Avanti verso la giustizia giusta senza tentennamenti 

Il Governo Meloni crede in ciò che fa ed è convinto della bontà delle riforme che ha delineato ad inizio legislatura e che poi ha sottoposto all’esame del Parlamento, dal premierato e l’Autonomia differenziata alla Giustizia. Ma l’esecutivo non si sottrae al confronto con le opposizioni parlamentari e con tutte le categorie o poteri dello Stato toccati in qualche modo dalle revisioni istituzionali e costituzionali, e magari perplessi di fronte ad esse. Per quanto riguarda le forze politiche di opposizione, in particolare il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e gli estremisti di Alleanza Verdi e Sinistra, il Governo non ha incontrato nessuno con cui poter avviare un dialogo costruttivo per mettere a punto quei cambiamenti che la Repubblica italiana attende da almeno una trentina di anni e che servono all’efficienza dell’intera democrazia di questo Paese, non solo e non tanto a Fratelli d’Italia e ai suoi alleati di centrodestra.

La maggioranza ha sempre auspicato di poter parlare senza preconcetti con la minoranza, ma se l’altra parte sa dire solo dei no a priori e agita sterili slogan propagandistici, è evidente che il Governo non possa fare altro che proseguire in solitaria, basandosi però sul consenso degli italiani che di certo non manca, sulla strada dell’ammodernamento della Nazione. Una nota fetta della magistratura, quella dell’ANM, l’Associazione nazionale magistrati, il sindacato di categoria che monopolizza o quasi il Consiglio superiore della magistratura, ha rigettato in toto e da subito, un po’ come PD e M5S con il premierato, il ddl di riforma della Giustizia presentato dal Guardasigilli Carlo Nordio. Le toghe più agguerrite, fra le quali prevalgono i magistrati con una forte passione per la politica politicante, va da sé, colorata di rosso, hanno già indetto scioperi e prevedono ulteriori forme di mobilitazione, con tanto di coccarde tricolori appuntate al bavero della giacca e la Costituzione italiana fra le mani.

Il Governo Meloni è così rispettoso della Costituzione repubblicana da volerla infatti migliorare e adattare ai tempi, anche per impedirne il totale affossamento, e non esiste nessuna forza politica che ami il Tricolore più della destra conservatrice e patriottica di Giorgia Meloni, ma chi ha i paraocchi ideologici e pensa anzitutto ai privilegi di casta, deve fare finta di non vedere tutto ciò. In ogni caso, la premier e il Governo non evitano mai di dialogare per l’interesse generale della Nazione, anche se l’interlocutore di turno può essere il peggiore detrattore delle politiche dell’esecutivo. Si è presentata quindi l’occasione di un faccia a faccia con i vertici dell’ANM e il Presidente del Consiglio non ha avuto esitazioni nell’accogliere i magistrati più critici a Palazzo Chigi. L’altro giorno, il presidente della Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi ha incontrato Giorgia Meloni con la presenza anche dei vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, del ministro della Giustizia Nordio e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Governo e ANM hanno discusso per circa due ore ed è stato un incontro, come informa una nota di Palazzo Chigi, franco e proficuo.

Parodi, dal canto suo, ha giudicato il confronto come un momento di chiarezza. Di fatto, ognuno è rimasto sulle proprie posizioni in merito alla riforma della Giustizia, che sarà portata avanti dal Governo con i suoi pilastri principali inalterati, e non otterrà alcuna condivisione da parte della Associazione nazionale magistrati. La premier Meloni ha annunciato la disponibilità ad aprire un tavolo di confronto sulle leggi ordinarie di attuazione della riforma e sul documento in otto punti presentato dall’ANM, che riguarda l’amministrazione della Giustizia, ma ha altresì sottolineato come il Governo intenda proseguire con determinazione e velocità nel percorso di attuazione della riforma costituzionale, auspicando la sua approvazione in tempi rapidi. Il presidente dell’ANM Cesare Parodi ha preso atto con chiarezza della volontà del Governo di andare avanti senza alcun tentennamento e ha promesso la continuazione delle proteste dei suoi colleghi. Sarà l’appartenenza a Magistratura Indipendente, una corrente dell’ANM più moderata della fazione dichiaratamente di sinistra che risponde al nome di Magistratura Democratica, ma Cesare Parodi, pur riconfermando tutti i niet verso il ddl Nordio, ha almeno utilizzato un linguaggio più responsabile e meno barricadiero di quei magistrati che si sentono novelli Che Guevara. Quando la riforma della Giustizia sarà realtà, ha precisato il presidente del sindacato dei magistrati, le prime ad applicarla saranno evidentemente le toghe.

Del resto, la magistratura ha il dovere di applicare le leggi e non è tenuta alla loro interpretazione. Nonostante Parodi sembri meno estremista di altri suoi colleghi, rimane il rifiuto netto di una certa casta nei confronti della riforma Nordio, quindi, se la buona volontà e la disponibilità al dialogo del Governo vengono respinte in maniera ideologica e torbida, non rimane che procedere spediti verso il bene comune dell’Italia. Fa parte dell’interesse di tutti avere la separazione delle carriere dei magistrati perché la chiara distinzione fra accusa e potere giudicante, fra PM e Giudici, garantisce il giusto processo per chiunque. Ed è salutare per l’intera Nazione che i membri del CSM vengano eletti con un sorteggio e non più tramite inciuci preconfezionati e correntizi. Al momento, pare che nella magistratura vi siano più correnti di impronta politica che nei partiti rappresentati in Parlamento. 

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Roberto Penna
Roberto Penna
Roberto Penna nasce a Bra, Cn, il 13 gennaio 1975. Vive e lavora tuttora in Piemonte. Per passione ama analizzare i fatti di politica nazionale e internazionale da un punto di vista conservatore.

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