Avevano ricevuto il parere negativo unanime, il Tar del Lazio ha deciso di bocciare il ricorso ma loro, contro tutto e tutti, hanno scelto ugualmente di scendere in piazza. L’appuntamento era previsto per le 14 a piazzale Ostiense, a Roma, e i Giovani Palestinesi sui social avevano annunciato così la loro manifestazione: “Noi rifiutiamo il diktat politico e il 5 ottobre saremo in piazza”, in riferimento al divieto della questura alla manifestazione a un anno di distanza del 7 ottobre, in celebrazione della giornata in cui migliaia di giovani israeliani hanno perso la vita sotto i colpi dei miliziani di Hamas.
La manifestazione dei pro-Pal si è rivelata ciò che ci si aspettava fin dal principio: un corteo antisemita e violento, che ha osannato il terrorismo islamico mediorientale, le organizzazioni terroristiche di Hamas e Hezbollah, che ha omaggiato Hassan Nasrallah e gli altri terroristi uccisi, che si rifà all’intifada e che ha portato qui in Occidente le battaglie di un mondo soltanto geograficamente lontano: distruzione delle nostre radici giudaico-cristiane, lotta contro la fede cristiana, accuse di fascismo a destra e a manca e, non certo per ultimo, la totale eliminazione dello Stato di Israele e del mondo ebraico.
Le rivendicazioni
Tra kefiah, passamontagna e facili slogan, encomiastici per Hamas o denigratori per Netanyahu, i cori sono quelli di sempre: frasi del tipo “Giorgia Meloni assassina“, “Palestina libera” e “Israele Stato criminale“, che hanno accompagnato l’arrivo dei manifestanti. Già dai primi momenti del raduno, il clima è stato molto aspro, con piazzale Ostiense superpresidiato, con elicotteri che sorvolavano la zona e forze dell’ordine schierate in tutti gli accessi dove venivano richiesti i documenti di chi voleva accedervi. Secondo i primi dati, sarebbero state 1600 le persone controllate dalla mattina di ieri, delle quali 19 sarebbero state fermate e portate in Questura: l’inasprimento dei controlli è stato giustificato anche per l’alto rischio di presenza di violenti e di infiltrati al corteo. Ipotesi poi confermate: “Il primo fattore critico era rappresentato dagli infiltrati intenzionati a utilizzare una numerosa manifestazione per confondersi all’interno di un corteo più ampio e attaccare obiettivi sensibili oltre che le forze di polizia” ha fatto sapere il Viminale, specificando che si tratta di “uno schema già visto in altre occasioni che vede le frange violente mimetizzarsi tra i manifestanti pacifici per poi poter scatenare le violenze”. Anche in base a queste valutazioni, è arrivato fin da subito il no alla manifestazione, prontamente ignorato dagli antagonisti.
In pochi minuti, la piazza si è riempita di circa 1500 persone, che sono scese in piazza contro il divieto della questura e sotto la pioggia. “Fate attenzione se state prendendo il treno” lamentavano sui social i pro-Pal, “la questura di Roma impedisce ai bus di raggiungere la manifestazione”. In poco tempo, però, i manifestanti hanno superato le 6mila unità: “L’Italia fermi la vendita e l’invio di armi a Israele. Finisca immediatamente il genocidio a Gaza”, urlano i presenti al megafono; “il 7 ottobre è iniziata una rivoluzione” è stato il leitmotiv della giornata. “Muoviamoci in corteo” ha poi urlato un manifestante, con la folla che si è disposta dietro allo striscione su cui campeggiava la scritta “Palestina e Libano uniti: fermiamo il genocidio con la resistenza”. “Noi ci siamo nonostante i diktat del governo” hanno continuato a sostenere, mentre il corteo ha iniziato a muoversi al coro “fuori Israele dal Medio Oriente, Palestina Libera”.
