“Poteva capitare di morire mentre si attaccava un manifesto, si distribuiva un volantino, si sostava vicino a una sede del MSI, perfino di essere colpiti mentre si stava con gli amici a prendere un caffè indossando però abiti “sbagliati”.
E’ quanto scrive in un post il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli ricordando Paolo Di Nella, giovane militante del Fronte della Gioventù nel 40′ anniversario del suo omicidio.
“Un odio senza pari alimentato da un sistema vigliacco che non si faceva scrupolo di usare lo scontro tra ragazzi innocenti, di destra e di sinistra, per preservare se stesso. Improvvisamente spuntarono pistole, fucili, mitragliette, chili e chili di tritolo. Dove potevano prenderli ragazzi di vent’anni? Chi glieli dava?”
“Ecco perché – ha aggiunto Rampelli – ho chiesto una commissione d’inchiesta sulla violenza politica negli anni ’70, perché abbiamo il diritto di conoscere la verità storica, senza voler rinunciare a quella giudiziaria, finora quasi sempre negata”.
“Chi è stato a costringerci a mettere sacchi di sabbia davanti la porta di casa – ha ricordato Rampelli – per non fare la fine di Virgilio e Stefano Matteo, ad andare a scuola mascherati per non essere riconosciuti sull’autobus, a cercare sui banchi di Porta Portese oggetti contundenti sicuri che presto o tardi ci saremmo trovati in un agguato, chi ci ha fatti vivere la nostra giovinezza nel terrore e nello sconforto per aver perso un amico gettato da un muretto, trivellato da pallettoni per la caccia al cinghiale o da armi automatiche su cui ci si doveva addestrare per poi attuare un disegno eversivo, quello delle Brigate Rosse… chi è stato?”.
“Sul corpo esangue di Paolo, la sua testa rasata e lucida, la sua pelle emaciata, il giglio bianco lasciato da un’infermiera sul corpo rigido nel giorno del suo compleanno, giurai che la spirale di odio non si sarebbe innescata per nostra responsabilità e che una vita spezzata a vent’anni merita solo una risposta: la vittoria. E vittoria è stata”.
“Dai Paolo, forza, sorridi, abbraccia i tuoi genitori che furono distrutti dal dolore e si fecero piccoli e teneri come bambini quando dopo 9 giorni di coma ti proiettasti nell’altrove. Pensavano di averti ucciso, il sistema pensava di aver messo un altro tassello nel suo puzzle degli orrori e invece…”
“Ci siamo nutriti di speranza – ha concluso Rampelli- è tornata l’allegria, mai più musi lunghi e sguardi cupi, abbiamo rovesciato la morte terrena e guadagnato, per te, l’immortalità. Buon compleanno soldato Paolo”.
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