Anche durante il dibattito, Kamala Harris ha avuto un solo problema: Kamala Harris. Ogni argomento della sua narrazione non regge poiché costruito sulla negazione della realtà, tentando di presentarsi come «il nuovo» mentre da tre anni e mezzo lei è la vice in carica di Joe Biden, un presidente sulla cui inadeguatezza si sono espressi meglio di chiunque altro i democratici stessi rimuovendolo in fretta e furia dalla contesa elettorale. Un vero e proprio peccato originale, che rende del tutto inattendibile ogni «faremo» oppure «ho un piano» ai quali Donald Trump ha avuto gioco facile nel rispondere «sei il alla Casa Bianca, perché non lo hai fatto in questi tre anni e mezzo?». Economia, immigrazione, politica estera: il refrain si è ripetuto per tutti i novanta minuti, su ogni tema trattato, mettendo la candidata democratica in una posizione oggettivamente scomoda, peraltro ampiamente dimostrata dal suo linguaggio del corpo.
Durante gli interventi dell’avversario Trump rimaneva silenzioso e impassibile, mentre la mimica facciale della Harris è stata caratterizzata da continue smorfie che tradivano una certa insicurezza e in alcuni casi perfino rancore, offrendo ai milioni di americani davanti ai teleschermi un’immagine di sé poco equilibrata, mentre Trump è riuscito a infondere maggiore sicurezza. Questo non significa che per Donald Trump sia stata una passeggiata, tutt’altro. Non è certo un caso se ieri ho titolato “Trump sfida i media, Kamala se stessa” l’articolo con cui introducevo il dibattito, chiudendolo con un dato: sulle reti ABC, NBC e CBS, la copertura su Kamala Harris risulta positiva per l’84% delle volte, mentre quella su Donald Trump è negativa nell’89% dei casi. Schema che si è puntualmente verificato la scorsa notte a Philadelphia, con Kamala che come spiegato in precedenza ha dovuto fare i conti con la propria storia e la relativa incongruenza tra parole e fatti, e con Trump che ha dovuto vedersela anche con i moderatori della ABC che sono intervenuti ripetutamente sulle sue posizioni, guardandosi bene dall’utilizzare lo stesso metro con la Harris sulle numerose fake news da lei reiterate come quella – clamorosa – sul “bagno di sangue” (che smonto qui, da leggere per comprendere l’atteggiamento dei media nei confronti di Trump, NdA). Un contesto che in alcuni frangenti ha innervosito il candidato repubblicano, inducendolo a pronunciare una frase su alcuni immigrati clandestini che mangerebbero «cani e gatti» che verosimilmente diventerà virale e sarà cavalcata dai democratici: ben poca cosa, però, rispetto alle vere e proprie bombe che Trump ha potuto sganciare contro la propria avversaria.
Come quando, parlando dell’Ucraina ha prima affermato con decisione che intende «fermare la guerra e salvare vite» e poi, rivolgendosi a Kamala, ha detto che «l’hanno mandata a negoziare la pace prima dell’inizio della guerra. Tre giorni dopo, Putin è entrato e ha iniziato la guerra perché tutto ciò che hanno detto era debole e stupido. Hanno detto cose sbagliate. La guerra non sarebbe mai dovuta iniziare.»
Oggettivamente memorabile anche la risposta ai buoni propositi della Harris sull’emergenza immigrazione, incalzandola a lasciare da parte i proclami e a darsi da fare adesso: «chiamate il Presidente degli Stati Uniti, lo tirate giù dal letto, lo svegliate alle 4 del pomeriggio e gli dite di venire in ufficio a firmare una legge.» Per quanto provati e riprovati per settimane, anche i tentativi di provocare Trump sono sembrati piuttosto spuntati: dai sostenitori del suo avversario che lascerebbero in anticipo i suoi comizi «perché si annoiano», ai fatti di Capito Hill definiti il «il peggior attacco alla nostra democrazia» scordandosi di essere a poche ore dal 23° anniversario dell’11 settembre. Un dibattito che a mio avviso in termini elettorali non sposterà nulla tra i rispettivi elettorati, ormai ampiamente cristallizzati, e che per i motivi di cui sopra potrebbe avvantaggiare sensibilmente un Trump che è riuscito a mettere in evidenza gli insuccessi dell’amministrazione Biden-Harris utilizzandoli come product placement perfetto per le soluzioni che ha già dimostrato di saper mettere in atto: dall’introduzione ai dazi alla Cina, alle zero guerre, alla gestione dell’economia.
Volendo, potremmo sintetizzare i novanta minuti appena conclusi con l’ultimo intervento di Trump «hanno avuto tre anni e mezzo per sistemare il confine, tre anni e mezzo per creare posti di lavoro e tutte le cose di cui abbiamo parlato. Perché non l’ha fatto?» e la risposta di Kamala Harris alla prima domanda che le è stata fatta: «crede che gli Americani stiano meglio di quattro anni fa?» e lei: «sono stata cresciuta come una bambina della classe media…»
Credo anch’io che i rispettivi bacini elettorali siano cristallizzati e che questo dibattito non abbia spostato nulla , mentre i continui endorsement di personaggi famosi ( cantanti , attori ) alla fine sortiranno un effetto negativo per la Harris tra gli indecisi.