avviata, occorre ancora una spinta per introdurre nuovi concetti affinchè si possa agire sull’organizzazione centrale e quindi a cascata a livello regionale.