Landini, fake news e patrimoniale: combo perfetta per la propaganda anti-destra

L’inverno è finito e il progressivo ritorno del tepore primaverile fa sognare di nuovo i sindacati: è il momento giusto per ritornare in piazza a protestare. La Cgil, insieme alla Uil, sono pronte a indire prima uno sciopero generale, previsto per l’11 aprile, e poi una manifestazione, a Roma, programmata per il giorno 20 dello stesso mese. In altre parole, finalmente c’è un Governo che taglia le tasse, fa crescere il potere d’acquisto e ottiene risultati record in fatto di occupazione e di rientro dall’evasione, ma i sindacati scelgono ugualmente a protestare. C’è ancora tanto da fare in favore dei lavoratori, questo è indubbio, ma protestare di fronte agli ottimi numeri ottenuti dal Governo Meloni conferma quella tendenza tutta sinistra di non voler superare le proprie barriere ideologiche, dalle quali partiti e sindacati derivati dal fu Partito Comunista risultano continuamente arginati. Lottare e protestare non perché c’è una reale esigenza di farlo, ma perché a Palazzo Chigi è arrivata la destra e, già solo per il fatto di essere tale, viene meno quello spirito “collaborativo” che invece, tra partiti di sinistra, porta alla formazione dei campi larghi in giro per l’Italia. Non che Meloni abbia bisogno dei voti della sinistra per governare, ma certo posizioni meno ideologiche potrebbero fare anche bene alla Nazione. Anche sul piano materiale: un’altra mobilitazione generale significa creare altri disagi ad altri lavoratori, già messi spesso in difficoltà da una stagione colma di scioperi. Dovrebbe essere la lealtà morale e politica a guidare la scelta – che alla fine è un compromesso tra diverse istanze dei lavoratori – di usufruire del pur sacrosanto diritto alla sciopero.

I risultati del Governo Meloni

Lealtà politica che manca, però, specialmente quando esponenti di sinistra si trovano di fronte alla dura realtà dei numeri. L’occupazione è record, come pure il rientro dall’evasione, le tasse sono calate per i redditi più bassi e l’intenzione è di allargare i benefici anche ai redditi più alti, quelli medi, partendo dalla prossima finanziaria, che pure quest’anno aveva portato a due importanti novità: la conferma del taglio del cuneo fiscale (già presente nel Bilancio 2023) e l’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef (con l’utilizzo dell’aliquota più bassa tra le due) dopo che già nella precedente finanziaria gli scaglioni erano passati da cinque a quattro, nell’intento di raggiungere l’obiettivo della flat tax. Dinnanzi a questi risultati, solo alcuni di quelli che i quotidiani internazionali invidiano all’Italia guidata da Giorgia Meloni, la sinistra non ci sta: per i progressisti non può reggere la narrazione che un Governo di destra abbia iniziato, in pochi mesi dal suo insediamento, quel percorso di riforme del lavoro e del fisco che la sinistra, sulla carta più vicina ai lavoratori e alle categorie più deboli, aveva promesso per anni. E allora addio onestà intellettuale: c’è una propaganda anti-destra da montare.

Le fake news di Landini smontate dai numeri

E così, Maurizio Landini, leader della Cgil intervistato questa mattina dalla Stampa, dà avvio alla stagione degli scioperi, lamentando che i dati positivi sull’occupazione non sono una vittoria; che il rientro dall’inflazione non è abbastanza; che c’è bisogno invece di più tasse. Le solite cantilene. Inizia: “Dei contratti di lavoro attivati nel 2023 solo il 16% è a tempo indeterminato, tutti gli altri sono a termine, stagionali, intermittenti”. Numeri strani quelli di Landini: proprio l’Inps aveva certificato pochi giorni fa che dei 523mila nuovi posti di lavoro, 396mila sono a tempo indeterminato. Uno smacco alla precarietà e Landini, che non si ferma: “Non vedo cambiamenti nei numeri dei giovani e delle donne”. Altra confutazione: le donne che lavorano superano le 10 milioni di unità, un altro record del Governo Meloni. Poi Landini continua sull’evasione: “Se sta scendendo non lo si deve certo a questo governo”, dice. Intanto, però, nessun altro esecutivo ha mai raggiunto un recupero di 4,5 miliardi: altro che “fenomeni di evasione di massa”. E infine la chicca, degna dei migliori capi di governi socialisti: “Occorre tassare gli extraprofitti delle imprese e le rendite finanziarie”: la classica proposta della patrimoniale di cui gli italiani, che lavorano e producono, sono stufi.

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