Corteo e scontri
Il corteo si è diretto verso via Ostiense, incontrando però l’opposizione del cordone di sicurezza composto dagli agenti e dalle camionette delle forze dell’ordine. Dopo alcuni momenti di stallo è partita la guerriglia: i pro-Pal hanno lanciato bottiglie, molotov e bombe carta (ma anche carta, sassi, mazze, segnaletica stradale) contro gli agenti, che hanno risposto utilizzando lacrimogeni e idranti per disperdere la folla. Secondo i primi dati forniti dal sindacato di Polizia Coisp, mediante il suo segretario generale, Domenico Pianese, “il bilancio è già di 18 agenti feriti e decine di mezzi della Polizia pesantemente o irrimediabilmente danneggiati”. Alcuni agenti sono stati trasportati in ospedale, il bilancio finale si aggira intorno ai ventiquattro feriti: “Come immaginavamo – ha aggiunto Pianese – molti dei partecipanti alla manifestazione sono scesi in piazza con il chiaro intento di inscenare una guerriglia urbana contro le Forze dell’Ordine, violare le ordinanze e creare disordini”. Ecco, dunque, le ragioni del no alla manifestazione, che fin da subito, sui social, era stata annunciata come violenta: non una negazione del diritto di manifestare, che anzi è stato garantito sempre da questo governo anche in situazioni simili, ma una questione di ordine pubblico, nonché un’intolleranza, ben comprensibile, nei confronti di azioni antisemite.
“Figli di papà”
La componente anti-ebraica, del resto, è stata molto forte: la sede romana della Fao è stata costretta a rimuovere le bandiere nazionali che solitamente sventolano all’esterno, specialmente quella di Israele, che lo scorso anno, sempre nell’ambito di una manifestazione pro-Pal, venne assaltata e strappata dagli antagonisti. “La legalità non è una cattiveria – ha detto, intervenendo a Brucoli, Giovanni Donzelli –, è il presupposto della difesa dei più deboli. E lo dico oggi. Pensare che sia un diritto andare in piazza è giusto, noi siamo andati per primi anche a dire cose scomode, ma lo si fa rispettando le regole. Lo dico perché a chi oggi va in piazza sfidando le regole, dicendo che questo è un governo che vieta le manifestazioni, che siamo una dittatura e che considera un atto rivoluzionario l’atto rivoluzionario. Poi, ci sarà qualcuno che crede nella causa palestinese, figli di papà che giocano a fare i rivoluzionari, a loro dico se siete così rivoluzionari andate in Iran a manifestare”. Insomma, scene che non fanno bene a un dibattito, quello sulla crisi in Medio Oriente, che richiede forme e contenuti diversi e ben più elevati di quando rivendicato, questo pomeriggio, dai militanti di estrema sinistra.
La sinistra prenderà le distanze?
Dopo gli scontri, sono arrivati i messaggi di vicinanza da parte del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: “Esprimo – ha detto sui social – la piena solidarietà, mia e del Governo, alle Forze dell’ordine, insultate e aggredite da sedicenti “manifestanti” che usano ogni pretesto per sfogare la loro assurda violenza. È intollerabile che decine di agenti vengano feriti durante una manifestazione di piazza. Ringrazio – ha aggiunto – il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il capo della Polizia e tutti gli uomini e le donne che ogni giorno lavorano per garantire la nostra sicurezza”. Il titolare del Viminale, dal canto suo, ha espresso al capo della Polizia, Vittorio Pisani, in collegamento telefonico, il suo apprezzamento per “l’operato delle forze di polizia che, come sempre, hanno dimostrato grande professionalità ed equilibrio garantendo l’ordine pubblico in una giornata complessa, in cui non sono mancate gravi intemperanze da parte di chi è sceso in piazza anche utilizzando armi improprie e bombe-carta per aggredire gli agenti e causare danneggiamenti”.
E una domanda sorge spontanea, se l’è posta Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia: “Il Pd è ancora sicuro che questa sia ‘libertà di pensiero’? La sinistra è ancora convinta che questa sia ‘libertà di manifestazione’? Prima o poi riusciranno a prendere le distanze da chi manifesta con bombe carta e da chi aggredisce le forze dell’ordine?”. Interrogativi che, con molta probabilità, rimarranno inevasi.
E’ urgente mettere in condizione di non nuocere tutti quei terroristi ed estremisti che vivono con i soldi di papà per menare le Forze dell’Ordine: se li togli dalla circolazione per un po’ di mesi con qualche osso rotto, forse avranno occasione di passare a più miti consigli mentre si curano le ferite. Quando la pelle brucia hai tempo di chiederti perché e ragionare. Non servirebbe nemmeno la galera.
Questi sono i cari sinistrati democratici, massima solidarietà alle forze dell’ordine che hanno operato in un clima tremendo di piena tensione.