C’è una correlazione tra immigrati e violenze sulle donne. Inutile girarci intorno. La connessione tra clandestini e stupri manda in tilt i buonisti, ma è vera. Lo dicono i numeri contenuti nel report “Il pregiudizio e la violenza contro le donne”, diffuso proprio ieri dal Servizio analisi criminale della Polizia. Nei primi nove mesi dell’anno, gli omicidi con vittime donne sono stati 118. 29 volte l’autore, o il presunto autore, è uno straniero. Si tratta dunque del 25% dei casi, nel 2023 l’incidenza degli stranieri era del 27%. Il dato più eclatante – se n’è parlato spesso negli ultimi giorni – è che la popolazione straniera in Italia compone l’8,7% del totale. Per i reati di stalking, gli stranieri sono colpevoli nel 18% dei casi. La percentuale si alza nei casi di maltrattamenti contro conviventi e violenze sessuali: per i primi, gli immigrati pesano il 29% del totale; per le seconde, la percentuale schizza al 44%. In pratica, quasi la metà degli stupri sono commessi da immigrati, che però non sono nemmeno un quinto della popolazione totale. L’incidenza è altissima.
Il patriarcato resiste solo nel fondamentalismo
Sapeva che avrebbe scatenato polemiche su polemiche da parte di chi ancora cerca di nascondere la realtà dei fatti, ma Giorgia Meloni – a questo punto, si può dire, dati alla mano – ha detto la verità ieri, durante l’intervista a “Donna Moderna”: “Verrò definita razzista, ma c’è una incidenza maggiore, purtroppo, nei casi di violenza sessuale da parte di persone immigrate, soprattutto”. Il Presidente del Consiglio ha evidentemente ragione. Non è il patriarcato a rendere la donna un oggetto nella mente degli aggressori: non quello italiano, almeno. Perché se c’è un patriarcato che resiste, questo è radicato, ancora e saldamente, nella cultura integralista islamica, che ogni giorno importiamo con il benestare della sinistra. Ecco, dunque, le risorse, di cui si parlava qualche anno fa: dal Mediterraneo, attraverso le vie illegali dei trafficanti di esseri umani, i primi veri criminali, non arrivano soltanto persone perbene che scappano da condizioni di disagio, da povertà, da guerre. Arrivano anche delinquenti, immersi in un fanatismo che è ancora imperante in patria. La donna è mercificata, parificata a un oggetto di scambio, spesso violentata già prima della partenza verso l’Italia dagli scafisti come pegno da pagare per raggiungere quella “vita migliore” promessa e propagandata ma che non ci sarà mai. Violenze che spesso avvengono con il beneplacito degli altri migranti, perché la donna – è questa la forma mentis – può e deve essere sacrificata. Non sono storie inventate, ma raccontate da chi ha avuto esperienze e contatti diretti.
È una questione di sicurezza nazionale
Ecco chi importiamo. Ecco, anzi, chi la sinistra vuole che importiamo. Importiamo menti che, magari neppure per loro colpa, ma per oggettiva arretratezza culturale, non sono pronte per accedere nella nostra società. Altrimenti il risultato è questo: forse, se il contrasto all’immigrazione clandestina fosse stato più forte negli scorsi anni, buona parte di violenze e stupri ai danni delle donne, oggi, non si sarebbe avuta. Ciò non toglie che il fenomeno resta anche in Italia e va combattuto, ma certo non come dicono le femministe che, stranamente, restano in silenzio davanti a questi numeri. Sfilano contro il patriarcato e contro il ministro Valditara (reo di aver detto la verità), ma nessuno striscione e nessuno slogan denunciano l’alta incidenza dei migranti nella violenza sulle donne. Per questo, non sarà mai troppo tardi quando (e se) la sinistra capirà che combattere l’immigrazione clandestina è una questione di sicurezza nazionale. Altro che razzismo. La questione, come sempre, non è ideologica: “Il tema della sicurezza, soprattutto nelle nostre città, è sempre più evidente”, ha detto la premier. Dunque, il pressing del governo per abbattere l’immigrazione clandestina di massa. C’è la questione dei Paesi sicuri, che è quella più urgente: tra le nazionalità che commettono più reati contro le donne, troviamo l’Albania, il Marocco, la Tunisia. Tutti Paesi inseriti nella lista che i giudici vorrebbero applicare secondo, a quanto pare, un’allargata discrezionalità, e non secondo i paletti messi dal governo che, in materia di sicurezza e di politica estera, dovrebbe avere la priorità, seguendo il mandato dei cittadini. Il dl Paesi sicuri è confluito nel dl Flussi che ieri è stato esaminato in Aula e che oggi pomeriggio verrà votato e convertito in legge. La lista, come spiegato nella nostra intervista a Sara Kelany, deputato di Fratelli d’Italia e responsabile del dipartimento Immigrazione del partito, è stata innalzata a norma di rango primario, “anche in conseguenza delle continue disapplicazioni da parte dei giudici dei tribunali delle sezioni specializzate”. C’è l’ombra del rinvio alla Corte di Giustizia europea, ma l’italo-egiziana è certa “del fatto di aver introdotto queste procedure esattamente così come previste dalla normativa europea”.