Migranti, perfino la Francia ci ripensa: maggiore difesa dei confini, pronto ministero ad hoc

Del cambio di paradigma dell’Europa, specie dei governi socialisti, nella concezione dell’Europa stessa, riguardo la sua lontananza dalle questioni concrete dei cittadini, del cambio di passo della sinistra in merito alla gestione dell’immigrazione e al contrasto ai flussi irregolari, se ne sta discutendo parecchio negli ultimi giorni, anche su questo giornale. L’appello alla realpolitik di Mario Draghi, che ha chiamato il progressismo ad avvicinarsi alle esigenze reali dei cittadini, è l’ultimo esempio di come le richieste della destra, bollata come euroscettica, vengano soltanto adesso, con colpevole ritardo, prese in considerazione da chi, messo in difficoltà dalla realtà dei fatti, fatica a mantenere il proprio status quo. Richieste quali quella di superare la concezione di un’Unione europea come gigante burocratico, regolatore del minimo aspetto della vita quotidiana ma incapace di farsi forte sul piano internazionale e garantire gli interessi dei suoi cittadini.

Il dietrofront sul green

Le follie woke, green e no-border hanno affossato la nostra cultura, la nostra economia e hanno minato alla nostra sicurezza. E se sul mondo woke l’Unione sembra ancora rinchiusa nella sua bolla ideologica (basti pensare al progetto intitolato Dragtivism riservato ai minori di 18 anni), su green e immigrazione arrivano importanti prese di posizione. Proprio Mario Draghi, pochi giorni fa, ha illustrato il piano che l’Europa dovrà seguire in tema ambientale, spiegando che non potrà esserci transizione ecologica se questa sarà soltanto a danno, economicamente parlando, dei cittadini: “Senza un piano per trasferire i benefici della decarbonizzazione agli utenti finali – ha scritto nel suo rapporto –, i prezzi dell’energia continueranno a pesare sulla crescita”. Ora non si dica che Draghi è un pericoloso fascista e negazionista del cambiamento climatico, ma l’ex premier ha dato comunque un’importante lezione ai gretini sparsi per il continente.

Pd isolato

Sull’immigrazione il cambio di passo è totale. Dall’Europa che segue le indicazioni di Giorgia Meloni sulla lotta ai trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo alla Germania che, preoccupata, anche in questo caso con colpevole ritardo, dal crescente rischi di attentati di matrice jihadista e antisemita, ha serrato i confini e ha rispedito in patria i primi detenuti stranieri pericolosi condannati per gravi crimini, i governi di sinistra hanno capito che aprire le frontiere senza adeguati controlli anche a chi non ha diritto di entrare, non era la migliore strategia per la sicurezza delle nostre città. Su questo (anche in risposta alle caduche critiche sull’isolamento italiano in Europa) soltanto la sinistra italiana è rimasta l’unica convinta nell’intero continente: con la Germania che fa dietrofront e i Paesi scandinavi che pure soffrono una passata tolleranza eccessiva verso l’immigrazione irregolare, il Pd è l’unico rimasto a sostenere la causa no-border.

Primi segnali dalla Francia

Persino in Francia, patria del progressismo e dell’inclusività macroniana, sembra esserci la volontà di imporre stringenti limitazioni agli ingressi degli irregolari. Con più di 7 milioni di immigrati, la popolazione francese è ormai composta da una grande fetta di stranieri e immigrati di seconda e terza generazione. E se la convivenza pacifica funziona in alcune città, interi quartieri sono invece in mano a gruppi stranieri che non riescono o non vogliono integrarsi con il resto della popolazione: è lì, in quei quartieri, nelle banlieue, che il multiculturalismo fallisce ogni giorno. Per questo il nuovo premier francese, il gollista Michel Barnier, ha chiara la nuova strategia da seguire: “Controllare i flussi migratori con misure concrete”. Lì in Francia la situazione è politicamente molto accesa: Macron è riuscito a tenere fuori dal governo sia i lepenisti che la sinistra radicale di Melenchon e il programma di governo di Barnier è ancora tutto da scrivere. Ma ora il repubblicano non può ripudiare il suo passato da feroce oppositore degli ingressi irregolari, cosa apprezzata dalla destra e che fa infuriare, invece, Melenchon, che pure aveva trionfato al secondo turno delle elezioni grazie ai voti degli immigrati di seconda e terza generazione (per intenderci, quelli che per festeggiare sono scesi in piazza a imbrattare monumenti e a dare fuoco ad aiuole e cassonetti). La destra ora spinge per la ricostituzione di un ministero totalmente dedicato alle questioni migratorie, come quello voluto nel 2007 da Sarkozy dopo la crisi delle banlieue. E se anche dalla Francia qualcosa si sta muovendo, vuol dire che la sinistra italiana è destinata a rimanere la sola ancora a rinchiudersi nelle sue barriere ideologiche.

Resta aggiornato

Invalid email address
Promettiamo di non inviarvi spam. È possibile annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Leggi anche

Articoli correlati