Anche gli Agnelli contro Repubblica: gli attacchi a Meloni non reggono più

L’intellettualismo di sinistra ha stufato: gli Elkann prendono le distanze, gli italiani pure

La linea editoriale di Repubblica sembra aver stufato persino i suoi proprietari. Dopo i tanti svarioni che si sono susseguiti in questi mesi, alla famiglia Agnelli non sembra andare giù il modus operandi dei giornali di cui pure è proprietaria. Questa sorta di piccola crepa pare aver avuto inizio già da qualche giorno: solo pochi giorni fa, il settimanale britannico The Economist aveva apprezzato il lavoro fin qui svolto dal governo di centrodestra italiano. Il titolo dell’editoriale si è fatto notare: “Giorgia Meloni ha smentito gli scettici”. Come detto, una piccola crepa che nasce da un peana del tutto inatteso: The Economist fa capo per il 43% al gruppo Exor, di proprietà appunto degli Agnelli-Elkann. Famiglia Agnelli che proprio in quei giorni si ritrovava protagonista del dibattito politico, al centro tra i fuochi di chi ne prendeva le parti – la sinistra e Repubblica – e di chi, viceversa, puntualizzava di non voler ricevere da questa “lezioni di italianità” – Giorgia Meloni, durante il question time alla Camera.

Ad accrescere la frattura tra Exor e Repubblica ora anche un membro della famiglia Agnelli, palesando ciò che sembrava manifestarsi nei giorni precedenti. Lupo Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli, un cugino insomma del capo John Elkann. Lupo ha rilasciato un’intervista a Il Foglio in cui si scaglia contro il giornale di proprietà: “Questi che fanno i martiri della libertà di stampa e che vogliono far credere che la Meloni voleva mettere loro un bavaglio sono totalmente ridicoli”.
Sotto i riflettori, al di là dei continui attacchi gratuiti e insensati, alcuni titoloni che negli ultimi giorni Repubblica ha deciso di rilasciare in aperta contestazione al governo Meloni: il primo risale al 20 gennaio, “Italia in vendita”, in merito alle scelte del governo sulle privatizzazioni. Rattazzi tira le orecchie a Repubblica, dicendo che “non era una posizione con cui a mio avviso una famiglia come la nostra vuole essere associata. Per altro – continua – il programma di alienazione di quote di aziende pubbliche è sacrosanto anche per contenere l’aumento del debito pubblico dovuto anche a certe scellerate misure dei precedenti governi”. La critica di Rattazzi, insomma, è su forma e sostanza. Il suo messaggio è chiaro: Repubblica non solo dovrebbe iniziare a lavorare secondo la deontologia giornalistica, ma dovrebbe scegliere meglio i contenuti delle proprie battaglie.

Ancora altri i titoli tutt’altro che affettuosi di Repubblica: “La velina nera” si leggeva in prima pagina lo scorso 25 gennaio, all’indomani del question time. Quella sul pericolo di una deriva fascista è un’ossessione vera e propria, dalla quale anche Giannini sembra essere irrimediabilmente risucchiato: “Il manganello sovranista” scriveva quel giorno nel suo editoriale. La via dell’allarmismo, finora, ha sempre fallito, Repubblica e la sinistra tutta ancora non comprendono le ragioni del loro fallimento: se fai la Cassandra, ma poi le tue parole non trovano mai avveramento, il risultato sarà che nessuno più ti crederà, con annesso svilimento non solo delle tue cause, ma della tua figura. E se sei un intellettuale o sedicente tale, continui ad alimentare quel gap che scorre tra te e chi, da casa, sedendo il proprio divano, continuerà a immedesimarsi in Giorgia Meloni che, da donna, madre, italiana, cristiana, ha scalato con e per merito i vertici del proprio partito arrivando allo scranno più alto di Palazzo Chigi. Una di noi che ce l’ha fatta, un esempio per tutti gli italiani.

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1 commento

  1. Comincia così, con un flebile belato, una seppur tardiva presa di coscienza della ‘grande’ dinastia sanguisuga delle casse nazionali? Si sono rimpinguati le tasche con i nostri soldi, facendo man bassa di finanziamenti italici e poi sono ‘scappati’ oltre confine per alimentare le casse ed i governi stranieri. Più che agnelli, sono sciacalli. Qualcuno pensa ad un ravvedimento? Io non ci credo.

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