Già nei mesi scorsi, i dati macroeconomici avevano sorriso al Governo Meloni. Dati certificati dall’Istat, ovviamente. Il rischio di povertà è calato così come pure la disparità economica. Il numero di famiglie in povertà è invece rimasto stabile (usando le parole dell’Istat stesso), cosa che ha portato le opposizioni a urlare che “con il Governo Meloni aumenta la povertà”. Nulla di più falso, specialmente considerando che le misure messe in campo dall’esecutivo per aiutare il salario reale dei cittadini meno abbienti, sono riuscite a mitigare un’inflazione galoppante che, in altre circostanze, avrebbe affossato veramente i redditi più bassi. Com’è successo, del resto, nel passaggio tra il 2021 e il 2022, quando era la sinistra a sedere a Palazzo Chigi.
Crescono la soddisfazione economica, lavorativa e personale
Sono di nuovo i dati dell’Istat a decretare l’ottima riuscita delle politiche, in materia di lavoro e di salari, messe in campo dall’esecutivo guidato da Fratelli d’Italia. Lo studio dell’autorevole istituto riguarda la soddisfazione dei cittadini per le condizioni di vita. È stato rilevato che “nel 2023 la quota di persone soddisfatte, che nel 2022 era cresciuta soprattutto tra i giovanissimi, aumenta anche tra i 25-34enni (48,6%, +3,5 punti rispetto al 2022). Stabile e su livelli elevati la soddisfazione espressa dal complesso della popolazione”. In ripresa, poi, anche la soddisfazione per il tempo libero e per le relazioni amicali soprattutto tra le persone di età compresa tra i 60 e i 64 anni. Soddisfazione che aumenta immancabilmente anche in campo economico: nel 2023, il dato è cresciuto al 59,4%, ben 2,4 punti percentuali in più rispetto all’anno precedente. Svolta anche per la soddisfazione sul lavoro: cresce di altri 2,1 punti percentuali, raggiungendo l’80%. Cifra tonda.
Il record di occupati e di contratti stabili
Una crescita che trova sicuramente spiegazione nell’accortezza del Governo Meloni ai redditi più bassi. Accortezza dimostrata, ad esempio, con le due misure più proficue dell’ultima legge di Bilancio, quali il taglio del cuneo fiscale fino al 7% per i redditi inferiori a 35.000 euro e l’accorpamento delle aliquote Irpef, da quattro a tre, dopo che, già l’anno precedente, una prima riforma aveva ridotto il numero da cinque a quattro. Indubbiamente, però, alla riforma del fisco, verso la quale è già pronta la riconferma e si sta lavorando per un suo ampliamento anche ai redditi medi, va aggiunto anche l’effetto certamente benefico dell’aumento degli occupati. Più di mezzo milione in un solo anno, dei quali gran parte contratti stabili, come confermato dall’Osservatorio dell’Inps sul precariato. +374mila contratti a tempo indeterminato, circa tre quarti dell’intera crescita.
Narrativa sbagliata della sinistra
Crollano, ancora una volta, le faziose argomentazioni della sinistra. Quella sinistra capitanata da ex comunisti che hanno tentato per anni di difendere le istanze dei più deboli senza riuscirsi, che hanno tentato di essere dalla parte dei lavoratori, fallendo miseramente. Una sinistra guidata da Elly Schlein, che per mesi ha cercato di creare una propria personale narrazione sul precariato, portando avanti l’idea di un governo immobile dinnanzi alle istanze dei più giovani. Davanti alle evidenze dei dati, però, sembra essersi placata. Schlein fiancheggiata da Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, che pure non ha mai deposto le armi puntate contro il governo, continuando a sostenere che l’85% delle assunzioni siano state a tempo determinato. O che anche le donne non abbiano beneficiato dell’aumento dei posti di lavoro, quando in realtà l’occupazione femminile ha raggiunto il livello record, superando la soglia dei 10 milioni di unità. Siamo alle solite, ma per fortuna, dall’altra parte, c’è qualcuno che continua a lavorare per il bene degli italiani.